Fino al prossimo 8 marzo il MAN Museo d’Arte della Provincia di Nuoro dedica una grande mostra a Franco Mazzucchelli, tra i protagonisti più radicali e visionari dell’arte italiana del secondo Novecento. Blow Up, questo il titolo dell’esposizione curata da Marina Pugliese in collaborazione con il MUDEC – Museo delle Culture di Milano, ripercorre oltre sessant’anni di ricerca. Attraverso opere, installazioni e documentazioni fotografiche che restituiscono la natura sperimentale, sociale e partecipativa del suo lavoro.
La mostra si inserisce nel percorso che il MAN sta sviluppando attorno ad artisti capaci di attivare la collettività. Trasformando lo spazio pubblico in luogo di relazione e di interrogando temi oggi centrali come sostenibilità, condivisione e uso consapevole delle risorse. In questo contesto, la pratica di Mazzucchelli emerge come anticipatrice in quanto arte che esce dai confini del museo. E invita i cittadini a riappropriarsi di aree dimenticate attraverso nuove possibilità di esperienza e di senso.
«Ospitiamo un omaggio importante a un maestro dell’arte italiana del secondo Novecento, – spiega la direttrice Chiara Gatti –. Un maestro che negli anni Settanta ha sperimentato una forma di scultura all’aperto, di arte pubblica e partecipata. Gonfiando le sue gigantesche opere in PVC e lasciando che il pubblico, i bambini, la gente, i passanti giocassero e interagissero con le opere».
«Così – prosegue – è successo in casi anche storici, come davanti all’Alfa Romeo, con gli operai che hanno iniziato a giocare con le sue opere durante una manifestazione. E poi in una serie di piazze italiane che, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, hanno lavorato, interagito e si sono divertite con le sue opere pubbliche.
Un’arte antimonumentale: non il marmo, non il bronzo, non opere di materia solida. Ma opere effimere, dove l’aria e il vuoto diventano protagonisti e diventano materia da scolpire. Forme come il grande Totano, oppure le grandi bolle che ha gonfiato, per esempio, al Parco Sempione di Milano, dentro le quali il pubblico poteva accedere e vivere all’interno dell’opera d’arte stessa. Per cui l’opera d’arte vista dall’esterno, l’opera d’arte che abita il paesaggio e l’opera d’arte che può essere abitata».
L’esposizione al MAN
Il percorso espositivo ricostruisce per tappe la poetica di Mazzucchelli a partire dai celebri interventi del ciclo A. TO A. (Art to Abandon / Arte da abbandonare), tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta. Le grandi strutture gonfiabili in PVC, lasciate intenzionalmente nello spazio pubblico, diventano dispositivi di relazione e di gioco. Ma anche strumenti critici per liberare l’arte dai circuiti istituzionali.
Emblematici gli interventi davanti all’Alfa Romeo di via Traiano a Milano (1971), nel piazzale del Liceo artistico di Torino (1971) e in Piazza dei Priori a Volterra (1973). In questi contesti, le opere si trasformano di volta in volta in luoghi di svago, feste collettive o persino barriere simboliche durante le proteste operaie.
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Una sezione storica di particolare rilievo è dedicata a Caduta di Pressione (1974), presentata per la prima volta in un’istituzione pubblica italiana. L’opera, realizzata originariamente alla Galleria Diagramma di Milano, misura il consumo di ossigeno di una stanza in relazione alla presenza del pubblico, trasformando il respiro, il vuoto e l’aria in dati sensibili e concettuali. I registri dell’epoca, che conservano nomi e valori di figure come Agnetti, Fabro, Nigro, La Pietra, Gillo Dorfles o Tommaso Trini, restituiscono l’opera come un esperimento collettivo sospeso tra arte, scienza e comportamento.
Il percorso prosegue con due imponenti sculture gonfiabili: un Totano lungo 26 metri e un Cono alto 12 metri. Opere che incarnano la tensione di Mazzucchelli verso una scultura espansa, temporanea e non funzionale, capace di alterare la percezione dello spazio e di stimolare reazioni imprevedibili nel pubblico, documentate dall’artista come una vera e propria analisi comportamentale.
d’Arte, La Biennale di Venezia, 2024, Venezia, Italia
A occupare integralmente una delle sale del museo è infine l’installazione site-specific del ciclo Riappropriazioni. Si tratta di una grande membrana di film plastico che avvolge, invade e annulla i confini architettonici, trasformando l’ambiente in un organismo vivo e permeabile. Il pubblico è invitato a entrare fisicamente nella bolla, a vivere l’opera dall’interno, in una sospensione metafisica che dialoga anche con una scultura giovanile dell’artista, realizzata negli anni dell’Accademia di Brera sotto la guida di Marino Marini.
Foto allestimento di Alessandro Moni da Ufficio Stampa, crediti indicati