La carta dal design all’arte come forma di espressione: la nostra intervista a Barbara Ventura nella sua bottega a Bienno.

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La bottega di Barbara Ventura a Bienno è piena di origami giganti, carta e disegni che occupano gli spazi, dal pavimento al soffitto. L’arte di Barbara appare leggera e, nello stesso tempo, ricca di significati. Quando la incontriamo, l’artista sta lavorando al tema dello Spazio Vuoto – argomento scelto per questa edizione di Bienno Borgo degli Artisti 2.0 (diretto da Cinzia Bontempi) – e sta ancora prendendo le misure con il paese, in cui è arrivata appena 15 giorni prima.

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«Sono nuovissima. – ci dice infatti sorridendo – Sono arrivata grazie al bando online. Non conoscevo Bienno, ho letto il bando e ho detto Vado a vedere com’è. Il posto mi è piaciuto tantissimo, ti innamori. È una sensazione molto forte a livello epidermico, c’è un’energia particolarissima. Mi fa ridere che, nel fare domanda, io abbia aggiunto nella lettera che quest’anno mio figlio faceva la maturità e mia figlia si laureava. Era il mio momento».

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Chiediamo a Barbara Ventura della sua ricerca, della sua espressione e delle sue forme. Inizia a parlarci subito della carta, materiale imprescindibile nei propri lavori. «Ho una vita artistica breve. – racconta – Sono architetta, insegno, ho fatto tanto per altro. La carta arriva dai modellini di architettura, perché una decina di anni fa ho fatto l’assistente in università e curavo la parte di modellistica. Ho lavorato sulle strutture elastiche e con la carta mi venivano benissimo».

«L’ho usata dunque come strumento per produrre oggetti di design ed è partita una ricerca sulla carta e su queste strutture di origami giganti. – continua – Poi mi sono accorta che non era più solo design e ricerca, ma strumento espressivo. Lì ho iniziato a divertirmi e a sperimentare tanto rispetto a ciò che poteva essere appiccicato sulla carta».

Per fare un esempio pratico, Barbara ci dice di come stende «i fogli sul pavimento» per poi lavorare «sul mio corpo o su quello di qualcun altro». «Il corpo si de-materializza. – ci spiega – Non è motivo ornamentale, ma si ferma». L’ispirazione è ovviamente di stampo giapponese – dall’arte tradizionale della calligrafia ai simboli come l’uroboro – che ora fanno parte di un insieme più vasto, che comprende anche laboratori partecipativi e racconti corali.

Il tutto a Bienno si è semplicemente amplificato. «Ho iniziato ad andare al fiume. – ci dice Barbara – Anche perché lavoro con una carta che può essere immersa in acqua. Ho provato a immergermi. Poi qui c’è un gruppo di persone con cui chiacchierare. Mi ispira tantissimo».

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