Copertina rosa, una tavola di Enzo Sferra e registrazioni sporche: ‘Il Male’ degli Zen Circus tra estetica e amarezza.

Sulla copertina del nuovo album degli Zen CircusIl Male, uscito il 26 settembre – c’è solo il titolo, immerso in uno psichedelico rosa: è lo stesso concetto del malvagio che diventa merce, prodotto. Non è un caso che il gruppo – tra le altre cose – abbia presentato il nuovo progetto sui social mettendo in scena una televendita di quelle che si vedevano in tv negli anni ’90. «Volevamo sottolineare che, a furia di rinviarlo, il male diventa una merce che va fortissimo. – dice Massimiliano Ufo Schiavelli – Il disco anche per questo sembra una mercanzia suadente, attraente, rosa, bella. Però è il male. È un gioco di scatole cinesi ma, come tanti dischi nostri, è un’esplorazione. Analizziamo il male come prodotto».

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Un assunto in sé complicato: come si canta, oggi, il male? «Siamo andati in sala prove e abbiamo provato, come fa normalmente un gruppo. – spiega Andrea Appino – Era un po’ che non lo facevamo in questo modo e, quando siamo arrivati a un certo numero di canzoni, ci siamo accorti da soli che stavamo parlando del male. È raro, perché ci è capitato solo un paio di volte, forse con La terza guerra mondiale e Andate tutti affanculo. Sono i due dischi che si sono auto-nominati. Qui è successa la stessa cosa».

«Quando abbiamo capito che stavamo lavorando al male, tutto è andato in discesa. – continua – L’idea che ci siamo fatti è che il male sia stato rimosso, almeno dal punto di vista social e di immagini. Il suo riverbero è dunque ancora più aggressivo e cattivo, proprio perché è stato cancellato tra shadowban, reel di gente che sta bene, morning routine, 5 modi per essere felici». «Jogging e frullati», aggiunge Ufo, continuando l’elenco di estetica benefica a favor di social. «A un certo punto – conclude Appino – chissà come mai il male quello vero si riverbera sempre più potente. Per capirlo abbiamo fatto delle canzoni in cui il male parla serenamente anche in prima persona».

Gli Zen Circus, il Male e la tavola di Enzo Sferra

Canzoni sì, ma anche un’estetica che gioca col concetto e si arricchisce del contributo di una tavola di Enzo Sferra, storico disegnatore della rivista Il Male: il titolo è Malefico Presente. Fondata nel 1978 da un gruppo di giornalisti e disegnatori – tra cui Vincino, Angese e Sergio Saviane – Il Male divenne celebre per i suoi falsi clamorosi, le copertine provocatorie e l’approccio anarchico alla critica politica e sociale.

«Quando ci siamo resi conto che il disco parlava del male e lo abbiamo finito, ci siamo ricordati di quelle stanze dove andavamo da ragazzetti. – ricorda Appino – Erano piene di male. Ci è venuta in mente quella copertina mitologica di Tognazzi Capo delle BR e abbiamo pensato di provare a unire questi due aspetti. Ci sembrava giusto e doveroso, anche perché siamo gli Zen e trattiamo tutto anche con una dose di ironia». «Tognazzi capo delle BR – commenta Ufo – potrebbe tra l’altro benissimo essere il titolo di una nostra canzone».

«Chi meglio di Sferra, che queste questioni se le è poste a suo tempo? – aggiunge poi Ufo – Faccio satira? Faccio politica, faccio ridere, faccio cultura, faccio arte? Faccio solo casini? Cosa faccio? Domande che si fanno anche gli Zen».

Il Male siamo noi

Il Male è un album che ovviamente pone domande senza dare risposte e senza prendersi troppo sul serio. Cerca di avventurarsi nelle sfumature della società contemporanea e, nel farlo, esplora temi come la solitudine, il gap generazionale, i social media: tutte le facce (anche inedite) del Male perché – come dice Appino – «la società umana è perennemente in bilico tra poesia e merce e ti incazzi perché non cambia».

«L’album – precisa poi – non ha però a che vedere troppo con la consapevolezza che le cose non cambieranno mai, ma che dentro di noi c’è il male. E finché ci convinciamo che si possa estirpare e vivere in un manicheismo di un bene pubblicitario, il male sarà sempre più reale e più cattivo. Bisogna accettare che gli esseri umani sono anche male, sono pieni di liquame, schifo e di cose tremende dentro il corpo e fuori. Bisogna scenderci a patti, il male siamo anche noi. Non si parteggia, ma dobbiamo partire dal presupposto che dentro c’è del marcio».

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Per esprimere la non banalità del male, gli Zen Circus hanno dunque optato per un minimalismo anche sonoro «perché c’è un po’ di male anche lì – dice la band – poche sovra-incisioni e nessuna correzione: volevamo imbellettare il meno possibile». «La copertina non ha nulla. – continuano – Non ha una foto, è l’unica nostra cover con solo il titolo. Un minimalismo che si riflette nella musica». Nei video, invece, gli Zen Circus hanno optato per citazioni e reference.

«Miao – spiegano – è altamente vecchia scuola. Riflette il sound del disco che è lavorato anche su nastro come negli anni ’90. I video sono voluti andare lì. È solo un momento cita invece Drive dei R.E.M. Meglio di niente ha tante reference degli anni ’80 e ’90, ma anche interne alla band e al cinema». «Ci piace fare autocitazioni – chiosa Ufo – immaginare i nostri dischi visti da lontano e farli sembrare un disco unico».

Foto di laria Magliocchetti

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