‘White Entropy’ di Jacopo Di Cera arriva a Malpensa con una selezione fotografica e un’installazione. Ce ne parla il curatore Massimo Ciampa.

La montagna che non si lascia solo osservare, ma che osserva lei stessa l’uomo, restituendogli l’immagine di ciò che siamo diventati. È questa l’idea che anima White Entropy, nuova mostra di Jacopo Di Cera curata da Massimo Ciampa, che fino al 31 marzo 2026 trasforma l’area PhotoSquare dell’Aeroporto di Milano Malpensa in un luogo di contemplazione inatteso. Quasi un rallentamento dentro il ritmo frenetico di uno dei più grandi hub internazionali italiani.

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Di Cera prosegue così il percorso di ricerca zenitale che lo ha portato a osservare dall’alto città e paesaggi in giro per il mondo approdando ora alle montagne italiane, che diventano protagoniste assolute di un lavoro sospeso tra arte, fotografia e riflessione ambientale. Dall’Alpe di Siusi al Monte Bianco, dalla Val di Fassa alla Val Badia, passando per Roccaraso, Cortina d’Ampezzo e Madonna di Campiglio, il progetto – inserito nell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026 – indaga il rapporto fragile e sempre più sbilanciato tra uomo e natura.

Il bianco, simbolo di purezza e silenzio, incontra l’entropia, metafora della perdita e della trasformazione. E la montagna, da luogo di sport e conquista, diventa un corpo vivente, un testimone silenzioso del nostro passaggio, del nostro peso, della nostra responsabilità.

White Entropy di Jacopo Di Cera - installation view - Foto di Luca Pompei_10
Foto di Luca Pompei da Ufficio Stampa

La lettura del curatore: dalla sacralità al degrado

Nel raccontare il progetto, il curatore Massimo Ciampa spiega la struttura narrativa della mostra:
«Il lavoro di Jacopo Di Cera è una narrazione visiva che affronta temi specifici, in particolare l’impatto ambientale e lo scioglimento dei ghiacciai. È articolato in due fasi: la prima è una mostra fotografica che racconta la vita della montagna. La seconda è un’installazione dedicata al Monte Bianco, composta da un’immagine zenitale e da una versione a pavimento, calpestabile».

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Il percorso, spiega Ciampa, ha una sua drammaturgia interna «che parte dalla montagna come elemento inviolato. Diventa un simbolo, quasi una presenza sovrannaturale, un Dio o l’universo stesso, da rispettare».

Ma questo equilibrio iniziale viene progressivamente eroso dalla presenza umana. «Nella seconda fase compare una piccola presenza umana, inizialmente gentile, quasi venerante. Questa presenza però cresce nella terza parte, diventa massiccia, poi preponderante, fino a diventare violenta. È qui che inizia la genesi del degrado. L’uomo prende il sopravvento sulla natura, smette di rispettarla. La montagna diventa un elemento consumistico, qualcosa da sfruttare».

Lo scarto narrativo diventa ancora più netto nella sezione centrale. «Segue una sezione con immagini tratte da una corsa automobilistica in alta quota, che assumono un forte valore simbolico: rappresentano l’accelerazione del processo di disgregazione della natura causato dall’uomo». E il percorso si chiude come una lunga ferita luminosa. «È l’epilogo: fotografie di una fiaccolata, tante piccole luci viste dall’alto che sembrano ferite aperte sul corpo della montagna, pulsazioni luminose che segnano la sua sofferenza».

L’installazione che si consuma sotto i passi: il Monte Bianco a pavimento

Accanto alla mostra fotografica, Di Cera presenta un’installazione che diventa il cuore concettuale del progetto. Una grande immagine zenitale del Monte Bianco, riprodotta a pavimento, destinata a consumarsi lentamente nel corso dei quattro mesi di esposizione. Ciampa spiega il senso di questo gesto.

«Non vuole raccontare o dare risposte, né porre domande dirette. Vuole far scattare nel visitatore una percezione, un senso di consapevolezza. La mostra resterà allo Spazio Espositivo per quattro mesi. In questo periodo la fotografia a pavimento sarà calpestabile e verrà realmente calpestata dai visitatori, compresi molti atleti delle Olimpiadi invernali».

White Entropy di Jacopo Di Cera - installation view - Foto di Luca Pompei_1

E proprio l’usura diventa parte dell’opera. «Questo processo fisico richiama ciò che l’uomo ha fatto alla natura: lo scioglimento dei ghiacciai e l’impatto ambientale non sono stati eventi improvvisi, ma un’erosione lenta e costante. Allo stesso modo, l’immagine si consumerà gradualmente sotto i passi delle persone».

Alla fine, l’obiettivo è uno solo: «far emergere nel visitatore una consapevolezza: quella di ciò che abbiamo fatto e continuiamo a fare alla natura».

White Entropy di Jacopo Di Cera
A cura di Massimo Ciampa
Fino al 31 marzo 2026
Spazio espositivo PhotoSquare all’interno dell’Aeroporto di Milano Malpensa – Terminal 1

Ingresso libero

Foto di Luca Pompei da Ufficio Stampa

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