Venerdì 6 novembre esce ‘Italian Spirit’, l’album del duo jazz composto da Alessandro Collina e Marco Vezzoso.

Si chiama Italian Spirit (Egea Music/Art in Live) l’album di Marco Vezzoso e Alessandro Collina, in uscita il 6 novembre. Il duo jazz ha scelto undici tracce italiane reinterpretandole in versioni strumentali per tromba e pianoforte. Una sfida non semplice, che mette in luce però tutta la magia e la forza della melodia italiana. Del resto, il duo – apprezzatissimo in Oriente – ci ha confessato che la melodia nostrana nella terra del Sol Levante è amatissima. Ecco la nostra intervista a Marco Vezzoso e Alessandro Collina.

Ciao Marco, ciao Alessandro. Come è nata l’idea di realizzare questo album? E quando lo avete composto?
Alessandro: Con Marco ci conosciamo e collaboriamo dal 2014. Ci eravamo incontrati in Francia. Io ho poi partecipato al suo primo disco di inediti che è stato segnalato addirittura in Giappone, perché aveva una distribuzione anche lì. Abbiamo partecipato insieme al Festival del Jazz di Osaka nel 2015. Quando siamo stati a Osaka, abbiamo avuto la stessa percezione sul fatto che – finché sei in Italia – la melodia italiana è bellissima per tutti, ma nessuno ne è veramente consapevole. Quando siam stati in Oriente, ci siamo resi conto che la melodia italiana ha un potere superiore. Si impone. Abbiamo iniziato a pensare a un primo disco in duo – Guarda che Luna – dove, con un po’ di cautela, abbiamo giocato in difesa prendendo dei classici un po’ intoccabili. Da Modugno a Fred Buscaglione. Siamo tornati in Giappone e poi siamo stati in Indonesia, Cambogia, Malesia e nel 2019 siamo stati invitati a rappresentare l’Italia al primo Festival Jazz europeo a Canton. E lì io e Marco non abbiamo esitato. Da buoni jazzisti abbiamo giocato ai dadi e abbiamo suonato Sally, sapendo che nessuno aveva mai sentito Sally a 10mila km di distanza dall’Italia. È stato un successo, il pubblico ha apprezzato tantissimo. Il nostro agente cinese ci ha detto Ragazzi domani si va a registrare perché è un brano che piace. Tutto nasce da lì. Abbiamo così iniziato a pensare a un disco di brani italiani contemporanei.

Quindi l’idea della cover – dove ci sono due ideogrammi che compongono la parola Sally – nasce da questo primo step.
Alessandro: Sally è stato il cavallo di Troia. Ha aperto la strada. Io sono un po’ più âgé di Marco e abbiamo scelto tutti i brani insieme. Ci siamo accorti che Sally aveva delle sfumature jazz incredibili. Aveva tante variazioni dinamiche e la melodia è bellissima. Come dice Paolo Fresu nell’introduzione dell’album, la tromba si sposa benissimo con la voce. Riproporre una melodia italiana con la tromba è quasi come ascoltare la canzone. Solo che da italiani un po’ pigri ci sembra quasi di ripetere le stesse cose. Quando vai lontano ti accorgi che invece ti rende orgoglioso di essere italiano.

Forse diamo alcune cose per scontate.
Alessandro:
Qua c’è un po’ di assuefazione. È vero che nel jazz tante contaminazioni arrivano dall’estero, però l’elemento italiano è fondamentale. La tromba che esprime al massimo la melodia all’estero viene fortemente apprezzata. In Oriente siamo rimasti molto colpiti dalle reazioni del pubblico e non vediamo l’ora di tornare, perché la gente ha veramente voglia di ascoltare questo repertorio.
Mario: In Francia c’è un detto. La bellezza uccide la bellezza. Ed è quello che secondo me che succede in Italia. Gli unici che non sanno apprezzare la nostra melodia sono proprio gli italiani, purtroppo.

Al di là degli ideogrammi, in copertina appare anche una lampada orientale.
Mario: Nella copertina ci sono due elementi di due paesi diversi a noi cari. La lampada è giapponese e gli ideogrammi sono cinesi. La lampada ha una doppia valenza. Da un lato rimarca il fatto che tutto è iniziato per noi in Giappone. Dall’altro – ed è un significato più intrinseco – visto che l’album è nato durante il primo lockdown, la lampada è un simbolo di rinascita, speranza e luce. È quello che ci auspichiamo sia come categoria che per tutti. Il nostro è un messaggio di speranza. La copertina è molto semplice, ma salta subito agli occhi.

