Dal Jago Museum di Napoli, lo scultore racconta a Radio2 il valore del lavoro corale, il legame con la città, la spiritualità e la responsabilità creativa dietro ogni blocco di marmo.
Nella cornice suggestiva della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, sede del Jago Museum, Radio2 Stai Serena ha dedicato una puntata speciale all’arte e alla scultura contemporanea. Serena Bortone e Massimo Cervelli hanno dialogato con Jago, protagonista d’eccezione, restituendo un ritratto intimo e lucidissimo del suo processo creativo, del rapporto con Napoli e con la tradizione artistica.
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Fin dall’inizio lo scultore ha voluto sottolineare la dimensione collettiva del suo lavoro. «Io faccio polvere e rumore poi assieme si capisce come riuscire a condividerle nel modo migliore. – ha raccontato – Questa è un’attività corale, siamo un gruppo». Una visione che ribalta l’immagine romantica dell’artista isolato e che valorizza invece la costruzione di un ecosistema creativo attorno all’opera.
Il legame con Napoli – città dove ha scolpito la Pietà proprio all’interno della chiesa che ora ospita il museo – resta centrale nel suo racconto. «Questo luogo, inteso come quartiere e città, ti accoglie in una dimensione di desiderio di partecipazione. Ti dà la possibilità di vederti in una prospettiva, cosa che altri luoghi faticano a fare… Qui c’è grande amore, non sei mai solo». Un contesto umano che per Jago è stato una vera scuola, una palestra di osservazione e ascolto: «Napoli è una città capace di trasformazioni incredibili».

Non sono mancati riferimenti ai maestri del passato, verso i quali lo scultore mantiene un rapporto di studio e quasi di dialogo: «Mi piace ammirare quei maestri che essendo morti non si possono rifiutare di condividere i propri segreti. Poi ci sono gli esseri umani, i geni, che abitano in questo luogo».
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Ripercorrendo gli inizi, Jago ha ricordato le prime esperienze tra fiume e cave, quando recuperava materiali di scarto per esercitarsi. «Io facevo l’autostop e andavo al fiume a prendere gli scarti del processo di cavatura. Il talento ce l’abbiamo tutti quanti, bisogna vedere come si usa». Un percorso segnato dalla perseveranza e da una fedeltà assoluta al proprio impulso creativo.
Sul processo di scelta e responsabilità che comporta scolpire dal marmo, ha spiegato: «In un blocco di marmo esistono un numero infinito di forme, mi devo assumere la responsabilità di sceglierne una. Non è che non sbaglio, sbaglio bene». L’errore diventa così un atto necessario, una tappa nella ricerca di una forma che esiste in potenza e che aspetta solo di essere liberata.

Infine, una riflessione sul rapporto con la spiritualità, che per Jago coincide con un atto di fiducia radicale nel proprio gesto: «Devo essere un uomo di fede intesa come fiducia che ripongo in me stesso… Se ti arriva un grande blocco e non hai fiducia, non fai niente e ti fermi sulla superficie». Una fede che si traduce in azione: prendere lo scalpello, ogni volta, e andare avanti.
Immagini da Ufficio Stampa