In Germania gli intersessuali sono finalmente stati riconosciuti dalla legge. Ma la loro battaglia è appena cominciata fuori dalle aule dei tribunali, dove si scontra contro il muro del pregiudizio

Nel mondo ci sono alcune persone che vengono indicate con il termine ombrello di “intersex”, una parola che descrive una larghissima varietà di condizioni sessuali e di genere che non possono essere ricondotte in maniera precisa nella definizione binaria di “maschio” e “femmina”. A indicarlo è la loro stessa anatomia: sono spesso persone che nascono con caratteri riproduttivi non chiari, che rappresentano entrambi i sessi e che per questo si ritrovano a vivere una sensazione di forte disorientamento. Talvolta di inadeguatezza.

Parliamo di persone che nascono con organi riproduttivi sia maschili che femminili e alle quali, a pochi giorni dalla nascita, viene spesso imposta una scelta da parte di medici o genitori, eliminando con un’operazione i caratteri sessuali indesiderati. Si tratta di un tipo di chirurgia che agisce in maniera coattiva sul corpo inerme di un innocente senza libertà di scelta, qualcosa di estremamente violento. E sulla cui utilità si dubita oramai diffusamente, tanto è vero che il movimento intersex chiede da anni di sospendere ogni forma di chirurgia di riconversione su bambini e bambine.

Una richiesta accettata dalla comunità medica europea, che consiglia di posporre le decisioni che riguardano le operazioni chirurgiche irreversibili dall’infanzia ad un momento nel quale l’individuo sia cosciente della propria sessualità e delle conseguenze delle proprie scelte.

Tanti scoprono di essere intersex solo dopo la pubertà

Non è raro infatti ritrovare persone che, durante la pubertà e l’adolescenza, scoprano di essere intersex senza nulla conoscere della loro storia. Semplicemente, si ritrovano ad essere all’interno di un corpo che non li rappresenta, né come maschi né come femmine. Qualcosa di completamente diverso rispetto all’omosessualità e alla transessualità.

Secondo le Nazioni Unite, uno strato della popolazione mondiale che va dallo 0.5% all’1.7% appartiene a questa condizione, spesso in maniera estremamente silenziosa, talvolta inconsapevole. Ma queste persone non sono degli alieni e spesso hanno soltanto bisogno di prendere consapevolezza di sé stessi, di accertarsi e farsi accettare.

Gli intersessuali non sono degli alieni

Il movimento intersex lotta affinché questa condizione venga riconosciuta dalla società, che possa arrivare a capire che esistono persone che vivono oltre la definizione binaria di sesso e genere, che possa riuscire ad accettare le persone intersessuali per quello che semplicemente sono.

In Germania il primo riconoscimento UE per gli intersex

A riguardo, si è mosso qualcosa in Germania, primo paese dell’UE ad aver riconosciuto la definizione di intersex. Dal 1° gennaio 2018 i tedeschi possono registrare i propri figli come “maschio”, “femmina” o “divers”, che in lingua teutonica significa “vario” o “misto”.

Una legge nata dopo una decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe, che ha obbligato il Parlamento a intervenire a riguardo dopo la lunga battaglia legale portata avanti da Vanja, una persona intersex registrata come femmina alla nascita ma che nel corso della vita si è ritrovata a sviluppare caratteri maschili.

Oltre alla Germania, altri paesi permettono opzioni gender-neutral all’anagrafe, tra cui Danimarca, Maltae Paesi Bassi, ma anche Argentina, Canada, India, Nepal, Nuova Zelanda e gli Stati USA di California e New York. Nell’elenco è possibile inserire anche due paesi islamici, il Pakistan e il Bangladesh. Come la Germania, l’Australia è invece arrivata ad un riconoscimento legale del ‘terzo genere’ tramite una sentenza della sua Corte Suprema.

“Non è una decisione della Corte a dare mandato all’accettazione sociale”

Tornando proprio ai nostri vicini di Berlino, la legge che riconosce la possibilità di registrare un bambino come “divers” è stata accolta come una “piccola rivoluzione” dalle associazioni per i diritti intersex, è soltanto il primo passo.

Non è una decisione della Corte a dare mandato all’accettazione sociale”, ha rivelato la stessa Vanja all’epoca della sentenza ai microfoni della CNN.

A questo punto, infatti, la sfida esce dai tribunali e dalle aule di Parlamento e si cala nella realtà quotidiana, dove si trova ad affrontare un nemico molto più forte: il pregiudizio e la paura di accettare qualcosa che esce dagli schemi ai quali siamo abituati.