‘Deus sive Natura’, Silvia Scaringella: «L’uomo si è dimenticato di essere parte della natura»

Inaugurata l’8 novembre, è visitabile fino al 25 gennaio 2026 al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese la mostra di Silvia Scaringella Deus sive Natura. Progetto a cura di Maila Buglioni, l’esposizione indaga uno dei temi più urgenti del nostro tempo: la relazione, oggi estremamente fragile, tra l’essere umano e il mondo naturale.

Il cuore della mostra risuona nelle parole dell’artista, che analizza il presente attraverso la lente di Spinoza e della sua formula Deus sive Natura (Dio, cioè la natura), trasformandola in un interrogativo sul nostro futuro. «Deus sive Natura vuole narrare questo ormai delicato rapporto fra l’uomo e la natura. Ed è anche una domanda: una domanda verso la possibilità di coesione con la natura. Com’è possibile, in questo momento, trovare ancora una coesistenza con un mondo naturale che ci racconta di essere ciclico?».

«La natura – prosegue Scaringella – ha un ciclo in cui non c’è dispersione. L’uomo invece produce artifici, crea oggetti che riempiono il mondo e che hanno solo un fine, non una ciclicità. Infatti troviamo i nostri deserti pieni di vestiti, di abiti, di tutto ciò che è artificio, di ciò che consumiamo innalzando il nostro individualismo e sopraffacendo sempre di più la natura».

Deus sive Natura, Silvia Scaringella – Museo Bilotti / Foto di Maura Crudeli

Per Scaringella, la crisi ecologica è prima di tutto una crisi percettiva. Il motivo? L’essere umano ha tradito la propria appartenenza al vivente, vivendo la natura come elemento decorativo e non come relazione fondante. «L’uomo è diventato un essere per il quale la natura è quasi un contorno, non più un sentire. Per l’uomo, un tempo, la natura era un sentire: lo si vede anche nell’architettura».

«Ed è questo che io voglio esprimere in questi quadri, dove compaiono un albero, una casa primitiva e architetture. Nell’architettura antica si trovavano decorazioni ispirate alla natura; ora, piano piano, è diventata sempre più un modulo abitativo, un artificio che si allontana dalla connessione con il vivente».

Timelapse e le libellule: il ciclo come via d’uscita

Le opere in mostra affrontano il tema della ciclicità come antidoto alla cultura lineare del “produrre e consumare”. Scaringella lo racconta in un’intensa riflessione: «L’uomo si è dimenticato di essere parte della natura, nonostante la scienza lo stia affermando sempre di più, soprattutto attraverso la fisica quantistica, che parla di relazione fra le cose, coesistenza fra le cose, interazione fra le cose».

LEGGI ANCHE: — Lucamaleonte a Roma con ‘Interlude’: arazzi, linoleografie e memoria urbana

«È come se l’uomo si fosse dimenticato di sentirsi. E questo “dimenticare di sentirsi” si può vedere, per esempio, nella scultura Timelapse, in cui si parla di un percorso, e anche di un percorso ciclico dello stesso sentire umano. Dello stare come essenza nella vita e non solo come fine. Perché le scintille delle cose sono nel percorso, non nel finale. Invece l’uomo continua a creare finali su finali, senza riuscire a entrare in una connessione ciclica con il creato».

Tra le immagini più potenti compare lo sciame di libellule, simbolo di metamorfosi e trascendenza. «Per esempio – osserva ancora Silvia Scaringella – queste opere qui rappresentano libellule: un grande sciame di libellule, che hanno la loro ciclicità verso la trascendenza anche come simbolo. La libellula è un animale che nasce nel fango, vive sei mesi nell’acqua, poi emerge. E si trasforma in qualcosa di leggerissimo, impalpabile, quasi solo un luccichio di ali luminose. Questa trascendenza verso il quotidiano ci fa riflettere sul fatto che continuiamo ad alimentarci di scarti che non hanno riscatto, perché non hanno ciclo».

Per l’artista, dunque, la vera evoluzione non risiede nella tecnologia ma nella capacità di riconoscere l’altro – umano, animale, vegetale – come parte di sé. «Questo, penso, dovrebbe essere un punto di evoluzione: l’uomo crede di evolvere attraverso la tecnologia, mentre l’evoluzione è l’accettazione. In questo caso, l’accettazione dell’alterità: l’alterità come l’altro uomo, come la natura, come la diversità dell’ecosistema. Ma anche come diversità dell’antropologia umana. Se si lavora sull’alterità, ci sarà la vera riconnessione e la vera evoluzione».

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e organizzata da Lamaro Arte, con il sostegno di Yourban2030 di Veronica De Angelis, il patrocinio di Carrara City of Crafts and Folk Art.

Deus sive Natura, Silvia Scaringella – Museo Bilotti / Foto di Maura Crudeli