La direttrice Rosa Martínez anticipa temi e sfide della Malta Biennale 2026: arte, politica e Mediterraneo al centro del progetto CLEAN | CLEAR | CUT, «contro il frastuono della scena contemporanea».

La seconda edizione della Malta Biennale inaugurerà a marzo 2026 con la direzione artistica di Rosa Martínez. Il titolo dell’evento – organizzato da Heritage Malta – è CLEAN | CLEAR | CUT: pulire, chiarire, tagliare. Una dichiarazione di intenti da parte della Biennale, che si propone come un faro per l’arte contemporanea, soprattutto nel vivido e complicato bacino Mediterraneo. Di questo e molto altro abbiamo discusso proprio con Rosa Martínez.

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Malta Biennale 2026: intervista a Rosa Martínez

CLEAN – CLEAR – CUT: tre parole molto forti e pungenti. In che modo verranno tradotte nell’attesa seconda edizione di Malta Biennale? 
«Le tre parole che formano il titolo della seconda Malta Biennale sono tre verbi. Sono una call to action, un invito a fuggire in modo critico dalla tossicità ideologica e dal manierismo artistico che pervade la scena contemporanea. Il buonismo di tante mostre tematiche dedicate all’ecologia, le teorie post-coloniali o le disuguaglianze di genere e sociali finiscono per definire esposizioni che sono decorative, ma fanno molto poco per trasformare la coscienza collettiva. Lo scopo di Malta Biennale 2026 è aiutare a pulire, distinguere e attraversare il frastuono che popola la scena contemporanea. Vogliamo dunque rivelare e fare proposte trasformative. Senza dimenticare che l’arte è un linguaggio e che aiuta, ovviamente, anche a cercare la bellezza e il piacere estetico».

In che modo la sua esperienza in altre Biennali internazionali sta influenzando il suo approccio curatoriale per questo evento?
«Le Biennali sono diventate una tipologia specifica di esposizioni che si è adattata molto bene a questa nuova fase di globalizzazione economica e culturale del pianeta. Aver girato in questo circuito per decadi – sia come curatrice che come direttrice artistica, ma anche come osservatrice critica – mi ha dato una prospettiva privilegiata da cui osservo in che modo le produzioni culturali circolano e in che modo traducono lo spirito di un’epoca. Le città di tutto il mondo sono alla ricerca di questo tipo di eventi proprio per favorire dialoghi trans-nazionali e trans-generazionali, che possano gettare una luce sul loro contesto artistico, culturale e anche sul loro patrimonio.

Malta Biennale 2026

Tutto ciò, con in più il desiderio di spingere l’economia locale attraverso un turismo di qualità. Questo è esattamente il contesto di Malta Biennale. L’elemento che la differenzia è che Malta offre il suo straordinario patrimonio storico come contesto per analizzare problemi rilevanti del presente. Uno degli obiettivi della Biennale è focalizzarsi sull’area geopolitica del Mediterraneo. Anche io sono una donna del Mediterraneo e sono direttamente coinvolta nell’analisi e nell’esaltazione della nostra tradizione culturale, così come nelle tensioni politiche che si intersecano in quest’area del pianeta».

Qualità e luoghi storici

Quali criteri guideranno la selezione di artisti e progetti per questa edizione?
«Potrei risultare molto criptica, e nello stesso tempo molto precisa, nel dire che il criterio fondamentale nella scelta dei lavori sarà la loro qualità. Ma cosa intendiamo con qualità? C’era un artista afro-americano che negli anni ‘70 del secolo scorso disse che la qualità è un concetto di esclusione. Forse era vero all’epoca, quando il canone era definito dall’essere bianco, uomo, occidentale. Oggi la nozione di qualità si è espansa oltre i confini classici del canone occidentale, includendo nuove voci e altri ritmi estetici nel concerto estetico e ideologico.

Malta Biennale

Personalmente, intendo la qualità come una strutturazione linguistica innovativa di vocabolari personali e come una presa di posizione ideologicamente critica nei confronti dei sistemi di potere consolidati. Con questa sintesi radicale intendo dire che il canone globale che circola su internet — una sorta di lingua franca — porta a vedere lo stesso tipo di proposte in qualunque città del pianeta. Un artista non può sfuggire ai linguaggi del proprio tempo, ma può essere mediocre oppure eccellente. A Malta, noi cerchiamo l’eccellenza».

La Biennale si svolgerà in luoghi storici come Malta e Gozo. Come intende integrare l’arte contemporanea in questi contesti carichi di storia?
«Vedo i contesti paesaggistici, i monumenti e i siti storici delle isole come segni impregnati di un significato che attraversa i secoli. La decodifica critica della storia e la sua reinterpretazione attraverso le nuove prospettive offerte dal pensiero e dall’arte contemporanei rappresentano assi fondamentali per articolare la Biennale. Un esempio emblematico è il Palazzo dell’Inquisitore, dove vorrei che gli artisti portino alla luce molte delle cose che i controllori del sapere e del potere hanno cercato — e cercano tuttora — di sorvegliare e punire.

