Dal successo dopo ‘Amici’ alla musica in America Latina, dai giovani di oggi ai pregiudizi nei suoi confronti: Riki ci presenta l’album ‘PopClub’. La nostra intervista.

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Dal 2017 al 2020: tanta è stata l’attesa per i fan di Riki di ascoltare un nuovo album dell’artista. Dopo ‘Perdo le parole’ e ‘Mania’ sulla scia della grande popolarità con Amici, Riccardo Marcuzzo ha inanellato una serie di esperienze – molte in America Latina – e singoli, ma per il terzo lavoro ha fatto aspettare.

“Mentre i primi due dischi sono stati un best of dagli 0 ai 24 anni – ci dice Riki – ora è chiaro che, per forza di cose, maturi e fai tante esperienze. Diventi un uomo. Potevo magari in qualche modo scrivere prima, non dico una canzone come Margot (tra le ultime che ho scritto), ma canzoni così. Non l’ho voluto fare perché non era il momento. Ora credo che sia giusto iniziare quel tipo di percorso”.

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Evidentemente, dopo il talent e dodici mesi di full immersion il bisogno di decomprimere era diventato sempre più necessario. Ce lo conferma lo stesso Riki: “Ho avuto un 2017 e 2018 di fuoco: avevo davanti 10mila persone tutte le volte agli instore, ai concerti… ho avuto coi miei fan un rapporto veramente molto stretto e delle volte mi davo talmente tanto che alla lunga avevo bisogno di rifiatare. Questo, da entrambe le parti, lo abbiamo capito.

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Con il tempo credo che quello che ho fatto sia tutto più nitido e più a fuoco, non mi pento di niente. Ho sbagliato, ho fatte molte cose borderline ma queste ti fanno capire dove hai sbagliato e sbagliare fa bene. Non accontentarsi di continuare sulla falsa riga di quello che avevo fatto mi ha permesso di fare altro, quasi vomitando certe cose e rinnegando quello che era successo di bello.”

Sono fatto così: non mi accontento mai, quando ho una cosa ne voglio subito un’altra. Voglio distruggere quella cosa per averla più rafforzata un domani. Magari ho perso qualcuno della mia fanbase, ma quello che ho adesso vale molto, molto di più. È molto più vero.

Rimandato anche causa pandemia, ‘PopClub’ è uscito il 4 settembre, accompagnato in radio dal singolo Litighiamo, esattamente nei giorni in cui la musica italiana riparte con le iniziative live veronesi. A firmare le undici tracce della tracklist è lo stesso Riki con la produzione curata anche questa volta da Riccardo Scirè.

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E dell’album, come sempre, Riki ha curato anche l’estetica. “Ho voluto fare una copertina trasparente per far emergere il concetto di trasparenza e sincerità che è nel disco. – ci racconta – Ci sono brani come Margot e Piccole cose sono molto profondi e neanche così semplici da pubblicare, perché ti fanno vedere agli occhi degli altri come una persona fragile e sensibile. Questa trasparenza grafica racconta anche questo.”

Sulla copertina, la mia testa esce fuori dal titolo: è una sorta di rinascita insieme ai numeri che ho fatto in passato, la mia fantasia  e il futuro. E io guardo in alto, a quello che scritto, la mia musica.

Ci sono i sentimenti e la leggerezza del divertimento, in questo progetto, ma Riki affronta anche alcune riflessioni sul presente, sui giovani della sua generazione. “Se ascolti Petali e vocoder parla del rapporto con la natura e con la tecnologia, del menefreghismo verso il prossimo – spiega –  Questo è molto più attuale adesso rispetto a quando l’ho scritto. Parlo dei problemi che vedo oggi, senza alcun tipo di presunzione, non  voglio insegnare niente.”

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Dalla pandemia alla musica, l’ignoranza dei ragazzi mi fa paura: viviamo in momento storico in cui non c’è forse la cultura che avevano altre generazioni. Ci si abbandona alle foto frivole sui social e non si sa niente di attualità.

Se il disco è una provocazione fin dal titolo, chiediamo infine a Riki chi resta fuori dal suo ‘PopClub’. “Lasciamo fuori chi ha ancora pregiudizi – risponde sorridendo – e chi non ha l’interesse o la voglia di ascoltare almeno la prima traccia. Lo so che è impossibile, ma vorrei che gli italiani ascoltassero Margot per potersi emozionare e potermi vedere sotto punti di vista differenti che non ho mai fatto vedere.”

Foto di Emanuele Ferrari da Ufficio Stampa Parole & Dintorni