Alioscia Bisceglia dei Casino Royale ci racconta ‘Quarantine Scenario’, un lungometraggio realizzato in quarantena e presentato al Contemporary Cluster.

Dai tempi bui e oscuri della quarantena, una intro di Alioscia Bisceglia – frontman dei Casino Royale – ha dato vita a una sequenza di note e versi che, attraverso un passaparola, è culminato in Quarantine Scenario, un lungometraggio sperimentale con le immagini di Pepsy Romanoff.
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Presentato al Contemporary Cluster di Roma in anteprima (e presto in arrivo anche alla Triennale di Milano), Quarantine Scenario solleva i veli delle solitudini e dei drammi dell’isolamento gettando nuova luce sulle ombre del lockdown. «Una connessione nel silenzio delle strade e nel caos dei nostri pensieri» per dirlo con le parole di Alioscia e, di fatto, le musiche di vari artisti e musicisti si sovrappongono nel video creando distorsioni e continuità, legati da un’unica origine e da un’unica fonte.
«Sono stato blindato in casa 41 giorni e non sono abituato a stare da solo. – ci racconta subito Alioscia – Sono un animale sociale e da solo sono un po’ in pericolo. Ho cercato di essere positivo, poi è arrivato il panico e il vuoto totale. A un certo punto avevo questa traccia in canna di un EP che uscirà ad ottobre e ho voluto capire come stessero gli altri. Ho pensato di condividere questo messaggio di aiuto e, da amico a amico, ho visto che i feedback erano positivi. Il progetto ha preso forma in modo spontaneo, passando da telefono a telefono. Ora c’è qualcosa prodotto in questo spazio-tempo che resterà una condivisione di un mood emotivo e una testimonianza».
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«Le varie forme musicali sono molto differenti – continua a spiegarci Bisceglia – perché ho chiesto a tutti di non usare la voce e ognuno ha fatto il suo viaggio. Sono istantanee emotive trovatesi per il bisogno di stare insieme. Quando ne ho parlato con Pepsy Romanoff, abbiamo capito che mancava qualcosa di visivo. E lui ha tirato fuori immagini di repertorio dai suoi viaggi, raccolte senza neanche sapere cosa farne. Per lui è stata una liberazione, quasi catartico poter lavorare così liberamente».
«Io faccio cose per urgenza. La definizione di arte mi spaventa perché se entri in quel perimetro di definizione cambiano i parametri. Definirei Quarantine Scenario come una testimonianza socio-antropologica. È un lungometraggio oscuro perché c’è tensione, ma c’è anche tanta luce. È un noi che parla».
«Alla fine ognuno di noi deve fare riflessioni allargate e, nel suo piccolo, deve mettere in moto la propria energia. – conclude Alioscia – Le vibrazioni sono contagiose. Credo che la gente sia più disponibile per necessità, che poi è l’anticamera della disperazione, a mettersi in gioco. Quel testo è un messaggio che ho ricevuto, non da una persona fisica, ma registrando flussi di voce. Avevo questa registrazione dal 2016 e per tanti anni ho evitato di usarla, non volevo finire nel cliché del new age perché non è un immaginario mio. È una riflessione profonda in una situazione urbana incasinata e paranoica. Abbiamo urgenza e bisogno di altro. Il contenuto del messaggio alla fine ha vinto».