La band coreana LEENALCHI – al BOtanique Festival di Bologna il 15 luglio – mischia tradizione e suggestioni moderne: la nostra intervista.

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Il 15 luglio, al BOtanique Festival di Bologna si terrà l’unica data italiana della band sud coreana LEENALCHI. Un appuntamento imperdibile, considerando che il gruppo – formatosi nel 2019 – vanta una formazione unica (quattro cantanti tradizionali coreani, due bassisti e un batterista) per portare sul palco un mix di suoni che unisce a sound contemporanei la tradizione del pansori

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Vincitori di tre Korean Music Awards nel 2021 (Musicisti dell’anno, Miglior canzone rock moderna e Miglior album Jazz & Crossover), i LEENALCHI fanno della contaminazione la propria cifra stilistica: collaborano con brand, sperimentano con gli artwork e il loro album di debutto – Sugungga – si ispira a una celebre e antica storia coreana. Abbiamo scambiato con loro quattro chiacchiere.

La musica dei LEENALCHI è un sorprendente mix tra pansori e suoni contemporanei. Quando avete provato per la prima volta questa fusione? Ed è stato per divertimento o più per un’esigenza artistica?
«Il punto di partenza è stato in realtà un progetto per una produzione musicale a teatro, quindi era sicuramente differente rispetto a ciò che facciamo ora. Più tardi abbiamo sviluppato il format della band. Non è sempre semplice godersi il pansori in un contesto contemporaneo, quindi abbiamo passato molto tempo a trasformarlo in uno stile musicale che potesse rispecchiarsi nella gente anche al giorno d’oggi. Siamo cresciuti ascoltando molta musica degli anni ’80 e crediamo che questa influenza, in modo naturale, sia diventata parte del nostro sound».

Quando avete capito che questo approccio alla musica potesse effettivamente funzionare e mostrare qualcosa di nuovo agli ascoltatori?
«Ci siamo impegnati veramente tanto per rendere la musica più accessibile, musicalmente parlando, e anche ad incorporare tanti elementi non musicali nelle nostre performance. Abbiamo sempre creduto che questo, eventualmente, aiutasse le persone a connettersi. Semplicemente non ci aspettavamo che accadesse così velocemente. Come invece è stato».

Sugungga ha vinto tre premi ai Korean Music Awards: ve lo aspettavate? E cosa lo ha ispirato?
«Diciamo che speravamo andasse bene, ma non ci saremmo mai aspettati tutto questo successo. La storia di Sugungga, un episodio classico del pansori, è stata la più grande ispirazione dietro l’album».

Nella vostra musica c’è sempre un aspetto teatrale, un ritmo preciso, voci narrative: quanto è importante per voi la dimensione live in questo senso?
«La nostra musica massimizza l’espressione. E, con espressione, non intendiamo semplicemente lanciare un messaggio, ma creare una connessione emotiva profonda. Come puoi vedere dalla nostra unica formazione – due bassisti, un batterista e quattro vocalist – cerchiamo di abbracciare completamente l’essenza del pansori nella nostra musica. È per questo che la performance dal vivo e l’interazione in tempo reale con il pubblico è come l’ultimo pezzo del puzzle che completa la nostra arte».

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E a Bologna cosa dobbiamo aspettarci?
«In Corea, quando sperimentiamo qualcosa di veramente artistico o incredibile, a volte diciamo È veramente matkkalnanda. Intendiamo ricco di sapori e profondamente soddisfacente. Abbiamo preparato una performance che è come un pasto italiano completo: ricca, diversificata e piena di gusto. Ciò che dovete fare è portare qualcosa da bere che piaccia al vostro palato. Anche se vi ubriacate di questa esperienza, è un sapore che non dimenticherete».

Avete suonato su molti palchi: cosa significa per voi portare la vostra arte davanti a un pubblico internazionale?
«Quando suoniamo all’estero, spesso vediamo il pubblico divertirsi in modo semplice ed essenziale. A volte anche più che in Corea. Ci ricorda il fulcro di ciò che facciamo e ci aiuta anche a liberarci dei nostri preconcetti inconsci sulla musica».

Oggi la Corea del Sud è un centro culturale globale, dal K-pop al cinema: i LEENALCHI come si pongono rispetto all’Hallyu?
«La musica coreana è molto più del K-pop e crediamo di essere una delle voci uniche in questo enorme panorama. Ci vediamo come artisti che offrono una sfumatura diversa della cultura coreana, una che ha le sue radici nella tradizione ma parla al presente».

Avete lavorato con brand e con la televisione: quanto la contaminazione tra media vi ispira?
«Collaborare con differenti generi e media ci permette di raggiungere posti in cui la musica da sola non potrebbe portarci. Attraverso queste esperienze, siamo cresciuti molto. Sia creativamente che come gruppo».

Ultima domanda: gli artwork dei vostri album e singoli sono sempre originalissimi. Come ci lavorate?
«Cerchiamo di trovare qualcuno che possa creare qualcosa che vada oltre ciò che possiamo immaginare. E poi gli diamo la massima libertà».

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