Il treno – nell’immaginario collettivo – in 150 anni di storia ha cambiato senso e significato: da simbolo di innovazione tecnologica a mezzo di trasporto pratico e familiare, da oggetto manifesto di transizione paesaggistica a portavoce dell’ecosostenibilità. Un viaggio che – dal 7 novembre e fino all’11 gennaio – viene raccontato dalla mostra Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro, promossa e organizzata da VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e dal Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
Le Ferrovie d’Italia: al Vittoriano una mostra tra arte, storia e tecnologia
Allestita presso la Sala Zanardelli del Vittoriano e nel Giardino grande di Palazzo Venezia, l’esposizione si inserisce nelle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905, e si divide in quattro sezioni che seguono un ordine rigorosamente cronologico. La mostra si articola infatti in quattro grandi sezioni, a cui si affiancano un percorso immersivo e uno didattico. La prima sezione (1861–1904) ripercorre la complessa trasformazione delle reti ferroviarie regionali in un vero e proprio sistema nazionale, simbolo dell’Italia appena unita.
La seconda (1905–1944) è dedicata all’età della gestione statale, con la nascita delle Ferrovie dello Stato, le innovazioni tecniche, l’impiego politico e militare dei treni e il loro ruolo durante il regime fascista e la Seconda guerra mondiale. La terza sezione (1945–1984) pone al centro la ricostruzione postbellica, il boom economico e l’importanza del treno come motore delle grandi migrazioni interne e del pendolarismo quotidiano. La quarta (dal 1985 a oggi) guarda all’era dell’Alta Velocità, della digitalizzazione e delle nuove sfide legate alla sostenibilità, aprendo lo sguardo sul futuro della mobilità.
Accanto al percorso storico, la sezione immersiva, allestita sempre nella Sala Zanardelli, permette al pubblico di vivere il racconto in chiave emotiva e multisensoriale, grazie alle più avanzate tecnologie digitali. Nel Giardino grande di Palazzo Venezia si trova invece l’area didattico-dimostrativa, dove due imponenti riproduzioni in scala del Settebello e dell’Arlecchino celebrano le icone del design ferroviario italiano del dopoguerra.
Dalla pittura al design: l’arte che racconta i treni
«Siamo partiti da un’idea, e cioè che le ferrovie non siano solo uno strumento per portare persone e merci, ma molto di più. – spiega Edith Gabrielli, curatrice e Direttrice generale del VIVE – Siamo partiti da una frase illuminante di Cavour negli anni ‘40 dell’800. Abbiamo voluto rappresentare le ferrovie come un grande fenomeno sociale e culturale, quindi illustrarne bene il ruolo che hanno avuto nel processo di unificazione e nella definizione dell’identità nazionale. Perché tuttora le ferrovie contribuiscono a definire queste identità e, nello stesso tempo, ne sono uno specchio tra i più fedeli».
La frase a cui la curatrice Gabrielli si riferisce è la seguente: Ma più di ogni altra riforma amministrativa, la realizzazione delle ferrovie contribuirà a consolidare la conquista dell’indipendenza nazionale. Spicca – a fine percorso – sulla parete dietro la maestosa Locomotiva di Eliseo Mattiacci, esempio in ferro di arte povera del 1965. È solo uno dei tanti mondi artistici presenti in mostra che, negli anni, hanno tentato di rappresentare le ferrovie sia nella loro forma estetica che nella loro profonda influenza sul tessuto sociale italiano. «Strumenti diversi – come dice la Gabrielli – e per certi versi innovativi».
L’arte che racconta la storia
«Il Vittoriano e Palazzo Venezia sono convinti ormai da anni – continua – che l’arte sia uno strumento efficacissimo per raccontare a tutti la storia del nostro paese. Gli artisti, prima e meglio degli altri, capiscono determinati fenomeni e li colgono nella loro complessità. Nel caso in questione, ci sono pittori come De Nittis, de Chirico, Kounellis, ma anche letterati come Carducci e Starnone. Tutti hanno compreso il ruolo centrale delle ferrovie nella storia del nostro paese e lo hanno letto in tutta la sua complessità. Certo, il treno è un simbolo di progresso e di sviluppo, ma porta con sé anche tutte le contraddizioni che sono legate alla modernità».
Treni e società
La storia dell’Unità d’Italia e quella delle ferrovie corrono da sempre sullo stesso binario. È grazie ai treni che la geografia politica della penisola ha trovato una forma concreta: le linee ferroviarie hanno unito territori separati da secoli, favorito gli scambi economici e culturali, accorciato le distanze, creato nuove opportunità di lavoro e di mobilità sociale. Stazioni e binari non sono stati soltanto infrastrutture, ma luoghi simbolici di incontro e trasformazione, dove ha preso forma una nuova identità collettiva fatta di viaggi, pendolarismi, emigrazioni e ritorni.
