I mondi decadenti di Visconti

Si intitola DPCM l’album d’esordio di Visconti, uscito il 18 marzo per Dischi Sotterranei. Anticipato dai singoli Ammorbidente e Le idi di marzo, DPCM è il frutto poliedrico del lockdown di Valerio Visconti.

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«Questi brani sono nati un po’ per caso in realtà, perché li ho scritti nell’autunno 2020. – ci racconta Visconti – Durante il primo lockdown, mi sono ritrovato naufrago dal mio progetto musicale precedente. Ero chiuso in casa e non potevo più provare, però avevo gli strumenti lasciati dai componenti della mia band. Mi ero approcciato all’idea di registrarmi da solo ed è diventata un’esigenza per colmare il vuoto. È stato un vero e proprio periodo di transizione. E poi mi sono cimentato con l’italiano. Ho scoperto che ha più sfumature dell’inglese. Anche descrittivamente è più esaustivo e gratificante. Non l’avevo compreso fino a fondo».

Il cantautorato di Visconti è proprio ciò che non ti aspetti da un esponente della Gen Z. Ricco – gremito, oserei dire – di riferimenti letterari e citazioni musicali appartenenti a un’altra epoca. In un sanissimo equilibrio tra citazionismo e digestione di influenze.

«Mi sono ritrovato ad avere i miei feticci di cantautori italiani. – ci spiega in proposito – Battiato l’ho ascoltato tantissimo. Mi sono appassionato alla sua narrativa un po’ passatista, ma sicuramente evocativa. Quello che ho cercato di fare è stato strutturare un linguaggio sicuramente mio. Anche se credo di essere, rispetto a Battiato, più sporco. Lui è sublime. Ha strutturato una spiritualità nei suoi testi. Io utilizzo il suo linguaggio, ma lo porto verso il materialismo più puro. Mi piace sognare con la fantasia e generare i miei mondi, ma non li colloco sul piano spirituale. Mi piace molto il decadente e mettere tutto verso il marcio».

Visconti, influenze sonore e letterarie in DPCM

Prodotto da Giulio Ragno Favero (Teatro degli Orrori), DPCM viaggia nei testi tra Thomas Mann e Mallarmé. Un mondo che Visconti ci dice essere nato durante gli anni del liceo, ad Acqui Terme, dove è cresciuto.

«La scintilla sono stati i programmi di letteratura del liceo. – spiega – La mia combriccola da sempre è stata affascinata da questi mondi. Abbiamo fatto i finti intellettuali costruendo la wave di Acqui Terme, anche perché non abbiamo molto da fare. Anche geograficamente però è un luogo ricco di occultismo, con castelli abbandonati. Questi luoghi mi appartengono a livello affettivo».

Il tappeto sonoro è invece fortemente influenzato dal post punk inglese.

«Musicalmente è difficile parlare alla mia generazione usando un linguaggio sonoro che appartiene al passato. Sì, è filtrato. Ma è comunque una rievocazione del post punk inglese, non è niente di nuovo. C’è qualcosa che muta, ma il linguaggio è sempre lo stesso. Per me, dopo il periodo in cui siamo stati a casa, sono cadute certezze e sicurezze sul futuro. Ed è caduta anche la musica che poteva ascoltare la mia generazione, e che risucchiava un certo tipo di edonismo e superficialità nel vedere le cose. Non sto criticando, ma ora i giovani potrebbero aver bisogno di qualcosa di più diretto e rumoroso, che smuova la melma e la calma».