Claudio Baglioni racconta il nuovo album ‘In questa storia che è la mia’. Un disco ‘fuori moda’, suonatissimo e ricco di suggestioni.

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Venerdì 4 dicembre uscirà In questa storia che è la mia, il nuovo attesissimo album di Claudio Baglioni. Si tratta del sedicesimo disco – realizzato in studio – della sua cinquantennale, straordinaria, carriera, a sette anni da ConVoi.

«Cinquant’anni sono un bel numero, forse ne son passati addirittura cinquantuno. – commenta Claudio Baglioni – Direi che è passata tanta acqua sotto i ponti. Ho cercato di comprimere tutto questo tempo e di tornare allo stesso spirito di cinquanta anni fa, per fare un album tutto suonato come si faceva a quei tempi. Volevo un lavoro artigianale, dove le sonorità sono seguite da esseri umani e gli effetti suono servono solamente a rivedere le suggestioni e a metterle in stanze virtuali. Il disco, però, è fatto per ritrovare l’energia perduta e fuori moda che c’era alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70».

14 brani, 1 ouverture, 4 interludi piano e voce, 1 finale: un concept che disegna la parabola dell’amore, sia personale che universale, riflettendo sul modo nel quale questa forza straordinaria che tutti viviamo senza conoscerla mai veramente, travolga le nostre esistenze, rendendole esperienze uniche e sempre degne di essere vissute. Una vita in quattordici storie che le passano attraverso.

«Gli interludi sono delle soste. Come quando in un viale si apre una piccola piazzetta. Sono una curva che narra una storia d’amore. Una storia di vita».

Anche in questo In questa storia che è la mia è un disco «démodé – spiega Claudio – perché apparentato con altre cose che mi riguardano». E la linea guida, alla fine, è «l’emozione».

«La musica è quasi metafisica. Non c’è bisogno di fare un simposio. Le parole di una canzone a volte vengono analizzate perché tutti ne conosciamo il significato. Io ho fatto spesso fatica a mettere insieme parole e musica, perché sono due materie diverse. Stavolta sono andato anche sul significante, analizzando l’effetto del suono delle parole e aggiungendo musica. C’è una voluta reiterazione di suoni».

La forma fisica delle parole è fondamentale in questo lavoro, perché Claudio ha lavorato molto sul «potere incredibile della suggestione musicale», realizzando un «disco costruito in interno, in cui c’è la voglia di esterno», anche se il momento che stiamo vivendo centra poco o nulla, se non per l’ultima fase di lavorazione avvenuta in remoto.

«Non sono storie così collettive, ma è una lunga parabola d’amore nella sua fase ascendente, in quella parte sospesa fino a ridiscendere verso un’evoluzione positiva. Non ci sono grandi influenze».

I live e il sostegno ai lavoratori dello spettacolo

«Ogni difficoltà crea la possibilità di doversi inventare. – commenta Claudio Baglioni a proposito della situazione attuale del mondo della musica – All’inizio ci si ingegna, ma l’ingegno serve a trovare nuove formule. A volte anche una condizione negativa ti fa uscire dalla palude delle formule che si ripetono. Sono dell’idea che, se anche permane questa condizione di minore prossimità, sia possibile inventare formule diverse. Non sono d’accordo con chi dice che il concerto in streaming non è ammissibile. Bisogna essere un po’ meno pigri. Al posto di lamentarsi, inventiamo un nuovo sistema».

«Più che un pensiero al sostegno dei lavoratori, vorrei dedicare loro un sostegno vero. È facile firmare petizioni e appelli perché parlare non costa niente. Costa più avere idee che diano lavoro. Tante categorie hanno avuto difficoltà, ma allo spettacolo dal vivo è mancato tutto. Ho partecipato a qualche impresa per sollecitare l’attenzione, ma cercherei di lavorare all’interno. Più fatti, meno pensieri».

Claudio Baglioni: ritorno a Sanremo?

«Non conosco le intenzioni e le nuove prospettive del Festival. – dice Baglioni quando gli viene chiesto di un suo possibile ritorno al Festival di Sanremo – L’Ariston ha un suo profumo mitico, ma non è un grande teatro come dimensioni. Tutto ciò che si fa è reso più difficile in termini di spazio. Non so cosa frulli nella testa dei manovratori. Io credevo che Sanremo sarebbe stato più drammatico, invece ne sono uscito con un buon riscontro. Prima di essere direttore artistico c’ero stato due volte, una volta per prendere un premio e un’altra come ospite da Fabio Fazio. Tornerei come ospite, ma mi hanno detto che non si può uscire papi e tornare cardinali».

Foto: Alessandro Dobici