Marco Vezzoso e Alessandro Collina: la tracklist di Italian Spirit

Nella tracklist vi siete addentrati nel cantautorato italiano, andando incontro a vere e proprie sfide. Penso a un brano come Giudizi Universali di Samuele Bersani.
Alessandro:
In effetti sono tutti brani contemporanei scritti da cantautori. Io sono più anziano di Marco e mi sono permesso di proporgli brani della mia adolescenza, come Balla balla Ballerino, Diamante, Il mare d’inverno e Pensiero Stupendo. Con brani come Giudizi universali o Per me è importante ci siamo riavvicinati sul piano generazionale. Si tratta di brani in cui i cantautori puntano molto sul testo, giustamente. Noi ci abbiamo trovato particolarità musicali molto interessanti. Senza fare una lezione di musica, Giudizi Universali è un ¾. Eppure questo valzer non si percepiva nel brano. Per noi è stato un veicolo per essere più creativi e andare più lontano nell’arrangiamento. Per me è importante è una ballad incredibile per le corde che va a toccare, sia nella melodia che nella parte armonica. Noi siamo jazzisti ed è stato un incontro bellissimo.

Avete in qualche modo riscoperto questi brani?
Alessandro: Non nascondo che Italian Spirit sia un disco molto pensato, abbiamo fatto molte ricerche. Alcuni brani li abbiamo messi da parte, perché volevano trovare quelli più facili da proporre in chiave strumentale, dato che sarebbe venuta a mancare la parola. Quando avevo proposto a marco Pensiero Stupendo, però, ho cercato di fargli capire il peso e l’importanza del testo. Da piccolo mi aveva affascinato questo testo incredibile di Fossati proposto dalla voce sensuale di Patty Pravo, anche per l’interpretazione. Abbiamo cercato in chiave musicale di tirar fuori questo charme e questo pathos.
Marco: Abbiamo apprezzato molto di più la parte melodica rispetto alla parte testuale. La parola ha più espressione di un suono, ma se la elimini e lasci il suono, capisci comunque se la melodia ha una valenza. Nelle undici tracce che abbiamo scelto, le melodie hanno qualcosa di particolare, che lascia passare un messaggio molto chiaro e emblematico sulla melodia italiana. I grandi cantautori contemporanei non hanno niente da invidiare a Modugno o a Buscaglione, perché hanno anche loro una forza melodica impareggiabile e riconosciuta a livello internazionale.

In alcuni brani avete però voluto inserire delle voci.
Alessandro: Abbiamo invitato due cari amici e grandi professionisti. Marie Foessel canta un brano di Paolo Conte, Enfant Prodige. Paolo Conte è un canzoniere e cantautore italiano tra i più popolari nel mondo, soprattutto in Francia. Con Marie Foessel abbiamo reinterpretato le canzoni di Paolo Conte in chiave femminile in un progetto. In Stasera che sera, al contrario, c’è la voce di un nostro caro amico, Andrea Balducci. Andrea è un crooner italiano che vive a New York. Abbiamo quindi rivisitato questo celebre brano dei Matia Bazar in chiave maschile e in modo diverso, perché – a differenza degli altri brani del disco, che sono molto pensati e con arrangiamenti molto definiti  – abbiamo voluto realizzarlo nella nostra espressione jazz più semplice, in chiave estemporanea, come se fossimo in un club. È stata suonata sul momento, ecco. Abbiamo voluto così all’interno di un disco strumentale avere anche due voci.

Secondo voi cosa rende tecnicamente la melodia italiana così speciale e cosa la rende così irresistibile per una terra lontana come l’Oriente?
Mario:
Secondo me, nessuno lo sa. È un po’ come chiedersi come mai Picasso abbia fatto dei quadri così belli. È la magia della cultura italiana. Non a caso siamo la culla dell’opera, del teatro, della canzone, della melodia. Abbiamo una chance in più rispetto agli altri popoli. Cantiamo meglio. Questo a livello melodico ha una forza molto grande. Non facciamo i musicisti da ieri e siamo dovuti andare all’estero per renderci conto della magia della melodia italiana. Se fossimo rimasti in Italia a suonare, qui non ce ne saremmo mai accorti. La potenza della melodia è questa, parla in modo internazionale a qualsiasi popolo.
Alessandro: E all’estero ce lo riconoscono. Noi italiani crediamo che il bel canto sia finito con Puccini, non è vero. È difficile fare paragoni, in Italia l’opera e lo stadio col cantautore sono viste come due realtà separate. Ma all’estero la melodia è quella italiana e quella ci distingue.