Si intitola ‘Lettere da Altrove’ il progetto di Lory Muratti, che qui ci racconta la sua genesi e la sua evoluzione.

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Anticipato dal singolo Giorni Deserti, venerdì 30 ottobre è uscito Lettere da Altrove, il nuovo e originale spoken album di Lory Muratti. Più di un concept album, il progetto fonde in realtà diverse discipline – tra musica, parole e immagini – dando vita a un’analisi approfondita dell’animo umano.

«Direi che è un lavoro interdisciplinare. – ci dice Lory Muratti – Cerco di coniugare tre forme che esprimono la mia creatività: la parola, la produzione musicale e la produzione visiva. Faccio dialogare queste tre dimensioni non per un scelta di marketing, ma per l’urgenza di declinare alcuni aspetti della mia arte sotto forme differenti. Visivamente non cerco di riportare quello che ho scritto e suonato, ma cerco di aprire una nuova finestra».

«Lettere da Altrove è un crossover che unisce tre media. Nel primo isolamento ho pubblicato alcune pillole video in cui scorreva il testo della narrazione e che io musicavo. Il tutto era all’interno della dimensione visiva. Da lì il passo a produrre un album è stato ovvio, ed è nato un concept album che è anche uno spoken album. Perché la parola aveva bisogno di diventare declamazione all’interno di ciò che la musica mi ha permesso di costruire».

Lettere da Altrove è di fatto un concept album composto da otto tracce che si ispirano alla serie video-narrativa ideata dall’artista durante il periodo di lockdown. Un’avventura musicale, letteraria e visiva con la quale Muratti racconta la convivenza di due amanti che si ritrovano inaspettatamente imprigionati in un ex ricovero barche su un lago del Nord Italia a causa di una misteriosa epidemia. Un luogo lontano dal mondo che porta i protagonisti a navigare in un limbo senza contorni, scosso non solo dalle notizie che giungono a tratti per vie digitali, ma soprattutto dal continuo mutare delle loro emozioni.

Lettere da Altrove, il progetto-rifugio di Lory Muratti

«C’è sempre una componente visionaria in ciò che produco. – ci dice Lory Muratti – I miei romanzi vengono definiti auto-fiction, che negli anni è diventato un genere e che si innesca quando il narratore mischia la realtà con la pura fiction. Volevo aprire uno spaccato sulla dimensione umana delle persone che si confrontano con il loro rapporto e con i loro fantasmi, in un dualismo strano in cui uno diventa lo specchio dell’altro».

«È tutto riferito all’uomo. Sono molto arrabbiato per come non abbiamo gestito la dimensione umana in questa evenienza e per come abbiamo gestito le relazioni. Ci si è preoccupati di tutto fuorché di come stava l’individuo. Anche tra di noi ci siamo persi dei pezzi, la digitalizzazione ci aiuta solo a tamponare. Spero di sbagliarmi quando vedo che sostituisce la presenza, soprattutto per le nuove generazioni. L’attenzione all’individuo dovrebbe essere primaria in questo momento».