Dal ritratto di Ginevra Cantofoli a Caravaggio e Harriet Hosmer fino alla letteratura con Shelley e Moravia: Beatrice Cenci nelle arti.
Beatrice Cenci (1577-1599), giovane nobildonna giustiziata per parricidio, è una figura che ha attraversato i secoli anche grazie alle arti che l’hanno resa immortale. Divenuta in breve tempo simbolo di tragedia e ribellione, la sua storia intrisa di abusi familiari e terminata con un’esecuzione che commosse Roma, ha infatti ispirato artisti, scrittori e compositori che l’hanno resa un’icona senza tempo.
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La sua persistenza storica se non rende completamente giustizia alla protagonista, quanto meno ci restituisce tutta la carica emotiva e tragica di una vita di dolore. Nata nel 1577 in una nobile famiglia romana, Beatrice visse una vita segnata dalla brutalità del padre, Francesco, noto per i suoi abusi. Esasperata, insieme alla matrigna Lucrezia e ai fratelli, orchestrò l’omicidio del conte nel 1598.
Scoperta la sua colpevolezza, la giustizia pontificia la condannò a morte. Insieme al fratello Giacomo e alla matrigna, fu decapitata a 22 anni l’11 settembre 1599 in Piazza di Castel Sant’Angelo. Un episodio che segnò profondamente la popolazione e al quale assistettero, fra gli altri, nientemeno che Caravaggio, Orazio Gentileschi e la giovane Artemisia. Tale esecuzione, a fronte di una vita dolorosa, non potò che ispirare tali artisti che trasformarono in arte un sentimento condiviso dal popolo. Come spiega, infatti, l’Enciclopedia Treccani, la figura di Beatrice fu “idealizzata come una vittima innocente degli orrori della sua casa (fu detta la ‘vergine romana’)”, ispirando numerose opere d’arte.

Dalle tele barocche di Ginevra Cantofoli e Caravaggio alle opere romantiche di Shelley, fino a moderne produzioni cinematografiche e musicali, Beatrice continua a vivere nell’arte.
Beatrice Cenci in pittura: Ginevra Cantofoli, Caravaggio e Pietro Rossi
La tragica esecuzione di Beatrice a Ponte Sant’Angelo ha lasciato un’impronta potente nell’arte barocca. Caravaggio vi prese ispirazione per la sua Giuditta e Oloferne (1598-1599), conservato a Palazzo Barberini. Benché il dipinto non raffiguri direttamente Beatrice, proprio la sua drammatica morte è considerata dai critici l’episodio di riferimento per la rappresentazione.
Analogamente, Davide con la testa di Golia (1606-1607), alla Galleria Borghese, richiama il dramma del supplizio, con una tensione che sembra echeggiare la storia di Beatrice. Tra i dipinti più celebri dedicati esplicitamente alla nobildonna non si può non citare il Ritratto di Beatrice Cenci (ca. 1650), conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma.


Tradizionalmente attribuito a Guido Reni, gli studi recenti lo riconoscono come opera di Ginevra Cantofoli, pittrice bolognese. L’olio su tela (64,5×49 cm) mostra una giovane donna con un turbante bianco, il volto malinconico e lo sguardo che sembra implorare compassione.
La leggenda romantica, alimentata anche da Stendhal e Shelley, voleva che Reni l’avesse dipinta in carcere, ma i documenti storici smentiscono che Reni fosse a Roma nel 1599. Numerose anche le copie di questo ritratto, come quelle di Andrea Pozzi (1800-1837, a Palazzo Buonaccorsi di Macerata) e di Danilo Orlandi, che testimoniano la sua influenza. Il dipinto, con il suo stile che richiama una Sibilla o una vergine vestale, è diventato un’icona romantica, simbolo della sofferenza di Beatrice.
Infine, segnaliamo Ultimi momenti di Beatrice Cenci (1866), di Pietro Rossi, conservato presso la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Parma e Piacenza. L’opera mostra la Cenci rinchiusa in carcere mentre, seduta sul letto, attende dolente il momento dell’esecuzione.

Scultura e fotografia: la Beatrice romantica
Non solo la pittura ha immortalato questa storia tragica. Nel 1857, infatti, la scultrice americana Harriet Goodhue Hosmer realizzò Beatrice Cenci, statua commissionata per essere esposta alla St. Louis Mercantile Library. L’opera rappresenta Beatrice come eroina tragica, enfatizzando la sua innocenza e il dramma della condanna, in linea con l’estetica romantica.
In fotografia, invece, Julia Margaret Cameron, ha catturato la giovane Beatrice Cenci (1866) in una stampa all’albumina, con May Prinsep come modella. Parte di una serie dedicata alla nobildonna, l’immagine esalta l’aura malinconica della protagonista, contribuendo alla sua mitologia visiva di Beatrice come simbolo di sofferenza universale.


Letteratura, teatro, cinema e musica
La vicenda di Beatrice ha ispirato anche la letteratura e il teatro. Nel 1819, Percy Bysshe Shelley scrisse I Cenci, tragedia in cinque atti che dipinge Beatrice come vittima di un padre tirannico, esplorando il conflitto tra oppressione e ribellione. Nathaniel Hawthorne, nel romanzo The Marble Faun (1860), invece, fa riflettere le sue protagoniste – Hilda e Miriam – sulla colpevolezza di Beatrice, con il presunto ritratto Cantofoli al centro del dibattito.
Se Alberto Moravia firma Beatrice Cenci (1958), offrendo una lettura psicologica moderna, mentre F. R. Scott, in Finis the Cenci (1954), e Frederic Prokosch, con A Tale for Midnight (1955), esplorano la tragedia in poesia e prosa. Più recente, A Beatrice Cenci (2020) di Sabrina Gatti, ne Il trono dei poveri, rivisita la storia in chiave lirica.
Nell’ambito dell’audiovisivo, la vicenda di Beatrice ha ispirato film quali Beatrice Cenci (1956) di Riccardo Freda, che ne narra il dramma familiare, e la miniserie Caravaggio (2007) di Angelo Longoni, con Maria Elena Vandone nei panni di Beatrice.
Anche la musica ha attinto a piene mani alla storia della Cenci trasformandola in materia per diverse opere liriche. Beatrice Cenci (1863) di Giuseppe Rota, con libretto di Davide Rabbeno, debuttò al Teatro Regio di Parma. In anni recenti, In tempi recenti, Beatrice Chancy (1990s) di George Elliott Clarke e James Rolfe e il lavoro di Simone Martino e Giuseppe Cartellà (2014-2015), rappresentata al Teatro Greco di Roma hanno rinnovato, una volta di più, il mito tragico della giovane martire.
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