Dal villaggio di Tard, MatyoDesign reinventa il ricamo Matyó ungherese: tra arte, moda e identità femminile, una tradizione che guarda al futuro.

Nell’Ungheria nord-orientale, sorge il piccolo comune di Tard. Poco meno di 1500 abitanti per una zona in realtà ricca di tradizione e cultura: nota anche come Matyo-Land (la terra del Matyo), ospita la casa di Matyodesign, un laboratorio di ricamo Matyò, arte popolare originaria di questa regione.

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Insieme a Mezőkövesd e Szentistván, Tard è infatti uno dei tre villaggi in cui il ricamo Matyò è nato – circa 200 anni fa –  e ancora fiorisce, tramandato di generazione in generazione. Nel 2012, è stato addirittura inserito nella lista UNESCO dei patrimoni immateriali: una dimostrazione di quanto questa antica espressione artistica sia, oggi più che mai, rilevante.

La storia (tra mito e realtà) del ricamo Matyó

Arrivare a Tard significa scoprire un’Ungheria diversa: rurale, intima, fatta di mani operose e storie tramandate. Quando ci avviciniamo alla sede di Matyodesign, ad accoglierci c’è una simpatica brigata di donne di ogni età che già sfoggiano le loro produzioni colorate.

La caratteristica principale del ricamo Matyó è, infatti, il tripudio dei motivi floreali variopinti che decora sia gli abiti tradizionali che gli oggetti ornamentali. Una leggenda narra che tutto nacque dopo che il diavolo rapì un uomo chiedendo – come riscatto – i fiori più colorati che avesse mai visto. La moglie dell’uomo, in pieno inverno, non potè fare altro che ricamarli. A Tard un detto recita: lascia che lo stomaco brontoli, ma che l’abito brilli. È la sintesi della filosofia del Matyo: colori e ornamenti per dipingere una terra altrimenti sofferente.

Váczi Rozi e la nascita di MatyoDesign

Più che per la loro valenza estetica, tuttavia, i ricami Matyó sono preziosi perché testimoni di un senso d’identità e di comunità: i vestiti ricamati vengono sfoggiati in occasione di feste ed eventi importanti, ma il ricamo ormai popola case e strutture, contagiando arredamenti e architettura. Una tradizione storica e popolare tornata alla ribalta grazie alla volontà e alla passione di Váczi Rozi.

Cresciuta a Tard e poi trasferitasi a Budapest, Váczi Rozi racconta spesso la curiosa storia della genesi di MatyoDesign: dopo la nascita del suo primo figlio e lontana da casa, Rozi ha vissuto una terribile depressione. Siamo intorno al 2010: per riprendersi, tornò proprio a Tard e – in occasione del compleanno del marito – chiese alla sua storica tata di creare un ricamo su una delle magliette del consorte.

Nacque così l’idea di ridare vita a questa arte antichissima, fondendola però con abiti e moda contemporanei. Non solo: la nuova realtà creata da Rozi – un brand e un laboratorio – è composta da donne di ogni età. Un’impresa femminile che offre opportunità reali in un villaggio dove il lavoro scarseggia. Ora Matyodesign dà loro una professione, uno scopo e, nello stesso tempo, mette a sistema l’arte di tramandare il ricamo Matyó.

Musei, moda e arte tessile

In Ungheria, ora, scoprire questa arte è dunque molto più semplice. A Mezőkövesd trovate il Matyó Museum: qui c’è la storia del ricamo Matyó, dalla sua evoluzione negli anni ai costumi colorati indossati in diverse occasioni. E troverete anche i lavori di Bori Kis Jankó (1876–1954) – la donna delle 100 rose – mentre nella vicina Town Gallery spiccano i quadri di István Takács (1901–1985), ricchi di vita quotidiana Matyo. Tra questi la Madonna Matyó, dove la Vergine è dipinta con indosso un tipico costume ricamato. 

La storia di Váczi Rozi dimostra tuttavia che il ricamo non è solo passato, ma anche presente e futuro. Oggi i ricami appaiono infatti su t-shirt, abiti alla moda e di tendenza, felpe. Sono esposti negli shop e di ispirazione a giovani stilisti (è il caso di Csezy). Nel caso di Tard, si lega a laboratori, turismo culturale, esperienze ed è bastato cambiare prospettiva – reinterpretarlo in chiave urbana e sostenibile – per dar vita a un circuito che ha messo le sue radici secoli or sono.

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Senza contare il ritorno recente della textile art nella scena artistica mondiale (Emma Talbot ne è un esempio): i confini tra vecchio e nuovo sfumano per lasciare spazio a forme artistiche che raccontano il presente. Senza dimenticare il passato.

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