Abbiamo ascoltato in anteprima ’30’, il nuovo album di Adele in uscita il 19 novembre. La nostra recensione.

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È senza dubbio uno degli album più attesi dell’anno e – va precisato subito – 30 di Adele non delude le aspettative. Stavolta, però, la cantautrice – capace più di ogni altro, in questi tempi fatti di reggaeton e di beat uptempo, di raccontare il malessere – riesce a sorprendere osando ancora di più. Adele si rivela completamente in queste 12 tracce che di discografico hanno poco o nulla. Ve ne accorgerete viaggiando lungo la tracklist composta da 12 brani, molti dei quali durano più di sei minuti. Insomma, Easy on Me – il singolo apripista – ha anticipato il concept di 30, ma non la sua anima profondamente contraria ai meccanismi usa e getta a cui siamo fin troppo abituati. E, del resto, nessuno più di Adele può permettersi uno sgarro alle regole convenzionali.

Divorzio e maternità

Ma andiamo con ordine. Come ogni album di Adele che si rispetti, anche 30 è il racconto di un amore finito. Nello specifico, è la fotografia (personale, s’intende) del divorzio dal marito Simon Konecki. Ma – come sottolinea Rolling Stone America, a cui Adele ha confidato dolori e gioie – probabilmente solo Easy On Me parla apertamente del suo matrimonio finito. Per il resto – sarà il traguardo dei 30 anni che ha ammaccato chiunque ci è passato – 30 è appunto, più che altro, un confronto con se stessa, una ricerca audace di nuove sonorità e di nuovi vocalizzi. Il crollo e la rinascita di una nuova Adele, che come una fenice riemerge dalle proprie ceneri.

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«In questo viaggio – svela la cantautrice – ho imparato tante pungenti verità su me stessa. Mi sono liberata di tanti strati, ma ne ho abbracciati altri. Ho scoperto mentalità bellissime e genuinamente utili da cui farmi guidare, e sento di essermi ritrovata. Dirò addirittura di non essermi mai sentita così tanto in pace in tutta la mia vita».

30 narra in fondo di come Adele abbia «ricostruito la mia casa e il mio cuore». Non senza dolore – ovvio – non scherziamo.

Adele 30

Adele: 30, le prime tracce

Eppure la prima traccia – Strangers by nature – per quanto dura nel testo, ha sonorità sognanti e quasi da musical (la produzione è dello svedese Ludwig Göransson). Sembra un brano di altri tempi e, del resto, Adele ha ammesso di essersi ispirata e di aver omaggiato Judy Garland. È il primo brano della tracklist ed è già una sorpresa con le sue variazioni e quel sapore quasi onirico che lo contraddistingue. Il racconto prosegue con Easy On Me e con My Little Love, in cui Adele torna alle sonorità soul grazie alla produzione di Greg Kurstin. Questo brano – una dedica ad Angelo – introduce un tema esplicito di questo album: la maternità. Del resto – svela la cantautrice sempre a RS America – «My Litlle Love e tutto l’album parlano di come mostrare ad Angelo com’è veramente sua madre. Una donna complicata con tanti strati e con un’identità al di fuori della relazione mamma-figlio».

Tutti i vari strati di Adele continuano a svelarsi nella tracklist. Cry Your Heart Out – quarta traccia – è profondamente anni ’60 (ci sono persino i bongós), mentre Oh My God ha la forza discografica di un singolo nel suo dichiarare la voglia di tornare a esporsi. La sesta traccia (siamo a metà album) è Can I Get It, dove la chitarra ricorda i fasti di alcune hit degli anni ’80 (Faith di George Michael su tutte), ma anche quelli della stessa Adele. Viene in mente il beat irresistibile e la rabbia di Rolling in the Deep e 30 inizia pian piano a prendere forma. L’impressione è che Adele – nello spogliarsi di ogni elemento per ritrovarsi – abbia comunque fatto tesoro delle proprie radici e dei suoni che l’hanno sempre ispirata, ma che se ne sia servita per sperimentare approdando su lidi a lei finora un po’ distanti.

I Drink Wine e Hold On: due gioielli

Ed è con questa considerazione in testa che ascolto I Drink Wine, con cui Adele abbraccia le sonorità del pianoforte (assoluto protagonista) regalando a questi 6 minuti e 16 di musica un sound vintage e quasi ‘da musical’.

«È uno stratagemma – svela Adele – per rendere le parole meno terrificanti, perché alcune delle cose di cui parlo sono un vero colpo al cuore per tante persone».

L’interludio – All Night Parking (With Erroll Garner) – è un sample su cui Adele canta della paura di innamorarsi di nuovo. La nona traccia – Woman Like Me – è invece cattiva nel suo essere così diretta, ma sicuramente meno affetta dal dolore. Il testo – un vero e proprio dissing e un’accusa all’ex di essere lazy e insicuro – non sarebbe però potuto venire fuori all’inizio di questo viaggio («Perché lo stavo provando sulla mia pelle, non potevo scriverne»). E così le chitarre acustiche di Woman Like Me aprono, di fatto, alla conclusione di questo viaggio in musica. Le ultime tre tracce sono tra le più lunghe della tracklist. Hold On è una ballad, ma il ritornello è praticamente un gospel. La canzone – prodotta da Inflo, come Woman Like Me e l’ultima, Love is a Game – è costruita benissimo. Un piccolo gioiello.

Adele, il finale di 30

Se To Be Loved – con la sua intro fiabesca e la sua intensità – sembra mostrare il lato più fragile di Adele nella sua verità, Love is a Game arriva come il finale perfetto. E sì, l’amore in fondo è un gioco, ma per capirlo ad Adele sono serviti due anni di scrittura e 12 tracce. Del resto, lo dice stesso Adele che 30 per lei è stato come «un amico che arriva a casa con una bottiglia di vino per tirarmi su», ma anche quello che ti ricorda che la vita è una sola o quello che «ti tiene semplicemente la mano mentre piangi anche se non sa perché». E ancora, 30 è «l’amico che ogni tanto ti cerca per capire come va, anche se io ho smesso di rispondere perché sono consumata dal dolore». In ognuno di questi casi, sono quelle presenze costanti che ti permettono di ritrovarti anche se non te ne accorgi, perché Home is where the heart is, dice Adele. E il cuore soffre e si spezza, ma poi – in un modo o nell’altro e al di fuori della nostra volontà – torna sempre a casa.