Il 29 novembre Jacopo Mandich porta al LimboStudio ‘Apollisiaco’, tra sculture–canidi, paesaggi mentali e installazioni immersive.
Dopo Abstract Cartoons, il progetto Hearth ideato da Fabio Maietta e Vittorio Giordano torna a Caserta con una nuova incursione artistica che ne amplia la missione. Ovvero, portare l’arte fuori dai confini canonici, trasformandola in esperienza viva e attraversabile. Sabato 29 novembre alle 18, negli spazi del LimboStudio (Piazza della Seta 8 a San Leucio), sarà protagonista Jacopo Mandich, che presenta la mostra-evento Apollisiaco.
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L’allestimento mette in frizione due archetipi estetici contrapposti: l’apollineo, legato all’ordine e alla forma, e il dionisiaco, simbolo dell’istinto, dell’ebbrezza e dell’energia primordiale. Questi poli opposti, nella rilettura di Mandich, non cercano una sintesi rassicurante, ma convivono in un equilibrio instabile e vibrante. Dove la razionalità resta sempre sul punto di cedere al caos e viceversa.
Il percorso, curato da Maietta, diventa così un’indagine sul confine poroso tra controllo e perdita di controllo, tra la scultura come disciplina e la vita come impulso indomabile. Formatosi in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma, Mandich presenta per l’occasione il Jackal Project, installazione modulare e itinerante che trasforma il LimboStudio in un paesaggio urbano interiore.

A popolarlo sono figure zoomorfe simili a canidi, creature marginali e luminose che sembrano emergere dagli interstizi della città così come dai recessi della coscienza. Appaiono grottesche e familiari allo stesso tempo, come incarnassero i fantasmi della vita quotidiana: pensieri rimossi, ferite sociali, rancori latenti. La loro presenza altera la percezione dello spazio, aprendo varchi su quei territori che la società preferisce ignorare: colpa, ingiustizia, disuguaglianza. È un’immersione nell’inconscio urbano, una chiamata a riconoscere ciò che sopravvive sotto la superficie del vivere comune.
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L’esperienza prosegue con Nuvola Quantica, installazione immersiva che porta lo spettatore in una stanza completamente buia, dove l’unica luce è quella del proprio cellulare. Ispirata alla teoria dell’indeterminazione delle particelle, l’opera evoca una forma frattale che sembra oscillare tra presenza e dissoluzione.


Ogni visitatore diventa dunque parte integrante di questo processo, generando riflessi e proiezioni che si intrecciano con quelli degli altri, deformando lo spazio e modificandone continuamente i contorni. È un ambiente che si costruisce e si disfa a seconda di chi lo attraversa, un organismo percettivo in costante mutazione.