La nuotatrice Silvia Di Pietro riflette sul corpo femminile come spazio di potere e consapevolezza durante ‘Un altro genere di leadership’, a Roma.
«Il mio corpo non è un corpo da uomo, ma un corpo da donna forte.»
Con queste parole la nuotatrice Silvia Di Pietro ha aperto una riflessione lucida e potente sul corpo femminile, durante la seconda edizione di Un altro genere di leadership, l’iniziativa ideata da Chiara Sbarigia, presidente dell’APA – Associazione Produttori Audiovisivi, e inserita all’interno di Fuori Sala, il nuovo concept di Alice nella Città.
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L’incontro, moderato dalla giornalista Alessia Cruciani all’Hotel Hassler di Roma, ha riunito tre protagoniste d’eccezione — le nuotatrici Simona Quadarella e Silvia Di Pietro, e l’attrice, regista e sceneggiatrice Michela Cescon — per discutere di corpo, sguardo e rappresentazione in una società che continua a leggere la fisicità delle donne come eccezione o come limite.

Il corpo come linguaggio di forza: la riflessione di Silvia Di Pietro a Un altro genere di leadership
«Essere sempre in costume è una cosa che in realtà si dà per scontata. Un’adolescente che cresce e ogni giorno si mostra quasi nuda: ecco, è un aspetto da non sottovalutare», ha raccontato Di Pietro. «Abbiamo visto il nostro corpo trasformarsi e cambiare anche sotto gli occhi di tutti, non è facilissimo. Nel mio caso è stato un percorso sereno, ma ci sono compagne che hanno vissuto disturbi alimentari. Fin da bambine siamo sottoposte a una certa pressione».
Le sue parole spostano il discorso dall’ambito sportivo a quello simbolico: il corpo femminile, esposto, giudicato, allenato, diventa una superficie su cui si proiettano aspettative e stereotipi, ma anche un territorio di autodeterminazione. «All’inizio l’attenzione sul mio corpo non mi piaceva. Poi ho capito che ci permette di fare cose eccellenti, di esprimerci, di raggiungere risultati. Probabilmente avere più modelli di donne atlete può cambiare anche la visione del corpo: non un corpo da uomo, ma un corpo da donna forte, atleta».
In un’epoca in cui l’immagine domina lo spazio pubblico — dai social ai media —, la riflessione di Di Pietro tocca un punto cruciale: ripensare il corpo come linguaggio di libertà, non come misura estetica o di confronto. Un messaggio che attraversa lo sport, ma parla anche all’arte, al cinema e alla società. Perché la leadership, oggi, passa anche dalla consapevolezza di come si abita il proprio corpo.