Ha lavorato ai costumi di Avengers: Endgame, in homevideo dal 14 agosto: Judianna Makovsky ci racconta come si veste un supereroe.

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Tre nomination agli Oscar e una filmografia impressionante, che parte da Big per arrivare ad Avengers: Endgame, la pellicola targata Marvel Studios che il 14 agosto arriva finalmente in homevideo (dal 14 agosto sulle piattaforme digitali e dal 4 settembre nei negozi e in Dvd e Blu-ray).

La costume designer Judianna Makovsky non si tira certo indietro di fronte alle sfide: dopo aver lavorato a Avengers: Infinity War (2018), a Guardians of the Galaxy Vol. 2 (2017) e agli abiti indossati da Chris Evans nei capitoli di Captain America si è buttata a capofitto in quella che sembrava una mission impossible: vestire tutti i supereroi della saga Marvel, raggruppati in un’unica iconica pellicola: non a caso, Avengers: Endgame è già un cult. Una sfida non semplice, che Judianna ci ha raccontato al telefono, sottolineando anche la parte divertente di un lavoro così massiccio e con così tante aspettative.

Ciao Judianna, sono felicissima di sentirti. Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare lavorando a Avengers: Endgame? So che hai lavorato ad altri film sui supereroi, ma per questo film hai dovuto superare te stessa.
Sì, senza dubbio la mole di lavoro legata alla pellicola è stata una grande sfida. Ci sono così tanti attori! Penso che solo destreggiarmi tra i loro appuntamenti e i loro orari e far sì che tutto fosse perfetto e che andasse tutto bene sia stata la parte più difficile in assoluto.

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Tu hai lavorato a più film dello stesso franchise. Come evolvono i costumi e come mantengono, nello stesso tempo, una certa coerenza con i costumi dei film precedenti?
Lavorando ai film precedenti abbiamo imparato proprio a realizzare i costumi. Il modo in cui poi il costume cambia insieme alla storia dipende tantissimo dalla mente del regista, che ha sempre una visione molto chiara di ciò che vorrebbe ottenere. Quando ci incontriamo tutti insieme e parliamo di quale direzione prendere decidiamo cosa fare, è nelle prime riunioni e nelle discussioni che i costumi prendono effettivamente forma. La sceneggiatura, di base, ci dà le informazioni che ci servono.

Ti è utile prendere spunto dai fumetti o preferisci non farti ispirare?
Anche in questo caso dipende molto dal regista. Alcuni registi amano i riferimenti ai fumetti, mentre altri assolutamente vogliono prendere strade diverse. Dipende tutto da ciò che stanno cercando. Ad esempio, con Captain America, abbiamo sicuramente omaggiato i fumetti, ma in altri casi non c’è alcun omaggio. Perché – per come è stata scritta la storia – non avrebbe avuto alcun senso o, semplicemente, sarebbero stati inguardabili. Un supereroe con una tuta di spandex non credo funzioni molto, né sia bello da vedere. I loro abiti devono sembrare reali. Il principio è quello di creare costumi che – se indossati camminando per le strade di Washington – non desterebbero sospetti. Nessuno ci farebbe caso perché non ci sarebbe nulla di strano. Tengo sempre questo principio in testa quando lavoro a film sui supereroi.

E come ci si sente a vestire un supereroe? Alla fine, sei una delle poche persone al mondo che può dire di averlo fatto…
Il momento più bello è quando vedi gli attori trasformarsi. Mentre fai le prove, le prime correzioni, puoi vedere il personaggio prendere forma. Dopo – lavorando alla pettinatura e al make-up – c’è un istante in cui l’attore non esiste più. Non hai più di fronte Robert Downey Jr., ma Iron Man. Ed è un momento particolarmente emozionante e, nello stesso tempo, divertente.

C’è una scena o un costume di cui sei particolarmente orgogliosa?
Devo ammettere, senza dubbio, che sono molto orgogliosa di Thor. Quando abbiamo ideato il concetto del costume e poi siamo riusciti a ottenere ciò che avevamo in mente – e Chris Hemsworth ne andava matto – è stato rassicurante. Perché è diverso da qualsiasi altra cosa fatta prima. Ci siamo divertiti.

Hai lavorato a tantissimi generi cinematografici, variando spesso. Hai lavorato persino in Big, un film iconico…
Pensa, è stato il mio primo film!

Sì, è incredibile! Come si lavora ai costumi passando da un genere all’altro? C’è una sfida che ti è sembrata invincibile?
Devo dire che, tra tutti i generi, quelli sui supereroi sono film che ti mettono particolarmente alla prova. Perché è difficile trovare la formula per non renderli stupidi o semplicemente divertenti. Prendi Avengers, è difficile mantenere l’aspetto simpatico degli eroi nei fumetti senza farli apparire stupidi. Questo è stato sempre il mio più grande obiettivo. Come rendi possibile una cosa simile? Non è affatto facile, sono coinvolte tantissime persone e tecniche moderne, ci sono tante cose nuove che ora puoi fare e vorresti impararle tutte. Anche imparare e crescere nella manifattura, di per sé, è una sfida.

Pensi che sia più complicato vestire i supereroi o i maghi di Harry Potter?
In Harry Potter avevo tantissima libertà. Quasi ogni cosa è venuta fuori dalla mia testa. Ho preso spunto dai libri, ma avevo veramente tantissima libertà. Nello stesso tempo era difficile, perché il pubblico è fatto di bambini e adulti che amano realmente la storia e io non volevo di certo rovinargliela. In questo senso è stato stressante, toccava a me dare loro una visione definitiva di ciò che la gente aveva in testa. Ho letto i libri, ma l’ho fatto mettendomi nei panni del pubblico, tentando di capire cosa ci fosse di così speciale in Harry Potter. Pensare di rovinare completamente tutto a qualcuno non è stato facile. Ma quando abbiamo creato quel mondo, è stato magico. Così come Avengers, è bellissimo poter creare mondi del genere.

Senti mai la pressione di dover creare un immaginario che, in un modo o nell’altro, finirà per influenzare la cultura pop di una generazione?
Sempre. Lo ripeto: sempre! Quando lavoro ad alcuni film, quasi spero che la gente non noti i costumi, perché voglio che seguano la trama. Per cui, cerco di fare qualche passo indietro. La storia di Endgame è così bella che non vorrei che la gente venisse distratta dai costumi. Dovrebbero essere naturali, come se fossero parte del film. Non è facile però, perché la trama è fondamentale e devi contenerti un po’.

Penso che forse sia la sfida più complicata: fare un passo indietro e, nello stesso tempo, realizzare qualcosa di indimenticabile…
Assolutamente, e devi aiutare il regista a realizzare la sua visione. Spesso è il regista a guidarti, ma le opinioni si scontrano. Sì beh, è una sfida e spesso non è affatto facile.