Nuove stanze segrete, mafia e easter egg nella quinta stagione di ‘Only Murders in the Building’: intervista al production designer Patrick Howe.
Il 9 settembre su Disney+ ha finalmente debuttato l’attesissima quinta stagione di Only Murders in the Building. Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez – rispettivamente Charles, Oliver e Mabel nella serie – stavolta si trovano ad investigare sulla morte sospetta del loro amato portiere Lester. L’Arconia – in questa stagione – è ancora più protagonista, grazie anche alla scoperta di una stanza segreta da parte dei tre podcaster. Se c’è un elemento che del resto rende Only Murders in the Building così inimitabile, è proprio la vitalità che caratterizza i suoi set. Merito del production designer Patrick Howe, vincitore di cinque Emmy, che ci ha concesso un’interessante chiacchierata sul mondo immobile di Only Murders in the Building: set, mobili e costumi che – nella serie – diventano incredibilmente e magicamente vivi.
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Only Murders in the Building: intervista a Patrick Howe
Nella scorsa stagione ti sei divertito con il mondo di Broadway, ma stavolta hai a che fare con un universo più oscuro, legato alla mafia e alle ombre newyorkesi. Com’è andata?
«Penso che già nel primissimo episodio venga rivelata l’esistenza di un nuovo spazio, sconosciuto al trio, all’interno del palazzo: si tratta di una sala da gioco segreta. Ed è stato divertentissimo svilupparlo e lavorarci. Sapevo già che sarebbe stata una base di partenza fondamentale per la stagione, un luogo dove si sarebbero svolte molte scene, comprese quelle in cui si scopre come è morto il personaggio e come è successo».
La sfida principale?
«Come ogni volta, unire la scrittura alla scenografia – avere cioè un design che fosse in sintonia con le intenzioni degli sceneggiatori – è sempre una sfida. Quando inizi a lavorarci e ad analizzare il tutto, inevitabilmente uno dei loro desideri può entrare in conflitto o in contraddizione con un altro. Quindi si tratta di trovare il miglior compromesso, la miglior ibridazione di tutto, in modo da far funzionare gli spazi per i vari punti della trama».

La stanza segreta dell’Arconia
In questo caso come doveva essere la stanza segreta dell’Arconia?
«Doveva essere un luogo davvero lussuoso e raffinato, che esisteva da molto tempo, ma che nessuno conosceva. Doveva poi essere flessibile per eventuali sviluppi narrativi che non potevo ancora conoscere. In pratica lo spazio è stato progettato e mostrato in scena prima ancora che conoscessi tutte le azioni che vi si sarebbero svolte. Perciò bisognava predisporlo con tutte le possibili funzioni, e con l’esperienza accumulata in queste situazioni ormai so che, quando disegni ambienti che avranno tante richieste narrative future ancora non scritte, servono delle tecniche specifiche».
Vale a dire?
«Ad esempio, inserire più vie di fuga, avere molto spazio, tante porte o finestre, dettagli che permettano più flessibilità. In questo modo, se in un secondo momento serve una nuova funzione narrativa, puoi sempre dire: Non abbiamo mai visto quell’angolo prima, quindi aggiungiamo lì un nuovo elemento. Così la storia ha sempre un’uscita di sicurezza, se vogliamo».

Mafia e ombre newyorkesi in Only Murders in the Building 5
La nuova stanza rimanda appunto alla mafia e al contesto in cui il trio indaga in questa stagione. Se pensiamo alla mafia, i riferimenti cinematografici sono precisi. Hai preso un po’ ispirazione per suscitare familiarità nel pubblico?
«Le cose a cui mi sono rifatto, o che mi sono venute in mente, erano già consolidate e incise nel mio immaginario, in quel modo un po’ da cliché a cui ti riferisci. Tutti noi abbiamo un’idea abbastanza chiara di cosa significhi mafiosi, e in questo caso mafiosi italiani. Quindi non ho dovuto scavare molto più a fondo in questi cliché standard, anche se cercavo di non essere offensivo».
La serie è molto ironica, difficilmente prende sul serio alcuni stereotipi.
«Infatti, per fortuna, negli episodi ci sono battute di dialogo in cui i personaggi stessi scherzano e dicono cose tipo: Questa è una battuta altamente offensiva. Quindi gli sceneggiatori almeno si scusano in qualche modo per certi stereotipi. Io ho cercato di accennare a quell’immaginario, ma di renderlo comunque plausibile e visivamente attraente nell’arredamento e nel décor. Ho usato alcuni elementi di tappezzeria e linee di mobili che richiamavano quel mondo, ma volevo anche rappresentare uno spazio esistente sin dal 1920, se non dal 1910, visto che l’edificio è stato costruito intorno al 1919. In pratica c’era un piccolo margine per collocare la sua genesi nei primissimi anni del palazzo».

