Venerdì 23 ottobre esce ‘Moral Panic’ dei Nothing But Thieves. La band ci racconta la genesi e i contenuti dell’album.

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Venerdì 23 ottobre esce Moral Panic, il nuovo album dei Nothing But Thieves che arriva a tre anni di distanza da Broken Machine, l’ultimo album di inediti uscito nel 2017. I ragazzi britannici – Joe Langridge-Brown alla chitarra, Dominic Craik alla tastiera, Phil Blake al basso, James Price alla batteria e Conor Mason (voce della band) – avevano chiaramente molto da dire e Moral Panic ne è la chiara dimostrazione. Un album politico come se ne sentono pochi ormai in giro – anticipato dai singoli Is Everybody Going Crazy?, Real Love Song e Impossible – che analizza i mali odierni della società e in che modo stanno rischiando di trasformare (se non hanno già avviato la trasformazione) l’individuo.

La pandemia, in questo, ha giocato il giusto peso. Perché – come sottolinea Joe – «buona parte del disco è stata scritta prima della pandemia, eppure questo disco suona particolarmente attuale perché avevamo già visto delle cose che poi sono progressivamente peggiorate».

«Il disco precedente, Broken Machine, lo avevamo scritto on the road. – continua Joe – Questa è la prima volta per noi in cui abbiamo passato così tanto tempo a casa e abbiamo potuto dedicarci all’album. Credo quindi sia anche questo il motivo per cui questo disco parla un po’ meno di noi e un po’ più di quello che ci circonda».

Moral Panic è, del resto, un album che parla alle persone delle persone.

«Forse per questo è un disco più apertamente politico dei precedenti. – spiega Conor – Abbiamo proprio voluto dare voce alle tensioni e al dolore che provano le persone della società perché ci sono diversi problemi che ostacolano il loro benessere».

Eppure, in brani come Impossible – o nella stessa copertina – si percepisce un po’ di voluta distensione.

Moral Panic, la cover e l’esperienza

«La copertina l’ha fatta Steve Stacey, che ha curato anche le copertine precedenti. – spiega Joe – È fin troppo facile rimanere intrappolati in una gamma di colori scuri, abbiamo voluto espandere la palette di colori, gli abbiamo dato [a Steve] carta bianca e chiesto di realizzare qualcosa dai colori più sgargianti. Secondo noi rispecchia molto bene le emozioni che provano le persone, perché guardando questa immagine non si capisce esattamente se le due figure sono due amici o nemici. Se si stanno abbracciando, se una persona sta cercando di salvare l’altra o gli sta facendo del male. Questo si sposa molto bene con il contenuto del disco».

Non cadete tuttavia nell’errore di considerare questo disco ‘a lieto fine’. La riflessione dei Nothing But Thieves è cupa e dolorosa. È lo specchio di tutto ciò che ci spersonalizza (il titolo della prima traccia è Unperson) e ci allontana l’uno dall’altro. Dai sentimenti malsani all’abuso dei social network, nulla si salva in queste feroci tracce che rappresentano realmente un punto di svolta per la band.

«Abbiamo due album alle spalle – spiegano i Nothing But Thieves – e di volta in volta ci siamo spinti oltre i confini dei generi musicali. Ora abbiamo più esperienza, il che ci consente di sperimentare. Cerchiamo sempre però di non pensare troppo. Broken Machine era più reazione al primo album. Moral Panic è più un disco stand alone e, forte dell’esperienza che abbiamo alle spalle, rappresenta un nuovo inizio».

I Nothing But Thieves e i live stream: il ricordo del primo show in Italia

Peccato, quello sì, non poterlo suonare live (almeno per il momento). Ma, in attesa di toccare il palco e vedere il pubblico nel 2021, i Nothing But Thieves hanno in serbo tre livestream – Live from the Warehouse che si terranno il 28 e il 29 ottobre e di cui sono già aperte le prevendite.

«Lo show chiaramente sarà strano. – anticipa la band – Non avremo il pubblico, ma siamo entusiasti di fare concerti per le persone. Sono tre scalette diverse, ci saranno canzoni vecchie rimaneggiate e reinterpretate. Abbiamo voglia di novità. Ora abbiamo parecchio materiale e vogliamo che i fan siano felici di sentire questi pezzi. Sarà la scusa per vedere la band in modo completamente diverso. Nei live canonici hai 18 brani da preparare e la scaletta non può variare molto».

Ecco, curioso che la tecnologia diventi un mezzo per sopperire alle mancanze sociali in tempo di Covid, quando i Nothing But Thieves ne sono apertamente detrattori.

«I social hanno pro e contro. – ci rispondono in proposito – Molte persone durante il lockdown per sentirsi meno soli li hanno usati. Però secondo noi andrebbero regolamentati. La tv e la radio sono regolamentati. Perché i social no? Questo può creare dei problemi».

Del palco, i Nothing But Thieves hanno comunque un prezioso ricordo (legato soprattutto al pubblico italiano).

«L’Italia è un paese in cui veniamo spesso ed è un paese in cui ci siamo esibiti sin dagli esordi, abbiamo aperto i Muse al Rock in Roma nel 2015, quindi è stata un ottimo punto di partenza per noi. – raccontano – E poi è anche un paese di cui abbiamo apprezzato cibo e il vino, ci fa sempre piacere tornare! Quel concerto di apertura ai Muse a Roma è stato forse uno degli show più assurdi e incredibili mai vissuti. I fan italiani all’epoca non avevano mai visto nulla di simile, ma le persone che sentivano la nostra musica avevano una reazione intensa nei nostri confronti. Questa cosa ci ha fatto innamorare del pubblico italiano, non poteva andare diversamente».