I Superfluuuo ci raccontano ‘Discolo’, l’album in uscita venerdì 19 febbraio: un immaginario sui generis tra grafiche e sonorità.

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Si intitola Discolo il nuovo album dei Superfluuuo, in uscita venerdì 19 febbraio. Si tratta del primo progetto della band in uscita per Talento e distribuito da Believe Digital ed è sicuramente un unicum nel suo genere. Suonato solo con sintetizzatori analogici drum machines e registrato su cassetta, Discolo sembra uscire direttamente dall’universo della musica lo-fi degli anni ’80. L’album è stato scritto, registrato, prodotto e mixato da Edoardo Castroni, suonato e arrangiato con Giovanni Calaudi, artefice anche di tutti gli artwork di Superfluuuo e cantato da Teodoro Giambanco.

«Quest’estate abbiamo preso una casa in campagna per suonare e registrare. – ci dicono i Superfluuuo – Ci siamo divertiti tantissimo. Abbiamo portato lo studio lì e ci siamo fermati per tre settimane. Abbiamo usato le drum machines e i sintetizzatori anni ’80, non tanto per scelta ma perché abbiamo questi e ci piacciono. Abbiamo registrato tutto con un supporto musicassetta. Ci piace avere questo approccio, evitare i suoni del computer».

Discolo e l’incoerenza dei Superfluuuo

Di sicuro, Discolo rappresenta anche un passo dei Superfluuuo in una nuova direzione, almeno rispetto ai progetti precedenti.

«Prima di andare in questa casa in campagna, ci siamo visti a Roma e in realtà la direzione del disco era tutt’altra. – ci spiegano – Avevamo in mente un altro tipo di disco. Poi ci siamo detti Facciamoci questo bagno, era un gesto più coerente. I primi pezzi erano una via di mezzo che non ci rendevano felici. Ci siamo distaccati dal sound del primo EP per scoprire qualcosa di nuovo che è poi ciò che ci piace. Nella musica è bello anche essere incoerenti, andare in direzioni differenti».

L’immaginario creato da Discolo – tra sonorità, testi, grafiche e interpretazione – finisce dunque per essere coeso, anche nell’incoerenza.

«Per i testi non partiamo mai da un’idea e non ci piace scrivere di fatti reali e di cose che viviamo. – ci rivela la band – Vogliamo creare un immaginario e da lì si collegano le grafiche. È un passaggio naturale. Siamo un po’ bambini e questo ci unisce. Eravamo bambini all’asilo sullo stesso piano emotivo, empatico e creativo».