Scoperti sotto strati di pittura gli affreschi rinascimentali del Palazzo dei Principi di Monaco: un restauro che riscrive la storia del Principato.

Immaginate di dare il via ad un intenso restauro e di incappare inconsapevolmente in una serie di affreschi risalenti al XVI secolo: è quanto accaduto nel Palazzo dei Principi del Principato di Monaco, che proprio in questi anni sta rivelando la sua vera storia e natura. Palais Princier – residenza ufficiale del Principe di Monaco – affonda le proprie origini nel lontano 1191, quando era poco più di una fortezza genovese. Un’impronta permanente anche negli anni successivi e che resta comunque visibile nonostante l’accavallarsi dei secoli. Trova addirittura alcune somiglianze strutturali e artistiche con la Villa Doria Centurione di Genova. Una similitudine portata alla luce proprio dagli affreschi ritrovati nel Palazzo monegasco (risalenti al medesimo secolo), su cui il Principato sta ancora lavorando a una precisa opera di restauro.

L’articolo continua più sotto

La nostra newsletter bisettimanale dedicata al mondo dell’arte e della cultura

LEGGI ANCHE: Tra spine e visioni a Villa Sauber: un viaggio nelle infinite ispirazioni artistiche del Cactus

In effetti, dopo secoli di trasformazioni e la presa definitiva dei Grimaldi nel 1297 – quando Francesco Grimaldi conquistò la rocca travestito da monaco, dando origine al celebre stemma di famiglia – il Palazzo conobbe nel XVI secolo una delle sue stagioni più decisive. Fu un periodo di passaggio dalla fortezza militare al palazzo rinascimentale, segnato prima dall’assedio genovese del 1506-1507, poi da una profonda ricostruzione voluta da Luciano I e Onorato I.

Mael Voyer Gadin

Il Palazzo dei Principi di Monaco e le sue origini

Il cortile d’onore venne completamente ridisegnato dall’architetto genovese Dominique Gallo, che progettò una loggia con dodici arcate e balaustre in marmo bianco, quella che oggi è nota come Galerie d’Hercule, cuore dell’attuale restauro. Sull’altro lato del cortile, la decorazione pittorica fu affidata ad artisti della scuola genovese, probabilmente vicini allo stile di Luca Cambiaso e a quello di Perin del Vaga, rinsaldando così il legame culturale tra Monaco e Genova.

Sotto la protezione spagnola al tempo dell’impero di Carlo V, il Palazzo si arricchì di nuove strutture – come la Torre di Tutti i Santi e i bastioni di Serravalle – e di una grande cisterna sotterranea, capace di garantire autonomia durante gli assedi. Nel corso del XVI secolo il Palazzo dei Principi di Monaco trovò una prima identità architettonica definita. Un equilibrio tra forza difensiva e bellezza decorativa, tra memoria genovese e aspirazione rinascimentale. Non stupisce dunque che, scavando tra disegni e pitture, ad emergere sia stata l’anima variegata e multiforme della residenza: strati sovrapposti di miti e stili che, insieme, raccontano la storia profonda del Principato.

Mael Voyer Gadin

Gli affreschi rinascimentali del Palazzo dei Principi di Monaco

Le scoperte e le meraviglie risalgono al 2015, quando venne presa la decisione di restaurare il Palazzo dei Principi. Doveva essere una semplice operazione mirata soprattutto alla facciata, ormai in condizioni critiche per la perdita di malta. I differenti stili erano del resto già visibili, con forme strane e prospettive distorte. Su una delle pareti del cortile c’è l’immagine di un uomo con in mano un animaletto, intento a porgerlo a tre donne. Osservandolo attentamente, è facile farsi venire alla mente il mito di Paride e la sua mela offerta alla più bella tra tre dee. L’autore originale si è quindi ispirato alla mitologia greca, ma in seguito l’opera ha perso il suo significato originale, diventando altro.

Una volta compreso che le immagini attuali ne nascondevano altre – magari più belle, preziose – si è deciso di riportarle alla luce e non senza difficoltà. In primis, si è dovuto decidere quali affreschi mostrare, dato che gli interventi artistici subiti dal Palazzo non sono pochi e ognuno ha impoverito quello precedente. In secondo luogo, è stato necessario risalire alla forma originale degli affreschi, spesso modificati con tecniche pittoriche diverse che ne hanno alterato dimensioni e colori. 