C’è una storia, dunque, dietro questa stanza.
«Nella storia, inizialmente lo spazio era destinato a stalle e magazzini. A un certo punto divenne un casinò. Nei flashback del terzo episodio si vede chiaramente che negli anni Venti lì c’era già un casinò, perché quella è la prima epoca che viene mostrata. Quindi ho cercato di far convivere arredi e lampadari di epoche diverse, come se ogni vent’anni lo spazio avesse subito un piccolo restyling, incluso qualche intervento più recente. Non poteva restare perfettamente intatto con l’arredamento originale, non sarebbe stato credibile. Nello stesso tempo, però, non poteva essere rinnovato ogni anno, restando comunque un segreto per tutti gli abitanti del palazzo».
Tutto questo contribuisce a rendere l’Arconia un luogo vivo: Building è anche nel titolo e l’edificio ormai è un vero e proprio personaggio. Come è evoluto il tuo lavoro, il tuo modo di rendere l’Arconia un edificio vivo?
«L’Arconia è davvero un personaggio, e sono contento che sia percepito così, che agli spettatori piaccia e che ci sia sempre abbastanza da osservare. Ormai mi ci sono abituato, ma all’inizio dicevo sempre che non ero avvezzo a progettare una serie in cui si desse così tanta attenzione proprio all’edificio. Ma, come dici tu, la parola building è già nel titolo, e di fatto gran parte delle indagini si svolge lì dentro, quindi inevitabilmente si scoprono sempre nuovi spazi.

Ha perfettamente senso che l’Arconia sia un labirinto di ambienti di epoche diverse, e che i personaggi non possano conoscerli tutti. Per fortuna ci scherzano anche sopra: come quando Oliver dice a dire il vero, ho appena scoperto che questo palazzo ha una palestra. Questo rende più plausibile l’idea che ci possano essere aree o funzioni che alcuni inquilini non abbiano mai conosciuto».
Un lavoro stimolante?
«A me piace continuare a creare nuovi spazi per l’Arconia, e ormai tendo a non trattenermi più. Nella seconda stagione, ad esempio, ho dovuto occuparmi dell’appartamento di Bunny. Era la prima volta che progettavo un interno legato a un personaggio appena morto, uno spazio che non si era mai visto prima. Lì ho mantenuto uno stile piuttosto sobrio: un interno ben curato, che sembrasse davvero parte del palazzo. Ma da allora, ovviamente, sono arrivati i passaggi segreti e tutta una serie di ambienti molto più estremi».

Patrick Howe: esater egg e curiosità in Only Murders in the Building 5
Ho una curiosità su questo: a volte inserite qualche easter egg, che magari non tutti gli spettatori colgono, ma chi guarda con attenzione può notarli?
«Sì, assolutamente. Ci divertiamo a inserirne il più possibile. Per lo più si trovano nell’arredamento. A volte riprendo elementi scenici che passano da un set all’altro, ma quelli non sono necessariamente divertenti o simpatici come gli easter egg legati al décor. Di solito riusciamo a inserire easter egg più divertenti legati agli attori che interpretano i personaggi. Per esempio, quando abbiamo guest star come Paul Rudd, Meryl Streep o, in questa quinta stagione, Renée, allora possiamo inserire piccoli richiami a ruoli celebri che hanno interpretato o a film in cui hanno recitato, e nasconderli qua e là».
Possiamo notarli?
«Devo dire che spesso il pubblico può anche non notarli, ma sappiamo che l’attore li vedrà, e questo per loro è davvero divertente: si emozionano nel ritrovare il ricordo di un altro ruolo importante della loro carriera e apprezzano il fatto che noi lo stiamo celebrando, riconoscendo un grande film o una grande interpretazione».