La nostra intervista a L’Elfo, che il 16 aprile è uscito con ‘Boogie Woogie’, in featuring con Clementino. In attesa dell’album.

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Il 16 aprile è uscito Boogie Woogie, il nuovo singolo de L’Elfo in featuring con Clementino. Si tratta del terzo singolo pubblicato sotto etichetta Polydor/Universal, dopo Made in Catania e Come Gesù, in attesa del nuovo album. Ne abbiamo parlato direttamente con Luca (Trischitta, vero nome de L’Elfo) in questa intervista.

Ciao Luca, come va questa quarantena?
Lo sto passando come tutti in Italia. Esco solo per le cose necessarie e poi sto chiuso in casa.

Com’è la tua vena creativa in questo momento?
Nel mio caso non è cambiato niente. Non ho il problema del blocco dello scrittore. Se non scrivo è solo perché non ho voglia. A inizio quarantena fino a 15 giorni fa ho fatto una strofa al giorno su Instagram.

Anche perché in teoria stai lavorando all’album.
Sì, c’è il disco nuovo che per me è importantissimo perché è il primo album per una casa discografica.

Tu scrivi da sempre. Come stai vivendo il passaggio in una casa discografica?
Non la vivo in modo euforico, perché ho pur sempre 30 anni oramai e faccio musica da sempre. Sin da piccolo. Non ho mai pensato Prima o poi sfonderò, diventerò famoso. Ho sempre pensato Una cosa so fare nella vita ed è la musica, ho talento nel fare rap e spero che diventi il mio lavoro. Aver raggiunto questo traguardo a 30 anni è una cosa bella, ma ho i piedi sempre per terra. Ho fatto tanti sacrifici e ho perso tanta salute, perché per me il rap è casa mia. L’importante, insomma, è andare avanti. Il resto è un contorno. Un bel contorno, ma sempre un contorno.

Si nota anche nei nuovi singoli. Non si può dire che tu sia cambiato.
Anche chi capisce poco di rap lo percepisce. Se si deve parlare male, è solo per parlare. Io posso non piacerti perché non si può piacere sempre, ma è un dato obiettivo che io abbia sempre fatto quello che volevo. Non ho mai scritto un verso per arrivare a un target. Dalle prime canzoni fino a oggi, ho fatto sempre ciò che volevo fare.

Ora è uscito Boogie Woogie. Clementino e L’Elfo, un’unione tra due maestranze del rap, non solo del Sud Italia.
Il mio disco in realtà l’ho fatto a prescindere dai featuring. Abbiamo mandato le tracce per le collaborazioni, ma i brani erano già pronti, non c’erano cose fatte a tavolino. Ho scritto e poi ho pensato che magari avere un preciso featuring su alcuni pezzi sarebbe stato una figata. Per Clementino è stato naturale pensare a Boogie Woogie. Qualcuno si poteva aspettare da me e Clemente un pezzo da radio. Invece abbiamo fatto un pezzo super underground, nonostante sia sotto Universal.

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Ringraziando Iddio, credo che il pubblico abbia fame di pezzi così. Invece la base di chi è?
Il disco è prodotto tutto quanto da Funkyman, il ragazzo che mi accompagna dal 2017. Il mio esordio con lui ha coinciso con la mia fama, perché è l’unico produttore che è riuscito a stare al mio passo. Sono sempre stato molto creativo e tanti produttori non riuscivano a starmi dietro. Con me o sei operativo appena schiocco le dita o non funzioniamo. Non perché pretendo, ma perché lavoro sempre. Non mi sento vivo se non faccio questo.

Anche perché la creatività diventa sofferente se devi rallentare.
Ma io ammetto di essere maniacale. Ho 30 anni e le persone come me nel rap ci sono da sempre, anche se nel silenzio. Quello che noto quando vedo i ragazzini è che la mia è proprio fame, è una malattia mentale. Uno sfogo, altrimenti sto male. L’unica cosa che mi fa pensare che la vita è bella sono le rime e il fatto che io faccia rap. I ragazzini di oggi hanno fame di copertina. Il loro motore non è quel mostro che hanno dentro, ma l’essere famosi. Noto questa differenza di carburante tra me e le nuove generazioni.