La Galerie d’Hercule e il ciclo delle Dodici Fatiche di Ercole

Partendo dalla loggia d’ingresso — la Galerie d’Hercule — i restauratori hanno indagato sotto le ridipinture ottocentesche per riscoprire il ciclo originario delle Dodici Fatiche di Ercole. Gli affreschi, databili al XVI secolo, sarebbero opera di artisti italiani di scuola genovese, oggi oggetto di studio da parte dell’Università di Genova e degli Archivi di Stato per una possibile attribuzione. L’unica fonte a loro disposizione è stata una foto del 1864: ben poca roba. Nel XIX secolo, infatti, Philibert Florence e Jean-Baptiste Carbillé furono i primi a dipingere sopra gli affreschi, seguiti da Mauro Pelliccioli e Leone Lorenzetti nel 1962. Questi ultimi volevano recuperare gli affreschi, ma finirono per creare nuovi murali.

Man mano che gli strati pittorici degli anni ’60 venivano rimossi e la vita di Ercole affiorava nella loggia, ci si è dovuti tuttavia domandare come mantenere una coerenza visiva, laddove l’affresco si era rivelato ormai irrecuperabile. Per consentire anche la reversibilità (obbligatoria) dell’intervento, si è optato per pannelli di alluminio rimovibili che completano l’opera. Per l’occasione, il team ha creato 14 diverse tonalità di vernici a base d’acqua, per garantire la compatibilità con la composizione minerale degli affreschi originali. Come modello di questo nuovo – ma nello stesso tempo – solito Ercole, si è offerto un membro dell’archivio del palazzo, ovviamente amante degli sport da combattimento.

Galerie d’Hercule

Il ritorno di Europa, Bellerofonte e Ulisse: i miti ritrovati

Nel 2016 – nel mezzo dei lavori di restauro e scoperta della Galerie d’Hercule – nella Chambre d’Europe (all’epoca Salon Matignon, decorato in stile Belle Époque) cadde un frammento di primer: anche qui emersero colori accesi, nuove forme. Allora gli affreschi non impreziosivano solo la loggia! Qui i restauratori scoprirono un nuovo ciclo mitologico: il rapimento di Europa da parte di Giove, ma la decisione fu meno tranchant di quella relativa al cortile e alla facciata. Dopo la rimozione dello strato ottocentesco, si è proceduto a conservare sette figure su un supporto in gesso. Nella cosiddetta Anticamera Verde, adiacente alla Sala d’Europa, il restauro ha poi riportato alla luce un fregio rinascimentale decorato con grottesche, anch’esso attribuibile alla scuola genovese e in ottimo stato di conservazione.

C’è invece Bellerofonte nell’ex Chambre Louis XIII – oggi Chambre à alcôve de marbre – e la sua cattura di Pegaso. La scelta di mantenere gli affreschi del XVI secolo e non le operazioni successive risiede anche nel fatto che le rappresentazioni mitologiche non erano mai puramente estetiche. Contenevano, a loro modo, un messaggio: guardarsi dalla superbia, dalla tracotanza, dalla ὕβρις. Inseriti nel contesto del Palazzo, sede di spoglie regali, traducevano allora e trasmettono oggi il senso profondo dello stesso Principato di Monaco.

Chambre d’Europe

Un modello di restauro sostenibile e innovativo

I restauratori sono ancora all’opera nelle stanze del Palazzo e, ogni giorno, svelano nuove sorprese. La stanza di Bellerofonte nasconde, ad esempio, un soffitto originario del XVI secolo completamente coperto da un controsoffitto successivo. Lo stato dell’affresco sulla parete originale è perfetto, ma potrebbe non essere possibile svelarla agli occhi del pubblico. Oggi è possibile ammirarla solo attraverso un foro e qualche luce, che illumina ciò che è rimasto sepolto per secoli.

Il soffitto nascosto dal controsoffitto

Spostiamoci nell’ultima sala restaurata, quella del Trono. Qui, con la tecnica del tratteggio, ad emergere sotto gli strati è stata l’epopea di Ulisse, chiaramente riconoscibile nei disegni meglio conservati. È stato lo stesso Principe Alberto II a decidere cosa mantenere e cosa eliminare, disegnando l’aspetto del Palazzo che verrà: una residenza che scava nel passato e, nello stesso tempo, sperimenta tecniche innovative che potrebbero diventare modello anche per altri restauri. Palais Princier, nel riscoprire gli affreschi, ha in fondo riscoperto la propria storia.

Revenews