‘Photographer’ su Disney+, una mostra a Torino, la guerra al cambiamento climatico: la nostra intervista a Cristina Mittermeier.

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È la protagonista del primo episodio di Photographer, la nuova serie di National Geographic dedicata ai fotografi disponibile su Disney+, e da poco è stata a Torino per un firmacopie in occasione dell’inaugurazione della mostra La Grande Saggezza: è l’occasione giusta per conoscere o scoprire ancora di più l’universo di Cristina Mittermeier. Biologa e fotografa, Cristina – insieme al compagno Paul Nicklen – da anni gira il mondo per immortalare la natura e gli Oceani. L’obiettivo è sensibilizzare il pubblico, invitarlo ad amare e rispettare il nostro pianeta. E tutto inizia da una storia, raccontata attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica, «uno degli strumenti più potenti a nostra disposizione».

«Stavo camminando per le strade di Torino e mi sono imbattuta in una mostra di Robert Capa. – ci dice Cristina Mittermeier – È stato il primo fotografo a portare l’orrore della guerra nei nostri salotti. Io credo che ciò che sta accadendo con il cambiamento climatico sia una guerra. E il nostro lavoro come fotografi è far sì che ce ne ricordiamo quotidianamente. È un’urgenza e richiede la partecipazione di tutti noi».

Una missione, dunque, portata avanti con pericolose spedizioni e viaggi selvaggi per testimoniare quanto le azioni della specie umana stiano avendo un impatto sul pianeta. Nello stesso tempo, per Cristina Mittermeier, la fotografia è catarsi e comfort zone. «Che ci crediate o no – commenta – sono una persona introversa. Quindi, quando sono sola e soprattutto quando in mezzo alla natura, mi ricarico. Quando sono in profondità, ho la testa in acqua e tutto sparisce. Non esistono suoni né persone e così ricarico il mio corpo».

La fotografia e i social media

Per diffondere il verbo, Cristina Mittermeier e Paul Nicklen hanno fondato la non profit SeaLegacy, attraverso cui condividono costantemente sui social media le loro spedizioni. «Siamo fortunati – dice Cristina – perché io e il mio partner abbiamo il social account più seguito tra quelli dei fotografi. Abbiamo molto pubblico e siamo parte della famiglia di National Geographic, quindi abbiamo accesso anche ai loro social e alla loro produzione. A noi piace usare i social in modo educativo, cercando di infondere un senso di speranza».

«Martin Luther King – continua – ci ha insegnato che non si inizia un discorso dicendo Ho un incubo. Ci ha detto quale fosse il suo sogno e io voglio che i miei account social ci ricordino cosa è possibile fare. Il sogno è che il nostro pianeta abbia ancora balene, delfini e pesci. Ogni tanto però dobbiamo ricordare alle persone che non tutto è ok, la strada è lunga e abbiamo procurato molti danni. Se tu butti giù le persone con la negatività, ti chiudono fuori. Quindi devi variare, ricordando loro il sogno, ma anche cosa deve essere fatto».

Cristina Mittermeier e il potere dello storytelling

Se la missione è chiara, resta pure sempre un’arte quella dello storytelling. Immagini potenti capaci di immortalare interi universi. «Mi piace creare fotografie che diano un senso di connessione. – dice Cristina Mittermeier – Voglio che le fotografie siano un ponte che costruisca compassione verso il mondo naturale. Inizia tutto con la curiosità, ma l’ingrediente più importante è che ci sia un invito all’avventura. Voglio che le persone si immaginino nella natura e infondere questo senso di meraviglia su quanto sia stupendo il nostro pianeta e i nostri compagni di viaggio. Ogni singola specie conta: voglio mostrare questo». Un’arte che, negli anni, è stata favorita anche dal miglioramento delle tecnologie che permettono ai fotografi di avere quasi «un mantello dell’invisibilità, come in Harry Potter».

Attenzione però a pensare che sia tutto molto semplice. «Il consiglio che darei a un giovane fotografo – commenta – è che la fotografia dura tutta la vita. Devi avere tanti talenti, ma anche essere paziente. È una maratona, datevi tempo».

Infine, chiediamo a Cristina Mittermeier un’opinione sulle donne nel mondo della fotografia. «Quando incontro le popolazioni indigene, mi rendo conto che da donna vengo semplicemente ignorata. – dice Cristina – Soprattutto gli uomini non sono interessati a te, perché sei solo una donna. Questo ti permette però di lavorare senza attirare l’attenzione e di sorprendere tutti con il tuo lavoro. Io amo l’aspetto femminile dello storytelling. Credo che le donne siano capaci di raccontare con più empatia e anche questo è un superpotere. Abbiamo bisogno di più donne che raccontino storie e stiano dietro la telecamera. Quindi sì, essere donna è una gran cosa».

Ma perché per anni la fotografia è stata dominata dagli uomini? «Credo per le attrezzature pesanti. – ci risponde – Ma ora che le fotocamere sono leggere, credo che molte donne non siano più intimorite dall’attrezzatura».