Nel corso di oltre un secolo e mezzo, la ferrovia ha anche ispirato scrittori, pittori e registi, diventando una metafora potente della modernità: della velocità, del progresso e, talvolta, delle loro contraddizioni. Il Vittoriano, ideato nel 1878 all’indomani della morte di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, rappresenta il cuore simbolico della Nazione e il luogo ideale per raccontare questa storia. Gestito dal VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia, istituto autonomo del Ministero della Cultura, il complesso non è soltanto un monumento di memoria, ma uno spazio vivo di riflessione sui valori fondativi dell’Italia unita: la libertà, l’identità comune e l’idea di cittadinanza che oggi si rinnova in chiave democratica ed europea.
Dipinti, testimonianze materiali e sculture
Nella mostra si alternano dunque mezzi artistici differenti. Si inizia con la pittura di Salvatore Fergola che, nel 1839, immortalò l’inaugurazione della via Napoli-Portici, prima linea ferroviaria della penisola fortemente voluta da Ferdinando II. Non mancano quadri che attestano invece l’apertura della ferrovia ligure-subalpina Torino-Genova, realizzata con il totale contributo del governo sabaudo (e di Camillo Benso di Cavour, di cui in mostra c’è anche un busto di Ignazio Boggio). Due opere di Giuseppe De Nittis – Passa il treno (1869) e Incrocio di treni (1884) – mostrano più l’effetto del vapore e del passaggio dei vagoni sui paesaggi italiani. Gli artisti che hanno assistito alla nascita delle ferrovie in Italia erano chiaramente attratti dal loro aspetto innovativo, come attesta anche la produzione della scuola futurista (in mostra anche Umberto Boccioni con Stati d’Animo – Quelli che vanno del 1911).
La terza sezione – quella dedicata alla rinascita e alle contraddizioni degli anni 1945-1984 – si apre anche alla fotografia (come quella sociale di Letizia Battaglia e di Gianni Berengo Gardin), ma spiccano anche i De Chirico (Piazza d’Italia) o la video-performance Il treno di John Cage (1978). L’ultima sezione dà spazio invece al design e alle archistar, come testimonia il plastico della stazione ferroviaria di Napoli-Afragola realizzato da Zaha Hadid Architects o la campagna fotografica di Gabriele Basilico, su commissione. L’arte contemporanea arriva con le opere di Andrea Lelario (Taccuino d’artista II e Un racconto lungo un viaggio), recentemente entrati nella collezione della GNAMC.
Il percorso immersivo e la visione del VIVE
Non mancano testimonianze materiali, le sedute dei treni appartenenti a varie epoche e la stanza immersiva, vera chicca dell’esposizione. «Le nuove tecnologie non sono presenti solo nella Sala Immersiva ma, come vedrà, in tutto il percorso. – dice la curatrice – La Sala Immersiva è importante dal punto di vista museologico perché consente di rivivere in termini emotivi tutto ciò che si è appreso durante il percorso di visita della mostra. Ha una funzione museologica ben precisa. Sottolineo che è stata realizzata attraverso il nostro comitato scientifico, quindi con un estremo rigore filologico. Al tempo stesso abbiamo fatto ricorso a tutte le più moderne tecnologie proprio per essere capaci di offrire una esperienza effettivamente coinvolgente».
Un comitato di studiosi – tra cui Francesco Benigno (Scuola Normale Superiore), Lorenzo Canova (Università del Molise), Andrea Giuntini (Università di Modena e Reggio Emilia) e Stefano Maggi (Università di Siena) – ha infatti garantito la solidità storica e scientifica del progetto, affiancando la ricerca curatoriale a una riflessione sul ruolo delle ferrovie come specchio dell’identità nazionale. E in effetti, questa mostra ce lo ricorda con chiarezza: la storia delle ferrovie è la storia d’Italia.
Ogni binario ha unito luoghi, persone, destini. Ogni locomotiva ha trasportato non solo merci e passeggeri, ma speranze e cambiamenti. Dai treni degli emigranti a quelli del boom economico, dai convogli militari alle architetture futuristiche dell’Alta Velocità, la ferrovia ha attraversato un Paese intero, raccontandone silenziosamente le rivoluzioni. E in questo fluire continuo, tra arte e memoria, Le ferrovie d’Italia (1861–2025) ci invita a risalire sul treno della nostra storia per scoprire, forse, che stiamo ancora viaggiando nella stessa direzione: quella del futuro.
Foto Preview: SALVATORE FERGOLA – Inaugurazione della via Napoli-Portici. Napoli, 3 ottobre 1839- 1840. Olio su tela, 125 × 219 cm. Museo Reggia di Caserta, inv. 4077