Nell’anno in cui si celebrano i cinquecento anni dalla morte di Leonardo, il cantautore Marco di Noia dedica al genio di Vinci un intero EP. La nostra intervista.

Anche la musica omaggia Leonardo da Vinci. A cinquecento anni dalla scomparsa, il genio vinciano viene infatti ricordato non solo con mostre e conferenze ma anche con un lavoro discografico che racconta l’artista in chiave pop. A firmare il progetto è Marco di Noia, cantautore milanese che ha pubblicato un EP in cui ha messo in formato canzone la vita e le opere leonardesche.

Curiosa certamente l’idea e insolito il risultato, con cinque brani nei quali anche le note sono il frutto degli strumenti disegnati dallo stesso maestro supportati dalle moderne tecnologie. Un modo inedito per far rivivere l’arte di Leonardo ripercorrendone anche vicende e aneddoti.

Abbiamo rivolto a Marco di Noia qualche domanda su questo lavoro: ecco che cosa abbiamo scoperto.

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Leonardo da Vinci in pop: la prima domanda non può che riguardare l’idea di un album di questo tipo. Da dove nasce?

Nasce dal mio precedente album Elettro Acqua 3D, in cui io, Stefano Cucchi e Andrea Messieri facemmo un importante lavoro di ricerca sui synth e sugli strumenti elettroacustici rari, che utilizzammo massivamente. In un simile contesto avrei visto bene anche gli strumenti musicali di Leonardo. Tuttavia, siccome in quel progetto c’era già tanta carne al fuoco, decisi di dedicare un intero lavoro al genio italiano, tanto più in occasione del cinquecentenario dalla sua morte. D’altra parte se dovessi scegliere l’eccellenza delle eccellenze italiane, sceglierei indubbiamente Leonardo.

Per quanto possa suonare insolito, effettivamente Leonardo è – oggi più di ieri – un personaggio pop. Come ti sei preparato a cantarlo a modo tuo?

Innanzitutto studiando la sua vita e le sue opere, con molta reverenza. Quindi cercando di parlare sia del mito, dai capolavori iconici fonti di merchandising e rielaborazioni artistiche ai nostri giorni, in Stella del Pop, che dell’uomo in carne, ossa e delusioni di cui scrivo ne L’ultimo volo di Leonardo. Infine dello studioso, autodefinitosi “discepolo dell’esperienza”, alla ricerca della perfezione dei dettagli, raccontato ne L’uomo vitruviano. Parigi 1911 è invece una canzone dedicata al celebre furto del suo quadro più celebre, la Gioconda, per mano del ladro italiano patriottico Vincenzo Peruggia. La bonus-track La Battaglia di Marciano in val di Chiana nasconde invece un’opera perduta… su cui vi svelo un indizio di vasariana memoria: “cerca trova”.

In questo tuo EP non solo hai messo Leonardo al centro dei testi ma hai recuperato anche alcuni strumenti da lui stesso ideati. Come li hai usati accompagnandoli alla tecnologia contemporanea?

La piva a vento continuo, la viola organista e l’organo di carta sono strumenti progettati da Leonardo, ma realizzati dallo storico liutaio Michele Sangineto. Il figlio Adriano, polistrumentista, ha poi pensato a inserirli nei brani, insieme agli strumenti moderni, in una sorta di ponte sotteso tra il 1500 e il 2019. L’obiettivo, che spero sia stato centrato, era quello di creare un sound moderno, che fosse connubio di passato e presente.

Qual è il tuo primo ricordo legato a Leonardo? Allora avresti mai immaginato di farne il protagonista di un tuo progetto, musicale per di più?

Essendo nato in un ex-ospedale milanese affacciato su Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo vinciano, il mio primo ricordo è legato a mia madre, che mi raccontò di avermi portato, neonato, alla finestra dell’edificio per spiegarmi che lì vicino c’era l’opera di un grande artista. È un ricordo che risale alle scuole elementari, quando senza ombra di dubbio non avrei immaginato che un giorno avrei dedicato un album a Leonardo. Ma probabilmente a quei tempi non avrei proprio immaginato di comporre un album musicale, visto che mi dedicavo più al disegno e a giocare a pallone.

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Quale delle opere leonardesche ti affascina maggiormente e perché?

Romanticamente direi proprio “L’ultima cena”, per le ragioni sopra espresse legate alla mia nascita. A livello scientifico scelgo le due versioni della “Vergine delle Rocce”, con tutto il contorno eretico e l’alone di mistero che le circonda.

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In questo lavoro idealmente Leonardo incontra i Beatles… in generale, come hai lavorato sulla musica?

Ne L’Uomo vitruviano ci sono due riferimenti ai “Fab Four”. Lo special strumentale nel mezzo del brano è un omaggio del compositore Stefano Cucchi all’intermezzo orchestrale di A Day in the Life, mentre l’effetto vocale sulla citazione leonardesca dell’inciso finale è un mio richiamo agli effetti utilizzati sulla voce di John Lennon in Tomorrow Never Knows e I Am the Walrus. In un album sullo sperimentatore per eccellenza messo in “pop”, un omaggio alla più grande band, sia “pop” che “sperimentale”, della musica leggera mi pareva assolutamente pertinente. Inoltre, nella stessa traccia ci sono anche dei versi che canto al contrario, emulando la scrittura a specchio di Leonardo. I versi citano alcuni dei suoi disegni più controversi… se volete scoprirli mandate in reverse la traccia!

Nelle tracce, in particolare ne L’ultimo volo di Leonardo, si fa spazio anche una vena quasi di malinconia per un genio riconosciuto come tale solo dopo la sua morte. Che tipo di riflessioni ti ha portato a fare il suo esempio di vita?

Riflessioni ataviche sulla vita e la morte. Leonardo è morto scontento di sé, senza sapere ciò che gli sarebbe stato riconosciuto dai posteri. Ancor peggio, il grande Van Gogh in vita ha venduto un solo quadro ed è morto credendosi un fallito, senza nemmeno le gratificazioni che comunque Leonardo ha parzialmente vissuto. Quanto conta quindi la gloria postuma, se in vita non se ne è consci?

È meglio splendere nei secoli, ma trascorrere un’esistenza al buio, oppure scintillare fiocamente in vita, ma spegnersi nell’oblio dopo qualche decennio dalla morte?

Qual è la modernità di Leonardo e cosa insegna ancora all’uomo degli Anni Duemila?

Leonardo insegna agli uomini di ogni era che le invenzioni di successo e l’evoluzione, non possono prescindere dalla sperimentazione, con i relativi fallimenti ed errori, anche clamorosi, che questa porta con sé. La sua vita, in un certo senso, ci segna anche a non basare le proprie espressioni artistiche sui gusti dei contemporanei, che non sempre hanno i mezzi o le condizioni socio/culturali per capirle e apprezzarle.

Pensi di portare dal vivo il tuo Leonardo da Vinci in pop?

Sì, mi piacerebbe portare l’EP live in uno spettacolo unico in cui confluisca anche parte del mio precedente lavoro Elettro Acqua 3D. Sia in versione tradizionale, che con la sperimentale modalità in 3D audio dei concerti che abbiamo tenuto nel 2019 a mare culturale urbano, all’inaugurazione del FIM e al MEI. Io, Alberto Cutolo e Ace of Lovers siamo già a lavoro per proporre una performance dal vivo con una propria personalità; magari, nelle date più importanti, arricchita anche dalla partecipazione di Adriano Sangineto e gli strumenti di Leonardo.