Fiorella Mannoia racconta l’album ‘Padroni di Niente’, nato nel periodo del primo lockdown tra speranza, coesione e caos.

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Si intitola Padroni di Niente il nuovo album di Fiorella Mannoia, uscito venerdì 6 novembre. Figlio di un periodo storico ben preciso, il progetto presenta se stesso e le proprie sfumature già dalla copertina, ispirata al quadro Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, che ritrae un Viandante – in questo caso Fiorella – mentre osserva la propria civiltà, ci si specchia dentro e riflette su tutto il bello e il brutto che l’uomo ha costruito.

«Questo album è stato concepito durante il primo lockdown, quando eravamo tutti rinchiusi. – esordisce subito Fiorella – In quel momento i nostri pensieri volavano alti, ci interrogavamo sul senso della nostra vita. Si parlava di un nuovo umanesimo, della necessità di rimettere al centro l’uomo a scapito del profitto, che è un grande protagonista della nostra realtà. La natura si riprendeva i propri spazi, eravamo estasiati di vedere gli animali per le strade».

Poi tutto è cambiato, di nuovo. Eppure, Padroni di Niente – in un certo senso – mantiene integre le prime impressioni e un senso di inattesa vicinanza in un momento di distanze e allontanamenti.

«Quando hanno riaperto, tutti siamo tornati come prima, se non peggio. – spiega infatti la Mannoia – Prima sentivamo la coesione come popolo, cantavamo dalle finestre. Nessuno poteva immaginare che avremmo affrontato una cosa così. Nelle mie chiacchierate con Amara, ci siamo rese conto che noi occidentali ci siamo sempre creduti padroni di tutto. Eravamo convinti che la scienza avrebbe risolto i nostri problemi. Eppure ci siamo dette che è bastata una minuscola entità cellulare per metterci in ginocchio e per farci riflettere sul fatto che non siamo padroni di niente».

«Abbiamo scelto il dipinto famosissimo di Caspar David Friedrich e, con una magia grafica di Paolo De Francesco, abbiamo tolto la nebbia per costringere chi guarda a guardare dove guarda il soggetto. E ciò che vede è tutto ciò che l’uomo è riuscito a costruire e a distruggere».

Fiorella Mannoia: «Ognuno deve fare la sua parte»

«Siamo anche capaci di fare cose meravigliose, siamo capaci di volare alto come esseri umani. Poi ci sono baratri in cui cadiamo. Bisogna mettersi sempre in discussione, non avere la presunzione di cambiare tutto perché c’è sempre un insegnamento che ti riporta con i piedi per terra. Nel mondo però ci sono dimostrazioni di grande umanità che ti salvano. Il mondo in fondo non si cambia come pensavano quelli della mia generazione. Si può cambiare ciò che c’è intorno a noi e, se lo facessimo tutti, un’onda potrebbe mettersi in moto. Ognuno deve fare la sua parte».

Le riflessioni di Fiorella prescindono dalla musica e dall’album, per allargarsi al contesto sociale e umano che ci circonda e che, del resto, influenza fortemente il mondo delle sette note.

«Le difficoltà ti aiutano a diventare quello che sei. – dice infatti Fiorella – Non sarebbe auspicabile avere una vita spianata e senza difficoltà. Se ti mettono a terra, devi trovare la forza di rialzarti. Ho una carriera molto lunga. Il successo l’ho costruito piano piano, contrariamente a ciò che succede alle nuove generazioni. Ho affrontato tante sconfitte, ma avevo anche tanta caparbietà di voler inseguire quello per cui credevo. Non rimpiango niente, rifarei quello che ho fatto sbagli compresi».

Solo una figlia, la canzone sospesa con Olivia XX

«Questa canzone fa parte del progetto delle canzoni sospese, partito nel disco precedente. – racconta Fiorella Mannoia – Ho dato spazio nel mio disco a una giovane autrice. Quando ho sentito questo brano, sono rimasta colpita e ho chiesto a Olivia di far parte del mio disco. La canzone parla di due adolescenti con due destini diversi, ma con la stessa difficoltà. Una è una sposa bambina, una piaga che cerchiamo di contrastare con altre iniziative, l’altra subisce la violenza del padre. Olivia si è ispirata a un’immagine che aveva visto durante gli sbarchi, quella di una donna morta con il figlio in braccio. La canzone non ha un lieto fine. Io preferisco in genere lasciare uno spiraglio alla speranza. Cerco sempre di combattere e ho detto a Olivia di lasciare alla fine meno tragicità. Ma lei mi ha risposto che non sempre nella vita si vince e che spesso queste situazioni finiscono male. Bisogna anche raccontare la verità fino in fondo, anche quando non ci piace».

Le collaborazioni e la situazione live

«Direi che è presto per dire come sarà la scenografia in tour. – anticipa Fiorella – Penso però che dobbiamo ripartire. Anche per il disco ci siamo chiesti se fosse giusto farlo uscire adesso. Credo che questa sia una forma di resistenza, dobbiamo lavorare e continuare a vivere. È difficile perché non ci sono spazi in tv per promuoverlo, ma mi sono detta che dovevo rilasciarlo e che a maggio dobbiamo ripartire con il tour, sia con il teatro pieno che con il teatro vuoto. Questo è il modo di aiutare la macchina, è l’unico sistema vero per aiutare i lavoratori dello spettacolo. Nessuno ci vieta di mettere i nostri soldi. Certo è che dobbiamo chiedere a gran voce che i lavoratori vengano tutelati, perché fino ad oggi hanno visto poco e niente. Il governo deve preoccuparsi di 250mila lavoratori».

«C’è la percezione che con la cultura non si mangia. Si è perso di vista il fatto che la cultura, la musica, il teatro, la letteratura hanno cambiato generazioni intere, e le hanno segnate. Non voglio passare per falsa modesta, anche io con le mie canzoni ho aiutato qualcuno a crescere, è successo anche a me con le canzoni di De Gregori. Ma stiamo scherzando? Se passa il concetto che di noi si può fare a meno perché facciamo cose di cui nessuno ha bisogno, forniamo un servizio deleterio. È pericoloso far passare il pensiero che di musica, teatro e cinema si possa fare a meno. Sono essenziali quanto il pane che mangiamo».