Si intitola ‘Mal di Gola’ il nuovo singolo dei The Kolors e Stash ce lo racconta parlandoci di synth, anni ’80 e bellezza dell’ignoto.

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Venerdì 29 gennaio esce il nuovo singolo dei The Kolors, Mal di Gola (Island Records), che arriva dopo Pensare Male, Los Angeles e Non è Vero. Se con il nuovo brano la band continua la propria esplorazione nelle sonorità degli anni ’80, è altrettanto vero che Mal di Gola rappresenta un nuovo inizio.

Scritta da Stash insieme a Davide Simonetta, Simone Cremonini e Alessandro Raina, la canzone vanta la produzione dello stesso Stash insieme ai Daddy’s Groove. E nasce dall’amore di Stash per uno specifico synth, come ci ha raccontato l’artista.

«Il progetto Mal di Gola ha una cura estrema nei dettagli. – ci racconta Stash – Vogliamo mantenere anche per noi stessi una coerenza con quello che abbiamo da dire. Mal di Gola nasce in maniera diversa, perché è un brano nato piano e voce verso fine agosto. Nel frattempo ho fatto un po’ di eventi la scorsa estate e poi sono tornato, ero in macchina e ho riascoltato il pezzo. Mi son detto che andava sviluppato perché me lo stavo immaginando già con un suono diverso».

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«In quei giorni – continua a raccontarci Stash – avevo trovato, durante le mie ricerche di annunci online, un synth che conosco bene e che cercavo da tempo. L’ho trovato in vendita a poco e niente a Napoli. Parlo del DX7 Yamaha, che credo sia stato l’inizio dell’arrangiamento di Mal di Gola. Ho iniziato a studiare quella sintesi FM, nei suoi suoni senti tutte le produzioni degli anni ’80. Abbiamo preso quella direzione».

La citazione anche poco manifesta del mondo degli anni ’80 inizia per i The Kolors con Pensare Male e Los Angeles, ma con Mal di Gola «non ci siamo affidati a nessuna libreria di suoni, che hanno pattern abbastanza prestabiliti. – precisa Stash – Qui c’era bisogno della ricerca vera di un suono».

Il riferimento a Quincy Jones e a un album come Bad di Michael Jackson per Stash è scontato. Quei suoni dettarono, di fatto, «la produzione artistica di quegli anni». Non è, tuttavia, esclusivamente una questione di sonorità. L’approccio ai suoni diventa un’attitudine, capace di definire l’identità artistica stessa della band.

«Non seguire alcuni trend, come quello di fare velocemente una hit con cui fare numeroni, potrebbe essere considerata una scelta sbagliata. Ma noi preferiamo le Stratocaster ai MacBook, ed è quello che ci interessa di più in questo momento. Ci interessa più comunicare qualcosa, lanciare il nostro messaggio e far passare la nostra identità artistica piuttosto che accumulare altri dischi di platino».

E così anche Mal di Gola diventa «un nuovo inizio, dopo un anno così tosto per gli artisti in generale. Sono sicuro che non sarà tanto in discesa tra qualche mese, si ripartirà piano piano».

Mal di Gola, la dimensione live e la «bellezza dell’ignoto» secondo Stash

Nell’immersione totale all’interno della ricerca sonora, ai The Kolors è venuta chiaramente a mancare la controparte della dimensione live.

«Quest’estate – ci dice Stash – abbiamo fatto dei concerti con il limite di mille persone. Vederle sedute a un concerto rock è stato forse più frustrante di stare a casa e dire Un giorno torneremo. Nello stesso tempo mi sono reso conto che quello è un segnale che bisogna lanciare, è la ripartenza. Si riparte sempre da uno».

Nello stesso tempo, però, i The Kolors hanno «usato questo periodo per scrivere il più possibile, concentrandoci tanto anche solo sulla scrittura di un accordo».

«Ora abbiamo tempo e l’abbiamo usato per buttare fuori tutto il materiale possibile. Abbiamo tante canzoni da tirare fuori».

«Viaggiare in altri mondi in questo momento è stata la nostra fortuna nella sfortuna. – conclude Stash – Secondo me non ci fa così male pensare a quello che si è e che si vuole. Nel quotidiano è importante trovare un po’ di tempo per sé». La «bellezza dell’ignoto», come la definisce Stash, non è mai stata così avvincente.

«Tutto quello che mi aspettavo e che avevo immaginato non è così bello. Ho capito che non te lo godi. Quando ti tuffi in un mondo di cui non conosci nulla, è la cosa più bella».