Il brano in un certo senso parla proprio di questo. L’arte è fame. Non avete rispettato alcuna regola, tu e Clementino, neanche nella lunghezza del brano.
Zero. In Universal sicuramente è un’anomalia. Non lo dico per fare il personaggio, penso che sia davvero così. E credo che la Universal mi abbia ingaggiato proprio perché abbia visto in me qualcosa di geniale, nonostante mi reputi molto semplice. La mia musica non ha mai avuto regole. Ho apprezzato il fatto che io abbia firmato con loro in virtù di ciò che sono. È fighissimo per me uscire da Universal con dei singoli super rap come Boogie Woogie, è una cosa quasi assurda.

Soprattutto visto la tendenza degli ultimi anni, a scritturare magari anche influencer…
Esatto! È un’anomalia. A me fa sorridere che io sia un artista Universal.

Però non credi che ci sia un certo tipo di ascoltatore, quello attento, che abbia bisogno di musica così?
Sì, e ne sono contentissimo. Posso non avere il pubblico che ha un artista enorme – faccio un esempio, Sfera Ebbasta – ma sono lo stesso felice perché chi mi segue è gente che apprezza il rap. Sono i feticisti del rap italiano. Ed è una cosa bellissima, sono contento così.

Ma la roba buona è solo Sud Italia?
Sì. Nella mia terra ho creato qualcosa che non faceva nessuno. Sono stato il primo nel rap a dire che vengo da Catania ed è una figata. Prima di me, la gente in giro faceva quasi finta di non essere del Sud, perché pensava fosse controproducente in ambito artistico. Sono stato una rottura e lo dimostra il fatto che, appena ho iniziato a fare rap in modo più aggressivo e ad avere i numeri, tutti i ragazzini nuovi hanno cominciato a copiare quello che io facevo tre anni fa. Credo sia una prova tangibile di quello che sto dicendo. E della mia importanza nella mia terra, in Sicilia.

L’Elfo, ascolta il brano Boogie Woogie con Clementino

Credo sia anche una prova del fatto che bisogna sempre andare avanti con la propria testa.
Quando uno segue un percorso perché pensa che porti a qualcosa che si desidera, perde la sua personalità. Chi ha personalità potrà anche avere alti e bassi nella sua carriera, però avrà sempre uno standard e una strada che è sua. Se ti lanci solo per avere obiettivi, perdi il resto. Credo che sia una cosa grave.

Non solo artisticamente, anche umanamente. Ti cito: Ciò che sono va ben oltre l’arte.
Esattamente.

Mi dici qualcosa delle grafiche de L’Elfo?
Le ho sempre fatte curare, in questo mio percorso da Fenice, a Marco Crimi. Ho affidato a lui tutte le mie grafiche. Lui è un altro che ti può confermare che stare al mio passo non è facile, mi sveglio la mattina e gli mando un messaggio chiedendogli una grafica in 20 minuti. Lo sto facendo impazzire. Per farti capire come la musica per noi sia vita.

Ora quindi stai lavorando all’album. C’è qualcosa che ti auguri per il futuro?
Non ho grandi ambizioni. Non sono il tipico ragazzo che ti dice che sogna di diventare miliardario. Spero di stare bene, che la mia musica abbia sempre la dignità che merita. L’unica cosa che voglio è che la mia musica abbia sempre ciò che merita di ricevere. Mi piacerebbe collaborare con artisti italiani e americani, portare la musica nel mondo. Ma mi accontento anche di portare a casa lo stipendio.

Ma è complicato alzarsi la mattina con questa mentalità, nel mondo discografico che ti circonda?
Ti dico la verità. Il mio atteggiamento non va molto d’accordo con le scelte discografiche. Ma io sono da sempre così, la mia impronta è quella, per cui sono entrato in questo mondo un po’ a gomitate e l’azienda mi ha apprezzato proprio per questo. Il mio atteggiamento sicuramente non è adatto a chi vuole fare carriera o stare in copertina. Però, sai, il mio carattere l’ho formato e quindi va bene così. Sono entrato in major un po’ vestito male, con la tuta. Gli altri erano un po’ più preparati per l’occasione.

Io spero che per il futuro, allora, la tuta torni a essere di moda.
Sono d’accordo. D’accordissimo, anzi.