Era il 2012 quando Lucio Dalla ci lasciava ma la sua arte è più viva che mai e quel ‘4 marzo 1943’ suona forte oggi come ieri.

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Quella del 4 marzo 1943 non è una data, o almeno non solamente. È un nome, una storia, una forma d’arte. È una memoria diventata collettiva con una canzone e rimasta per sempre. Sarebbero settantasette le candeline che Lucio Dalla spegnerebbe oggi, in questo 2020 che come ogni anno è L’anno che verrà.

E questo giorno che il bolognese ha cantato diventa, così, l’occasione per ricordarlo una volta di più. Deceduto in Svizzera nel 2012, non c’è stato compleanno – complice proprio quel memorandum che è la canzone – in cui un pensiero non sia volato a Dalla. A partire da quell’ultimo tour, l’ultimo Sanremo con Pierdavide Carone, l’ultimo saluto della gente che si riversò in Piazza Grande. L’ultimo applauso.

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Poeta anticonformista, visionario originale, musicista eclettico ed esploratore, Lucio Dalla ha letto l’animo umano interpretandone aspirazioni e fragilità. Ed è (anche) per questo che il suo repertorio non ha età. Nella sua vita ha scoperto talenti – da Rino Gaetano a Ron fino a Carone – e ha lavorato con i più grandi nomi della scena musicale.

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Gino Paoli, Mina, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia. Ancora: Gaetano Curreri, Samuele Bersani e Luca Carboni. Tutti figli di Lucio. E a proposito di collaborazioni, un libro ricorda quella con la storica dell’arte e illustratrice Paola Pallottino.

Fu una pionieristica e fondamentale collaborazione quella tra Dalla e l’allora illustratrice di fiabe Paola Pallottino. Un incontro decisivo per la carriera di Lucio a partire dal testo di Gesubambino, talmente personale e autobiografico da indurlo a intitolare il brano […] con la sua stessa data di nascita, 4 marzo 1943.
(Massimo Iondini autore del libro Paola e Lucio, ed. La Fronda)

Così, per queste e altre ragioni, Dalla non si è fermato certo a 69 anni di quel 2012. Lui ne ha 77 e ne avrà 80, 100, 150: quel 4 marzo è più vivo che mai.

Foto Kikapress