Fondazione Prada ospita fino al prossimo 26 febbraio l’installazione del regista Alejandro G. Iñárritu per i 25 anni del film ‘Amores Perros’.

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‘Quanti film esistono dentro un film?’ Parte da questa domanda il progetto che Alejandro G. Iñárritu presenta negli spazi di Fondazione Prada a Milano. Una mostra multisensoriale che fino al 26 febbraio 2026 è la promessa (mantenuta) di un’esperienza potente e a tratti dirompente tra cinema, arti visive e memoria collettiva. Sueño Perro: Instalación Celuloide de Alejandro G. Iñárritu – questo il titolo – è, in particolare, il frutto del lavoro del regista premio Oscar in occasione del venticinquesimo anniversario del suo film d’esordio Amores Perros (2000).

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Pellicola che è sostanza dell’installazione per un’immersione nei materiali esclusi dal montaggio originale, conservati negli archivi cinematografici dell’UNAM e ora restituiti al pubblico. In una nuova forma. «Con questo progetto – sottolinea Miuccia Prada – vogliamo aprire nuove prospettive sul suo lavoro. E su un film che, sin dagli esordi, ha unito la forza del realismo alla densità del simbolismo. A venticinque anni dalla sua uscita, Amores Perros continua a parlare al presente e a restituire tutta la complessità del mondo in cui viviamo».

Dagli scarti alla nuova opera

Al centro di Sueño Perro c’è la fisicità del 35mm. Graffi, sfocature e bagliori diventano parte integrante di un percorso che il pubblico attraversa come un labirinto di luce e suono. Proiettori analogici diffondono immagini mai viste, accompagnate da una traccia sonora che miscela registrazioni urbane di Città del Messico a suggestioni oniriche.

Alejandro G. Inarritu / foto di Marta Marinotti da Ufficio Stampa
Alejandro G. Inarritu / foto di Marta Marinotti da Ufficio Stampa

«Sono onorato di inaugurare quest’installazione, o forse dovrei dire sperimentazione. – esordisce il regista raccontando la genesi del lavoro – È stato un processo molto lungo durato sette anni senza alcun intento specifico, nessun tipo di pianificazione. Solo il desiderio di esplorare e di sperimentare e di andare a vedere se ci fosse effettivamente qualche cosa da trovare. L’obiettivo non era sicuramente di ordine intellettuale o quello di ricreare una narrazione dalla struttura tradizionale ma andare a vedere cosa stia dietro, o forse dentro, un film realizzato 25 anni fa».

«Amores Perros è stato un film realizzato in un brevissimo lasso di tempo e con un budget molto limitato per il quale avevo speso decisamente troppo. – prosegue il regista – Le riprese comprendevano 300 km di pellicola per un montaggio finale di due ore e trentasette minuti. In questi anni ho potuto visionare migliaia di metri di pellicola e li ho guardati con uno sguardo assolutamente diverso perché il mio interesse era mutato nei confronti di quel materiale. In sala di montaggio per il film ero stato attento a cogliere precisi tasselli che andassero a comporre il puzzle al servizio della storia».

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Un approccio del tutto abbandonato in questo nuovo lavoro. «Qui è stato un flusso di immagini e sequenze senza alcuno schema. Senza il tentativo né il desiderio di strutturarle secondo una forma narrativa. Ma, semplicemente, lasciandomi andare a un’esperienza sensoriale per capire cosa mi attraesse di quei momenti impressi nella pellicola. Che si trattasse di dettagli o sequenze più lunghe che avevo scartato. E mi sono reso conto che quello che avevo lasciato da parte di fatto conteneva una ricchezza molto diversa, che richiama un esercizio diverso. Una forma di memoria, di ricordo legato alle immagini e alla luce che le accompagna».

Fondazione Prada_Sueno Perro
Fondazione Prada, Sueño Perro

«Mi è nato spontaneo il paragone con la nascita di un bambino. – racconta quindi Alejandro G. Iñárritu utilizzando un’immagine evocativa – In sala parto resta la placenta perché ovviamente viene preservato il neonato ma lì dentro ci sono nutrienti, DNA, proteine. È quel materiale spettrale che mi è piaciuto provare a rimettere insieme in modo sperimentale».

Cinema, memoria e fisicità

Il percorso espositivo, ospitato al piano terra del Podium della Fondazione Prada, si propone come esperienza sensoriale immersiva. Il visitatore è, infatti, libero di costruire la propria narrazione, senza un ordine prestabilito, abbandonandosi alla forza fisica delle immagini e al fascino delle macchine da proiezione.

Secondo le intenzioni del regista, dunque, «è importante la visita sia un’esperienza assolutamente sensoriale, fisica, perché questo è stato il mio intento. Sottovalutiamo il potere della pellicola 35 mm perché siamo abituati al digitale e ai pixel che disumanizzano qualunque tipo di ritratto, di fotografia della realtà che ci circonda. Invece la pellicola ci consente di avvicinarci allo sguardo che naturalmente noi abbiamo sulla vita e sulla realtà che ci circonda. Ci consente di fare la stessa esperienza di realtà e lo si vede con questo fascio di luce che il proiettore riesce a trasmettere in questi frammenti. è la placenta di cui parlavo ed è in grado di fare delle dichiarazioni meravigliose».

L’installazione si completa al primo piano con Mexico 2000: The Moment That Exploded, progetto curatoriale firmato da Juan Villoro: un intreccio di audio, documenti, fotografie e giornalismo visivo che rievoca il clima politico e sociale del Messico al tempo di Amores Perros. Villoro spiega: «Girato in un ‘momento di transizione’, Amores Perros non rifletteva la fine di un’era, ma l’inizio di un tracollo. Venticinque anni dopo la sua rilevanza sociale è disturbante: ciò che accadeva allora, accade ancora oggi. La sua esplosione è ancora in corso».

In un’epoca di fatto dominata dall’intelligenza artificiale e dall’immaterialità digitale, Sueño Perro riafferma la centralità del cinema e delle arti come esperienza fisica, tattile e collettiva. Un viaggio dentro la memoria e la materia della pellicola, che si trasforma in una riflessione sulla nostra capacità di percepire, ricordare e guardare la realtà.

Immagini da Ufficio Stampa

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