Inquisitor’s Palace – Foto: Shutterstock

Si dice che l’Inquisizione romana, a cui Malta era legata, fosse meno dura e cruenta di quella spagnola, ma il filosofo Giordano Bruno subì comunque il taglio della lingua (fu bruciato vivo a Piazza dei Fiori, Roma, nel febbraio del 1600 e gli fu messa una mordacchia così che non parlasse, ndr)».

Arte, isole e Mediterraneo: i focus di Malta Biennale 2026

Ha già collaborato con Malta in passato, ad esempio con Constellation Malta nel 2018. In che modo queste esperienze influenzano la sua visione per la Biennale 2026?
«La mia collaborazione con la capitale culturale La Valletta nel 2018 si è concretizzata nell’organizzazione della mostra di chiusura, un evento diffuso su più sedi che ha coinvolto le tre isole dell’arcipelago. Il processo di ricerca che l’ha preceduta è stato molto intenso e mi ha permesso di esplorare sia i paesaggi naturali che i luoghi di rilevanza storica delle isole. Poter tornare oggi nei musei e nei monumenti protetti da Heritage Malta mi ha consentito di approfondire ulteriormente quell’esperienza. Malta è un pozzo senza fondo di storie affascinanti, un luogo strano e bellissimo come nessun altro, dove diversi popoli — coloni, invasori o dominatori — hanno lasciato segni indelebili».

Quali sono le principali sfide nell’organizzare una biennale in un contesto insulare come quello di Malta?
«Non c’è una sfida particolare legata al carattere insulare. Anche Venezia è un’isola. La vera sfida risiede nella struttura organizzativa: a Venezia è consolidata, mentre a Malta è ancora molto giovane. Tuttavia, il desiderio di entrare nei circuiti rilevanti della scena contemporanea compensa le difficoltà, permettendo di offrire una proposta unica».

Come vede il ruolo di Malta Biennale nel panorama artistico internazionale e nella promozione del dialogo culturale nel Mediterraneo?
«Malta Biennale è nata da una volontà politica di internazionalizzare il Paese, e rappresenta uno strumento adeguato a questo scopo. Tuttavia, dare forma a una biennale richiede un processo organizzativo strutturale che, al momento, Malta non possiede ancora pienamente. La realizzazione della seconda edizione della Biennale avrà senso se contribuirà a consolidare una piattaforma seria e un team forte e professionalizzato, in grado di garantirne la continuità nel tempo. Credo che Malta abbia tutti gli elementi per diventare un punto di riferimento nei dialoghi culturali del Mediterraneo, e spero — con la mia esperienza — di contribuire al suo prestigio e alla sua affermazione».

Disuguaglianze sociali e il futuro di Malta per l’arte

Ha dichiarato: «Il divario tra ideali politici ed estetici proclamati e la costruzione di realtà fittizie definisce le condizioni per una nuova forma di schiavitù globale». In che modo la Biennale affronterà temi contemporanei come le disuguaglianze sociali, l’ambiente e la giustizia globale?
«Nella maggior parte delle biennali vedo prevalere una superficialità decorativa sulla volontà critica. Credo invece che l’arte debba contribuire a generare consapevolezza politica sulle disuguaglianze e sulle strutture di sfruttamento del mondo in cui viviamo. Dobbiamo mettere in discussione gli esercizi di potere e di dominio che schiavizzano metà dell’umanità — e mi riferisco già solo alle donne.

La Valletta – Foto: Shutterstock

Per questo sono contraria ai movimenti che criminalizzano l’aborto, soprattutto quando poi quegli esseri umani che vengono fatti nascere possono essere strumentalizzati e mandati a morire in guerra. La filosofia politica della guerra e del dominio ci ha portati verso un mondo sempre più ingiusto e irrazionale, governato da psicopatici narcisisti e ipocriti. Una biennale può e deve fare la sua parte per cercare di cambiare questa situazione».

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Può darci qualche anticipazione sui progetti o artisti coinvolti nella prossima edizione?
«È ancora troppo presto. Abbiamo ricevuto più di 3000 proposte attraverso la call aperta, e la revisione è un esercizio complesso. Soprattutto quando molte di esse si basano sull’intelligenza artificiale per elaborare i concetti, e poi le proposte artistiche risultano linguisticamente e stilisticamente molto deboli».

Quali sono le sue aspettative sull’impatto della Biennale sulla scena artistica locale e internazionale?
«Confido nel fatto che riusciremo a creare un centro magnetico di attrazione verso Malta attraverso la Biennale. Già solo avere a disposizione gli straordinari siti di Heritage Malta e uscire dalla logica del white cube rappresenta una differenza significativa. E sfidare gli artisti a proporre dialoghi significativi tra passato e presente sta generando un’energia eccellente, che ci spinge ad andare un po’ oltre ciò che vediamo altrove».

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