Al MAO di Torino la terza edizione di Declinazioni Contemporanee: installazioni site-specific, residenze d’artista e nuove narrazioni nelle gallerie tibetane, cinesi e giapponesi.
Con l’inaugurazione del primo novembre, in occasione di Artissima, il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino riaccende il suo dialogo con la contemporaneità presentando la terza edizione di Declinazioni Contemporanee. Il programma prevede residenze e installazioni site-specific che invitano artisti da tre continenti a confrontarsi con una collezione in costante trasformazione.
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Tra i progetti più importanti del museo, Declinazioni Contemporanee nasce per rinnovare lo sguardo sulle opere del patrimonio orientale. E per restituire voce agli oggetti rimasti “silenti” per decenni, attraverso l’immaginazione di autori, curatori e professionisti della cultura.
Tra le sale dedicate al Tibet prende forma uno degli interventi più intensi dell’edizione ovvero l’installazione sonora firmata da Ritu Sarin e Tenzing Sonam. I due artisti trasformano la collezione unica al mondo dei frammenti provenienti dal monastero di Densatil – saccheggiato e distrutto durante la Rivoluzione Culturale –. Per un racconto che intreccia memoria, spiritualità e perdita.

Il percorso e le opere
A guidare la narrazione è la voce immaginata di Virūḍhaka, il Re Guardiano del Sud, una delle figure che sorvegliavano gli stupa del monastero. Attraverso il suo sguardo, il pubblico ripercorre il viaggio tormentato che ha portato questi capolavori in Occidente. E si interroga sulla possibilità, simbolica o reale, di un ritorno ai loro luoghi originari.
Il percorso prosegue quindi nelle gallerie cinesi, dove la coreana Sunmin Park presenta l’installazione video Pale Pink Universe, nata dalla sua residenza nella tenuta di CastelGiocondo a Montalcino. Il lavoro si sviluppa come una meditazione poetica sul paesaggio toscano, sul rapporto fragile tra natura e intervento umano. Toccando un immaginario che oscilla tra microcosmo e macrocosmo.
Le immagini, accompagnate dalla musica di Bojan Vuletic, si muovono tra l’interno di un acino d’uva e la vegetazione che lo circonda. Mentre la voce dell’artista recita un sonetto di Dino Frescobaldi. L’opera dialoga con i manufatti funerari dell’antica Cina esposti nelle stesse sale, creando un ponte temporale che attraversa culture, territori e sensibilità.


Nel corridoio che unisce Cina e Giappone, Francesco Simeti conclude il percorso con una nuova installazione site-specific che amplia la sua ricerca avviata nelle precedenti edizioni del progetto. Description Generale (A Historical Map of the Other) si presenta come una mappa visiva complessa, composta da carta da parati, tessuti e luminose sculture in vetro realizzate con WonderGlass.
L’opera esplora la storia culturale delle Vie della Seta e le molteplici appropriazioni orientaliste dell’immaginario asiatico. Il tentativo è ricostruire un atlante in cui l’“altro” viene continuamente riscritto, giudicato e semplificato dallo sguardo occidentale. Le piccole pagode in vetro, sospese tra tradizione muranese e tecniche contemporanee, accompagnano lo spettatore in un paesaggio quasi teatrale, sospeso tra memoria e artificio.

L’inaugurazione del progetto ha ospitato anche Tape Music, la performance partecipativa dell’artista taiwanese Lin Chi-Wei, già presentata alla Tate Modern, al Centre Pompidou e alla Biennale di Venezia. Al MAO, l’opera si è intrecciata con gli oggetti funerari e rituali cinesi della collezione, dando vita a un rito collettivo in cui il pubblico è stato parte attiva, leggendo partiture inscritte su un lungo nastro di carta e contribuendo a un coro polifonico e stratificato.
La performance fa parte del progetto Yue Ji 樂記, curato da Freya Chou e dedicato ai temi della perdita, della consolazione e del lutto. Il progetto comprende anche un vinile in edizione limitata e testi degli artisti coinvolti ed è realizzato con il supporto dell’Ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia.
Immagini allestimento credit Gonella da Ufficio Stampa