Caparezza racconta ‘Orbit Orbit’, l’album–fumetto nato da una crisi e dalla riscoperta di un’immaginazione senza confini che diventa motore di rinascita.
Dopo quattro anni di silenzio, Caparezza torna con Orbit Orbit, un progetto doppio – album e comic book – che unisce le due anime creative dell’artista. Quella musicale e quella, da sempre coltivata, di sceneggiatore e appassionato di fumetti. Un ritorno non scontato, nato da una crisi e da una rinascita. L’acufene e l’ipoacusia lo avevano, infatti, costretto a fermarsi, ma proprio questo stop lo ha riportato verso la sua prima passione: il fumetto.
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E la scintilla si è riaccesa a Lucca Comics & Games, dove la partecipazione all’evento per presentare la variant cover di Exuvia gli ha restituito una vitalità inattesa. Da lì il desiderio di scrivere una storia, poi una sceneggiatura, poi un mondo. Orbit Orbit è la traduzione musicale di quel universo narrativo: 14 capitoli e 14 canzoni che, come due binari paralleli, affrontano lo stesso viaggio.
Così, se i precedenti album esploravano prigionia e fuga, questo progetto mette al centro la libertà più radicale e inalienabile: l’immaginazione. Caparezza la racconta attraverso un intreccio di realtà e fantasia, orchestrando elettronica, narrazione sci-fi e una scrittura che, come nel fumetto, si muove per immagini. È il lavoro di un artista che torna a orbitare attorno alle parole e al proprio pubblico, trasformando una crisi in un nuovo modo di immaginare.

«Il titolo nasce come onomatopea, tipica del fumetto: è il suono che identifica l’immaginazione, espressione che ancora non esiste. Per me “immaginare” è “fluttuare” e ho cercato la parola giusta per restituire questa sensazione». Così Caparezza introduce il suo lavoro, specificando proprio come il progetto sia nato dall’idea di una storia illustrata.
Il fumetto, origine di tutto
«Tutto è partito dal fumetto – spiega l’artista – Quando è uscito il disco precedente ‘Exuvia’ ho iniziato ad avere un problema di acufene al quale si è aggiunta un’ipoacusia, di cui l’acufene è spesso anticamera. È un tema di cui si parla pochissimo, ma è molto diffuso. Per me è stato un motivo di blocco: mi sentivo come in missione, ma con stop improvvisi. E a un certo punto non riuscivo più a godermi la musica, né tantomeno ad ascoltarla. La frustrazione superava il desiderio. Mi sono sentito perso».
«A quel punto mi sono riavvicinato alla mia prima passione: il fumetto. È stata una sorta di ciambella di salvataggio. Ho iniziato a frequentare festival, intervistare fumettisti, inseguire gli artisti come un fanboy adolescente. Ricordo un episodio in particolare: ero a Lucca Comics per presentare la variant cover di Exuvia. Sono uscito da lì con un sorriso che non avevo da tempo. Ho pensato a quanto fosse incredibile che il fumetto riuscisse a restituirmi una mentalità positiva che avevo perso del tutto».
Ed ecco, allora, la svolta. «Così ho deciso di incanalare lì le mie energie. Ho studiato sceneggiatura del fumetto: da lettore assiduo sono diventato un lettore compulsivo. Ho scritto la mia prima sceneggiatura. All’inizio non prevedeva un disco, ma mentre la lavoravo ho pensato: “Quasi quasi affianco a questa storia un disco strumentale che faccia da collante ai capitoli”. Capitolo dopo capitolo, ogni tema richiedeva approfondimento. Ho ricominciato a scrivere musica… e mi è sfuggita la mano. E così, dal nulla – dopo aver pensato che non avrei più fatto nulla – mi ritrovo con un fumetto di 250 pagine e un disco più complesso di quelli che ho scritto finora».


«Sono contento di essere qui perché il percorso è stato difficile. Mi sento pacificato: il disco è estremamente onesto, il fumetto anche. Il risultato, per me, è già ottenuto. Come dico in una canzone: se puoi premiare lo sforzo, tutto il resto è un di più».
Il tema: la libertà
Caparezza ci tiene, quindi, a sviscerare il cuore di ‘Orbit Orbit’. «Questo lavoro parla di libertà e in fondo arriva dopo due dischi sulla prigionia, ‘Prisoner 709’ e ‘Exuvia’. Mi sono chiesto cosa fosse la libertà per me. L’unica autentica è l’immaginazione. Tutte le altre forme di libertà hanno contraddizioni evidenti. Come si fa a parlare di libertà su un pianeta dove siamo incollati al suolo dalla gravità? Siamo schiavi del sonno, della fame. E poi c’è la “macrolibertà”, quella politica e sociale… complicatissima. Così mi sono concentrato sull’unica che nessuno può toglierti: la libertà di immaginare. È il mio cibo da sempre».
Il fumetto la racconta attraverso una storia che idealmente procede in parallelo all’ascolto alle canzoni: 14 capitoli, 14 brani. «Si inzia nel backstage di un concerto estivo, ai piedi di quel bosco da cui uscivo nell’ultima traccia di ‘Exuvia’ dato che mi piace iniziare un disco dalla fine del precedente. In quel contesto, tutti sanno che io sono Caparezza, tranne me. Ho problemi di memoria: non so chi sono, non capisco cosa devo fare».

Chiuso il quel camerino-roulotte, un Airstream che somiglia a un bozzolo, Caparezza sviene e la narrazione s sdoppia. «C’è il piano del reale, in cui sono un cantante svenuto nel camerino, che nessuno nota. E poi ilpiano fantastico, in cui divento un cosmonauta e affronto varie avventure nello spazio. I due piani sono legati: tutto ciò che accade nel mondo reale riverbera in quello astrale. Realtà e fantasia dialogano costantemente».
Personaggi, eventi, incontri e scoperte si susseguono nei capitoli tra metafore sul reale e scoperte del sé fino al ritorno sulla terra. «Nel fumetto mi risveglio consapevole di chi sono, pacificato. È uno stato che ho raggiunto davvero perché sono contento di quello che ho fatto e non sono più determinato da quello che faccio ma da quello che sono. La vita non è una missione da portare a termine in cui ogni accidente è un problema, ma la vita è semplicemente vivere. Per questo la chiusura, come del resto tutto il progetto, è positivo: l’umanità è capace anche di creare bellezza».

Ogni canzone cita uno o più fumetti. «È il mio ringraziamento a quel mondo che mi ha salvato, a partire da Galaxy Express 999 che il ‘padre’ del progetto. I linguaggi del fumetto e della musica sono simili: si contaminano da sempre. Il ritmo della scrittura è già nell’immagine e personalmente ho sempre disegnato nella mia mente prima di scrivere».
«Sono due linguaggi che ballano il tango. Il fumetto, più di altri, racconta il carattere di un personaggio perché lo vedi», prosegue Caparezza che non asconde un sogno, a questo punto: quello di trasformare Orbit Orbit in un cartoon. E chissà che non possa succedere davvero integrando, così, anche l’animazione. «Tutte le tracce si possono anche leggere come fasi della creazione: dalla fluttuazione dell’idea alla sua conclusione. È il mio rap da cinquantenne».
Immagini da Ufficio Stampa