A vent’anni di distanza dalla sua uscita, ‘Groovy!’ dei The Poets torna come nuovo sulle piattaforme digitali. L’intervista a Matteo Cincopan.

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Dall’uscita di Groovy!, secondo album dei The Poets, sono trascorsi ormai vent’anni. Un’occasione più che ghiotta per celebrare l’anniversario e, soprattutto, dar vita a una rimasterizzazione delle tracce. Il remastering è stato affidato a Matteo Cincopan, chitarrista del gruppo, e i brani – nella loro nuova veste – sono già disponibili sulle piattaforme streaming.

«Groovy! è un album a cui teniamo moltissimo. – ci dice Matteo – Lo abbiamo registrato in autoproduzione e, grazie a quest’album, abbiamo avuto il primo contatto con una casa discografica. Da gruppo di amici in cantina siamo diventati qualcosa di più serio. L’abbiamo registrato in una casa sull’Appennino, chiusi per dieci giorni in uno stanzone. Ne siamo usciti con le canzoni che hanno formato Groovy!».

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«Ogni epoca ha i suoi alti e i suoi bassi. Bologna alla fine degli anni ’90 era viva e variegata. Solitamente non si correva il rischio di pestare i piedi a qualcuno, c’era spazio per tutti. Per nostra fortuna siamo arrivati a Roma. Ed è stato l’inizio di un’altra storia».

Il periodo di attività dei The Poets va dal 1999 al 2004. In questo arco di tempo, il gruppo ha pubblicato quattro album e un EP. Groovy! – in particolare – venne registrato nellʼestate del 2000 e attirò lʼattenzione di Massimo del Pozzo, per la cui etichetta i The Poets iniziarono a registrare lʼanno seguente.

«Avevamo un registratore a quattro piste. – ci racconta Matteo – Nel 2000 era già una tecnologia obsoleta, ma eravamo un gruppo underground. Il sistema però teneva separate le sorgenti sonore e quindi oggi abbiamo potuto digitalizzare ogni strumento. Abbiamo remixato l’album da zero. Gli abbiamo rifatto il vestito, ogni suono è stato trattato e ottimizzato. Si sente. L’analogico ha il suo fascino, ma ha anche dei limiti. Il digitale li mette tutti in evidenza».

Matteo Cincopan, i The Poets e l’evoluzione della musica in 20 anni

Che effetto fa, però, riascoltarsi e modernizzarsi vent’anni dopo l’uscita di un album? «Ti rendi conto che era una tappa della tua vita. – ci dice Matteo Cincopan – All’epoca mi sembrava di non poter dare più di così e mi viene da sorridere per l’ingenuità di certe cose. Mi son detto che ho fatto strada e ne sono felice. Certe cose però me le sarei risparmiate. I The Poets peccavano di ingenuità. Nel genere ci sta, ma oggi non potrei riproporle certe cose».

Eppure, Matteo si definisce un «grande estimatore delle sonorità anni ’60 e ’70» e ne ammira la riscoperta contemporanea.

«Credo che dipenda dalla percezione che uno strumento datato, già di per sé, abbia qualcosa da raccontare di suo. La musica è anche immagine, se pensi a Jimi Hendrix lo immagini con la Stratocaster e non con una chitarra a caso».

«La musica moderna è in evoluzione e il mercato discografico è molto cambiato ma non è una novità. – conclude Matteo – Siamo tornati ai 45 giri con la differenza che non sono fisicamente nel nostro panorama ma nel cyberspazio. Ora viene richiesta tanta sintesi, l’opera si è frazionata e i tempi si stanno riducendo».