Premiato al Trapani Film Festival con un riconoscimento speciale come Artista Patrimonio del territorio, Pif ci racconta il suo rapporto con la Sicilia, il cinema e la musica. L’intervista.

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Regista, sceneggiatore, attore, scrittore, autore e conduttore televisivo e radiofonico, Pif è stato ospite della serata conclusiva al Trapani Film Festival 2025. Proprio in tale occasione, è stato protagonista di un talk con De Core Podcast e sul palco ha ricevuto il Premio Speciale – Artista Patrimonio del Territorio. Del resto, ci confessa a margine dell’evento, “sono sempre stato molto attratto da Trapani. Mi piace tutto, la cultura, la cucina… e poi ha questo retrogusto nordafricano che già a Palermo si sente molto meno”.

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Nessuna competizione, dunque, tra le due città?
No, non c’è. Anche perché il palermitano se la ‘tira’ molto, quindi non la vede nemmeno, la competizione. Per quanto, poi, molti palermitani vengano qui in vacanza. La vera rivalità è quella tra Palermo e Catania: qui siamo più tranquilli: basta dire “arancina”, come a Palermo, ed entri subito in comfort zone.

Che spettatore sei al cinema?
Eh, purtroppo non sono un grande spettatore soprattutto perché non ho materialmente il tempo. E poi io ormai devo andare a vedere lo spettacolo delle 20:30, perché dopo le 22:30 mi addormento. Un dramma che si chiama, credo, vecchiaia. Quindi, se voglio essere lucido, vado a vedere la proiezione delle 20. Però sono un po’ distratto: col lavoro faccio fatica a stare dietro a tutti i film che vorrei vedere.

PIF
Foto di Adolfo Frediani

E come scegli cosa guardare?
In realtà non c’è un criterio preciso. Non ho mai avuto un regista di riferimento. Mi piaceva Spielberg, ma per certe cose. Diciamo che mi incuriosisce l’idea di un film, poi scelgo. E devo dire che mi piace anche vedere i film brutti. Il problema è trovare qualcuno che venga con me a guardarli.

Come fai, però, a sapere a priori che sono brutti?
Eh, si vede subito! Già sulla carta si intuisce quando un film sarà scadente. E a me piace anche quello, mi diverte.

Oggi quale immagine della Sicilia racconta il cinema italiano?
Secondo me stiamo vivendo una rinascita, o forse una vera nascita, di un nuovo racconto. È da tempo ormai che la Sicilia è set di film che non parlano di mafia. Anche il mio prossimo film lo girerò a Palermo, e non c’è traccia di mafia. Finalmente la Sicilia riesce a raccontare altre storie, altri aspetti. Certo, dal punto di vista cinematografico la mafia è affascinante, i cattivi lo sono sempre. Ma il fatto che oggi si possa girare un film in Sicilia senza parlarne non è merito del regista o dello sceneggiatore: è merito del paese, della regione, che sa offrire altro.

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Chi fa il mio mestiere – sceneggiatore o regista – assorbe ciò che vede attorno e lo restituisce in una sceneggiatura. Se oggi si gira in Sicilia e non si parla di mafia, è un trionfo culturale. E questo trionfo lo dobbiamo ai siciliani. Ogni tanto un complimento bisogna farlo, ed è giusto farlo.

Forse c’è anche bisogno, in questo momento, di un racconto che sappia di bellezza.
Sì, assolutamente. Non bisogna parlare solo di mafia: sarebbe una sconfitta darle troppo spazio. Il che non significa nemmeno ignorarla. Bisogna raccontarla, certo, ma anche parlare d’altro.

Oltre al cinema, l’altro grande tema del Trapani Film Festival è la musica. Che rapporto hai con la musica e con le colonne sonore?
La musica è fondamentale. Non solo per i film, ma anche per chi scrive. Almeno per me – ma credo valga per molti – la musica è molto stimolante: quando scrivi, ti fa venire idee, ti suggerisce immagini.

PIF TFF
Foto di Simone Nicotera

C’è un brano in particolare che ti ha ispirato in un progetto?
No, non c’è un brano specifico… Dipende sempre dal soggetto, dal progetto. In questo periodo, per esempio, sto ascoltando molta musica classica, e questo mi stimola tantissimo.

Che cosa detesti della Sicilia quando sei qui e che cosa ti manca quando sei lontano?
Mi manca sicuramente la cucina. Io poi non so parlare il dialetto, quindi il mio vero legame è la cucina: è quello che mi unisce profondamente alla Sicilia. La verità è che ho capito una cosa: alla domanda “dove ti senti a casa?”, la risposta per me è qui. Con mia sorpresa, perché non pensavo di essere così legato, ho realizzato che mi sento a casa ovunque in Sicilia. Anche in posti che frequento poco, come Ragusa.

Nonostante i dialetti sentino, mi sento sempre a casa. Credo che questo valga un po’ per tutti: che tu sia siciliano o lucano, in generale il legame con la propria terra è forte. Ma la Sicilia ha un radicamento diverso, estremo, probabilmente per la sua storia. Con mia sorpresa, ho scoperto di essere molto più attaccato alla Sicilia di quanto pensassi.

Accennavi a un progetto cinematografico a breve. Cosa puoi raccontarci?
Il problema è che non posso dire molto… Dovrei girare un film, ma non è ancora il momento di annunciarlo. Dal punto di vista della comunicazione bisogna aspettare, quindi non posso sbilanciarmi. Posso dire però che, almeno per un po’, sospenderò la televisione per dedicarmi al cinema.

Foto copertina di Simone Nicotera

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