‘Bonsai’ è il titolo del nuovo album di Chiara Galiazzo, un viaggio attraverso nove tracce che sono altrettante tappe di una mappa tutta da scoprire. La nostra intervista.

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Ci vogliono cura, pazienza e dedizione per far crescere un bonsai, che con il suo microcosmo vegetale è l’emblema delle cose grandi in formato addirittura minuscolo. Non a caso si intitola ‘Bonsai’ il nuovo album di Chiara Galiazzo che torna a più di tre anni dal precedente disco e disegna un itinerario emotivo e fisico in nove tappe. Tante quante sono le tracce.

“Bonsai è un po’ il riassunto di quello che ho fatto negli ultimi due anni – ci racconta la Galiazzo – e questo titolo è venuto abbastanza naturalmente, quando ho visto tutte le canzoni. È come se mi fosse venuta proprio l’illuminazione. Il sottotitolo è ‘Come fare le cose grandi in piccolo’ e vuole stare a ricordare l’approccio con cui opero negli ultimi anni, partito da Nessun posto è casa mia.

Mi concentro sui dettagli, sul recupero dei capisaldi da cui io sono partita per fare questo mestiere e devo dire che questo modo di operare protegge molto da tutti gli stravolgimenti che possono accadere nella vita.”

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Prima di questo disco, ci sono stati una manciata di singoli, un tour e un viaggio speciale. “Da Pioggia viola è trascorso più di un anno e dopo quel brano c’è stato Il tour più piccolo del mondo – spiega Chiara – È stato bellissimo anche perché abbiamo fatto i concerti in posti piccoli che sono vere proprie bomboniere d’Italia. È stato anche un modo per portare ai concerti persone che non sarebbero mai capitate in certi contesti e, banalmente, per scoprire quanto l’Italia sia piena di luoghi bellissimi in cui suonare e stare uniti. È stato uno dei miei tour preferiti.”

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“Poi – continua – sono andata in Islanda a novembre 2019 per sensibilizzare sul tema del cambiamento climatico, dopo esserci stata in vacanza ad agosto. Mi sono resa conto che i ghiacciai si stanno veramente sciogliendo e nel mio piccolo ho cercato di unire il significato de L’ultima canzone del mondo e vincolarla verso il pianeta.”

Voler bene alle persone significa voler bene anche al posto in cui vivono.

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Etereo e sognante, ma anche con tratti più estrosi e bizzarri come nel carattere dell’artista, il progetto di Chiara ha coinvolto molte penne del panorama autorale italiano e si muove tra sentimenti, riflessioni e rispetto per l’ambiente. “Ho lavorato con un sacco di autori per questo disco e la maggior parte delle canzoni sono state coscritte in un modo abbastanza naturale.

Mi piace che la stima venga naturalmente, quindi se con una persona sono amica poi riesco anche a empatizzare e aprirmi. Così vengono fuori delle belle canzoni: vado molto fiera di queste collaborazioni.”

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Non posso fare a meno di mettere anche quella parte un po’ più fiabesca e sognatrice all’interno delle mie canzoni. Penso che mantenere la parte bambinesca sia il modo migliore per essere degli adulti che continuano a sapersi divertire e sviluppare la fantasia.

Considero Bonsai come il proseguimento del discorso di Nessun posto è casa mia – dice la cantautrice – nel senso che, se quel disco si concentrava più sulla parte interiore, avendo posto quei capisaldi ora possiamo andare dove vogliamo. E in un post ho anche scritto che con un bonsai in valigia puoi andare dove vuoi perché significa che hai capito e assimilato la pazienza e la cura.”

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E aggiunge: “Se nessun posto è casa mia era un po’ più essenziale come arrangiamenti, più legato al piano voce, stavolta avevo voglia di essere un po’ più piena di cose anche negli arrangiamenti. E così, dopo una parte essenziale mi sentivo pronta a riempire un po’ di più la le mie canzoni con altri strumenti, come fosse appunto una naturale prosecuzione.”

Secondo me se riusciamo a mantenere il cambiamento di questi ultimi mesi, in modo che possa diventare un appuntamento anche in periodi normali, non che può fare del bene a tutti.

E in un’estate senza grandi concerti live, Chiara cosa porterà con sé della dimensione dal vivo? “Il tour più piccolo del mondo è stato forse uno dei tour che mi sono goduta di più perché mi piace molto guardare le persone negli occhi e sentire i loro respiri.

Per questo motivo credo che cantare dentro casa e via social non potrà mai essere come fare un concerto vero: ci si ciba delle persone che sono davanti a noi e viceversa.”

Foto da Ufficio Stampa Mary Cavallaro