Lorenzo Fragola e ‘Solero’, un brano dalle atmosfere anni ’80 in collaborazione con i The Kolors. La nostra intervista.

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Si intitola Solero il nuovo singolo di Lorenzo Fragola, che lo vede collaborare con i The Kolors. Prodotto da Zef, il testo di Solero è firmato da Lorenzo Fragola, ma coinvolge anche autori del calibro di Federica Abbate e Stefano Tognini. Il video, prodotto da Borotalco TV per la regia di Fabrizio Conte, è stato girato nella meravigliosa cornice di Villa Clerici a Milano. Una location d’eccezione dove è stato ricreato un set fotografico e una sfilata dove è possibile ammirare gli abiti della Maison Enrico Coveri.

Ciao Lorenzo, come stai? Raccontami Solero. Com’è nato il brano?
Solero è nato l’anno scorso durante il primo lockdown. Ho scritto il pezzo su Zoom, tra l’altro. Zef ha inviato questa base e io ho pensato subito che fosse perfetta per i The Kolors. Ho scritto il pezzo pensando di farlo cantare a loro. Poi è passato del tempo, per vari motivi il pezzo non è uscito e alla fine quest’anno con la Sony ci siamo ritrovati. Mi hanno proposto di far uscire Solero perché era molto radiofonico e largo. E io ho risposto che l’avrei fatto uscire solo se ci fossero stati i The Kolors. Era proprio scritto per loro.

Il video è molto bello e, direi, molto elegante.
C’entro poco in realtà con l’idea del video. È venuta alla Sony. La mia premessa era che non volevo un contesto solo mare e estate. Su questo pezzo volevo un video con un ambiente più ricercato. Altrimenti con il titolo Solero sarebbe stato esagerato. Pensavo che un video con un ambiente esclusivo e non usuale avrebbe innalzato un po’ il concept. Abbiamo deciso di farlo a Villa Clerici a Milano con questo tema alla Victoria’s Secret.

Solero

Del resto, il pezzo è estivo ma molto raffinato.
Se il pezzo si fosse chiamato Avventura d’estate magari ci stava. Ma se si chiama Solero è tutto troppo.

Come ti sei trovato con il sound anni ’80?
È stato il primo brano che ho scritto con questo andazzo. A me gli anni ’80 non fanno neanche impazzire, ho altri anni di riferimento. Per quanto gli anni ’80 siano vari. Tendenzialmente, mi piacciono più gli anni ’90 con il primo hip hop e la musica da discoteca. O gli anni ’70 e il rock’n’roll. Gli anni ’80 sono una generazione che ho saltato. Ma è anche vero che sono pieni di roba e di canzoni. Pieni di film, di eventi. Tutto è successo negli anni ’80 e inevitabilmente hanno formato la generazione di mio padre. Scrivere approcciandomi a questo mondo è stato proprio come calarmi nei panni di mio padre. O almeno nei panni di una generazione precedente alla mia. Raccontare cose che indirettamente ci hanno influenzato ma che non abbiamo vissuto per me ha il suo fascino.

È stato questo l’input?
In realtà è stato Zef. Lui ha mandato questa base pensando fosse giusta per me. Io l’ho sentita e ho pensato che fosse giusta per i The Kolors. Poi alla fine la verità sta sempre un po’ in mezzo.

Com’è andata la pandemia dal punto di vista creativo?
Per la maggior parte del tempo non sono riuscito a fare nulla. Più che altro scrivevo ma uscivano canzoni depresse e poco speranzose. In quel momento per me erano belle. Finito il periodo di chiusura e depressione ho capito però che erano tristi e che non mi rappresentavano più. L’unica cosa che sono riuscito a fare è stato studiare per la patente. Ho preso la patente a 26 anni.

Congratulazioni! Però, in un certo senso, in questi mesi ti sei contaminato, scrivendo anche per altri artisti.
Mi piace, ma non lo faccio spesso. Le mie canzoni cantate da altri artisti non sono mai state studiate. Prima le ho scritte e poi ho pensato che fossero giuste per gli altri. Ma non era il mio obiettivo. È un’attività parallela al mio lavoro. Mi piace molto. Considera che, in quest’anno e mezzo di pandemia, non mi vergogno a dire che economicamente mi ha sostenuto il pezzo di Elodie (Margarita, ndr). Al di là di queste soddisfazioni economiche, è una soddisfazione pensare che un pezzo che avevo scartato – convinto che non andasse da nessuna parte – è stato un successo. Mi fa piacere.