Il Direttore del progetto MAIPS Enrico Ascalone dell’Università di Göttingen ci racconta le nuove scoperte a Shahr-i Sokhta.

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Shahr-i Sokhta – la città bruciata – sorge nella parte sud-orientale dell’Iran (Sistan-va-Baluchistan). Nota come la Pompei d’Oriente, il sito archeologico dal 2016 è oggetto di interventi di ricerca e scavo da parte di una missione internazionale. Alla missione partecipa il Dipartimento di Beni Culturali dell’Ateneo salentino.

I più recenti risultati delle ricerche sono stati raccolti nel volume Scavi e ricerche a Shahr-i Sokhta (Studies and publications Institute, Pishin Pajouh, Tehran). Il volume è curato dal Direttore del progetto MAIPS Enrico Ascalone dell’Università di Göttingen e da Seyyed Mansur Seyyed Sajjadi dell’Iranian Center for Archaeological Research, direttore del progetto archeologico di Shahr-i Sokhta e Dahan-ye Qolaman dal 1997.

«La ricerca – ci dice il dottor Ascalone – ha portato alla luce nuove evidenze sulle formazioni proto-statali dell’Iran orientale dell’età del bronzo. In particolare siamo riusciti a stilare una nuova griglia cronologica che cambia le considerazioni e le interpretazioni precedenti. Abbiamo trovato proto-tavolette in argilla che aprono nuovi scenari sulle formazioni complesse delle società dell’Iran orientale tra la fine del quarto millennio e il terzo millennio a.C.».

Scoperte che lo stesso Ascalone definisce «rivoluzionarie».

«Perché alzare di tre, quattro secoli le nuove cronologie stravolge le nostre conoscenze sui rapporti relazionali con le grandi civiltà fluviali del Medio Oriente. – precisa Ascalone – E poi, fino ad oggi, queste strutture erano considerate prive di un’organizzazione di tipo burocratico».

Shahr-i Sokhta, i recenti studi

I più recenti studi hanno raccolto dati che cambiano la cronologia del centro di Shahr-i Sokhta. Di base, restituiscono al sito una nuova sequenza stratigrafica e cronologica che ‘alza’ la vita dell’abitato di circa 3/4 secoli. Significative evidenze fanno pensare che il sito si comportasse come un centro dalla struttura eterarchica. Gruppi clanici di origini tribali dissimili convissero in uno stato di equilibrio sociale in cui gli aspetti gerarchici furono destinati solo all’interno di ogni singolo gruppo. E il regime di equilibrio economico era dettato verosimilmente dalla prosperità che il centro dovette avere durante la prima metà del III millennio a.C.

Questa eterogeneità, basata su un complessivo equilibrio sociale interno al clan e tra gruppi, impedì la centralizzazione delle risorse dell’insediamento. Di conseguenza favorì il sorgere di una classe dominante sul sito e nella sua regione. Un passaggio mancato che non produsse una centralizzazione amministrativa e la standardizzazione degli strumenti generalmente usati per il controllo delle realtà economiche su larga scala. Anche le recenti straordinarie scoperte di centinaia di proto-tavolette in argilla devono essere considerate forme di contabilità amministrativa di matrice famigliare, destinate al calcolo e alla gestione del surplus economico prodotto.