Willie Peyote replica alle polemiche sorte in merito al testo di ‘Mai dire mai (la locura)’, il brano che presenterà a Sanremo 2021.

È bastato il testo di Mai dire Mai (la locura), il brano che Willie Peyote porterà sul palco di Sanremo 2021, per scatenare sui social commenti e critiche. Del resto, il singolo di Willie Peyote è ricco di riferimenti e di una sana dose di cinismo. Anche perché, come spiegato dallo stesso cantautore, «la canzone parla di come ci siamo ormai abituati a mettere al primo posto il mero intrattenimento, in tutti i campi, dall’arte e la cultura, passando per lo sport e arrivando anche alla politica».

«Avere un personaggio che funziona è più importante che avere talento, avere il consenso è più importante che avere un programma, far parlare di sé è più importante che avere qualcosa da dire. Anche in pandemia the show must go on quindi si gioca lo stesso anche con gli stadi vuoti, teatri chiusi e concerti annullati ma con gli streaming e i talent show la giostra sembra continuare a girare».

Abbiamo chiesto direttamente a Willie Peyote di rispondere ad alcune delle critiche che gli sono state mosse.

«L’obiettivo di tutta la musica che faccio è sviluppare una discussione intorno alle cose che dico. Vorrei che fosse compreso il mio tentativo e non, come è successo, che il testo venga visto come una sfilza di insulti ai miei colleghi e frecciatine. È un discorso su come percepiamo la musica anche tra addetti ai lavori».

TikTok e l’industria discografica: «Il lavoro di talent scouting che fine ha fatto?»

Le major ti fanno un contratto se azzecchi il balletto e fai boom su TikTok.

Così recita una frase del brano di Willie Peyote, che replica: «Mi hanno detto che sono un boomer perché me la prendo con TikTok. Vuol dire che non hai letto la frase».

«Il problema – dice Willie Peyote – non è TikTok, ma il fatto che da quando è nato abbiamo cambiato modo di fare musica. Mi fa paura che le major aspettino qualcuno che fa boom su TikTok per metterlo sotto contratto e non lo vadano a cercare come si faceva una volta. Questo non vuol dire che chi usa TikTok sia un incompetente, ma mi spaventa che la musica cambi per passare sui canali tecnologici che vanno. Un conto è cambiare il formato per metterlo su cd, un altro fare tormentoni che durano due secondi. Sono jingle, non è più musica. Non ce l’ho con TikTok, ma con le major che aspettano TikTok per scoprire gli artisti, come facevano con Spotify e con YouTube. Il lavoro di talent scouting che fine ha fatto?».

Il twerk e l’accusa di mansplaining

Non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato.

Altra frase del testo di Mai dire Mai (la locura) finita sotto accusa. «Se te la prendi per la frase sul twerk hai decontestualizzato il concetto. – replica Willie Peyote – Non capisco l’accusa di mansplaining, il mio è un dubbio che va contestualizzato perché mi riferisco al contesto nel quale si fanno le cose non al twerk di per sé. E non è un caso che quella frase arrivi dopo la citazione su Morgan perché si riferisce a Sanremo e non al twerk in generale».

«Non mi sembra calzante l’accusa di mansplaining. Mi sono permesso di chiedere che senso avesse il twerk in una kermesse come Sanremo. Com’è possibile che diventi simbolo militante mentre si parla con retorica della parità di genere? Mi spiace che mutuiamo le lotte di tutti con un hashtag senza preoccuparci che siano davvero nostre. Non mi permetterò mai di dire agli altri cosa fare, né voglio dire alle donne come si combatte il patriarcato. È un tentativo di togliere la polvere e far vedere che io, in quanto uomo, non posso dire Forse però contando che muore una donna al giorno uccisa dal compagno abbiamo un problema più grosso del twerk in questo momento».

«Magari sbaglio io. L’anno scorso ci furono momenti di una retorica imbarazzante e non è cambiato niente. Gli omicidi sono scesi del 30% e i femminicidi sono in aumento. Ogni governo parla di quote rosa. Ma siamo nel 2021, ancora dobbiamo contare le donne che sono al governo? Non è follia? Siamo un paese retrogrado, questo dico nel pezzo. Dovrebbe essere così scontato avere le donne al governo che non dovremmo contarle. Il paradosso è quello. Non voglio insegnare niente a nessuno, pongo delle domande. Qualcuno mi ha detto che dico così perché non so twerkare ma viva Dio. Volete vedermi twerkare? Mi sembra una stron*ata. Se la metti su quel piano diventa uno scherzo per tutti».

Il rap, l’autotone e i costumi

Ora che sanno che questo è il trend tutti ‘sti rapper c’hanno la band
Anche quando parlano l’autotune, tutti in costume come gli X-men

«Mi hanno accusato di prendermela con Achille Lauro. – risponde Willie Peyote – L’hai visto tu Achille Lauro? Perché non l’ho mai citato. Parlavo dell’approccio misto della musica rap».

«Accetto le critiche e le prese in giro perché, se uno sale sul palco e prende in giro gli altri, è giusto che venga preso in giro. – conclude Willie Peyote – In quel pezzo mi prendo in giro da solo, speravo passasse il messaggio ma forse senza musica passa meno. Se si crea il polverone è comunque il mio obiettivo, sapevo che sarebbe successo e l’ho scritto apposta. Però non mi piace offendere la gente e non ho scritto nulla di offensivo. Se mi chiedono perché l’ho scritto cercherò di spiegarlo. Ci sta che chi non mi conosce non voglia ascoltare la mia spiegazione e leggendo il testo dica Ma che ca**o vuole questo?. Tutto legittimo. Mi diverto anche un po’. Fa anche capire che ci vuol poco a triggerare la gente. Il gioco è quello e ha colto nel segno».