La nostra intervista a Francesca Ceci, curatrice della mostra ‘Una regina polacca in Campidoglio’: un viaggio meraviglioso fra storia e modernità.
Francesca Ceci, archeologa laureata e specializzata in numismatica romana, amante dell’iconografia e curatrice, ci ha accompagnato in un meraviglioso viaggio all’interno della mostra Una Regina Polacca in Campidoglio, che ha curato insieme a Jerzy Miziolek e Francesca De Caprio e che si è trasformato in un viaggio attraverso i secoli, in una Roma barocca dove le storie si mescolano alla Storia e dove una Regina vedova e la sua corte hanno risieduto per quasi 15 anni, tra intrighi politici, spettacoli teatrali e piccoli fatti di vita vissuta. Abbiamo chiesto alla dottoressa Ceci di raccontarci un po’ di questa sua passione per la famiglia Sobieski e, seguendo il percorso tracciato dalla mostra, di modernizzare ancora di più la figura di Maria Casimira, per comprenderla a fondo.
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Una Regina Polacca in Campidoglio: intervista alla curatrice Francesca Ceci
Perché una mostra proprio su Maria Casimira Sobieski?
«C’è stata la curiosità di avvicinarsi a dei personaggi poco conosciuti, anche perché completamente lontani dalla mia formazione universitaria. Avvicinandosi a queste persone, scalfendo quello che c’è sotto la loro rappresentazione trovi un mondo, un mondo storico importantissimo e poco conosciuto perché le nostre eroine sono appunto due regine. Maria Casimira Sobiesca, moglie del grande condottiero Jan Sobieski, che svolse un ruolo fondamentale nell’Europa della fine del seicento, decisivo per fermare l’avanzata ottomana che spingeva in Europa. E la nipote Maria Clementina Sobiesca Stuart, anche lei sposa di un re ma senza regno: un re inglese, Giacomo Francesco Edoardo Stuart, che per tutta una serie di vicende non potè regnare perché era re cattolico dell’Inghilterra protestante. Le due donne, che erano nonna e nipote, vissero a Roma entrambe, la più giovane come regina senza regno e la più anziana come regina vedova.

L’intenzione era anche quella di valorizzare il materiale della sovrintendenza, tirando fuori elementi preziosi dai nostri archivi, depositi e dalle nostre sale museali, per dare a questi personaggi la giusta luce che meritano, per fare un focus su questa famiglia».
La storia di Maria Casimira e Jan Sobieski
Come viveva a Roma Maria Casimira da Regina vedova?
«Maria Casimira è arrivata a Roma cinquantanovenne, con la sua famiglia e conscia soprattutto di essere la vedova del Grande Re, che fu anche l’amore della sua vita. In questo caso, abbiamo infatti un esempio molto raro di matrimonio d’amore tra le teste coronate: Maria e Jan si conobbero che lui non era ancora Re e lei fu costretta ad un matrimonio formale, con un altro uomo, ma rimase vedova molto giovane e potè quindi sposare subito il suo amato Jan Sobieski, prima ancora che diventasse Re.
Del loro grande amore ne abbiamo testimonianza nelle lettere che Jan scrisse all’indomani del loro matrimonio, dal campo di battaglia: le scrisse diverse lettere dai vari campi di battaglia che attraversò e anche da quello della battaglia di Vienna, il 2 settembre 1680. Jan si rivolge alla sua amata con parole che ogni donna vorrebbe ricevere».
Chi era veramente Jan Sobieski?
«Jan Sobieski era quindi un uomo innamorato di sua moglie, un grande condottiero e un uomo di cultura: a Varsavia introduce il teatro italiano nella sua corte. Era un notorio protettore degli scienziati e degli artisti, era anche un liberale: non faceva differenze di religione, lui era il Re di tutti i polacchi senza distinzione. Un uomo veramente eccezionale, affascinante e lei, Maria Casimira, era una donna parimenti importantissima, gli ha dato quel supporto psicologico che io personalmente reputo fondamentale per far sì che una testa coronata, in quel periodo storico, possa affrontare una battaglia con una maggior forza, cioè sapendo che a casa ti aspetta la famiglia, quindi vuoi anche tornare a casa sano e salvo».

Moda e cultura
La vediamo rappresentata così bella, la Regina era una trend setter? Dettava la moda?
«Tutte le corti europee in un certo senso erano anche uniformate dall’abbigliamento, era la corte francese che dettava le mode e tutti si uniformavano. La corte polacca era comunque considerata esotica perché parlavano un’altra lingua, mangiavano altre cose, era guardata con ammirazione e curiosità. Ma se dal punto di vista formale, esteriore, Maria poteva essere omologata a tutte le dame dell’epoca che stavano a Roma, dal punto di vista culturale l’impatto è stato molto importante perché lei era estremamente rappresentativa per la religione cristiana: partecipa al giubileo, dove dà esempio di grande devozione, presenziando a tutti gli eventi, visitando gli ammalati e facendo battezzare personaggi della sua corte che ancora non lo erano.
Ricordiamo anche che fu la prima donna ad essere ammessa nell’accademia dell’Arcadia, che era un’eletta accademia di spiriti artistici e alla quale partecipavano nobili, prelati ed altri personaggi: lei, la prima donna, venne ammessa con nome di Amirisca Telea. L’accademia dell’Arcadia è stata molto importante sia per lei che per il figlio Alessandro, quello che morì a Roma e che a sua volta ne faceva parte: quando un membro dell’Accademia moriva, infatti, veniva stilata una sua res gestae, un elenco delle sue opere, che ci ha permesso di sapere molte cose sul loro conto.
La Regina si intendeva di Cabala, amava moltissimo il teatro e la musica, perché sappiamo che nel palazzo dove stabilì la sua corte, Palazzo Zuccari, allestì un rinomato teatrino domestico dove venivano rappresentati dei drammi in musica, con le scenografie che il figlio Alessandro si dilettava a comporre e dove venivano messi in scena dei concerti a cui tutta la Roma che conta ambiva a partecipare».
Tra Roma e la Francia
Maria dopo quasi 15 anni a Roma torna a morire in Francia: perché? Si sentiva vicino alla sua fine? Eppure a Roma le sarebbero stati tributati tutti gli onori funerari che vennero tributati al marito, alla nipote e al figlio.
«Noi abbiamo la fortuna di avere a disposizione recenti ritrovamenti in archivi dell’est Europa che hanno riportato alla luce anche le lettere che lei, Maria Casimira, scambiava con i figli che stavano in Polonia oppure con il figlio Alessandro, che come abbiamo detto, muore a Roma appena la madre parte nel 1714.
Lei ritorna in un certo senso nella sua madrepatria, perché lei era francese: risiede quindi nel castello di Blois, che le viene assegnato dal re di Francia, dove passa i suoi ultimi due anni, e poi muore. Sappiamo però che non aveva proprio questo senso della morte, perché anche da lì scrive delle lettere a Roma, dove aveva ancora i suoi rappresentanti, per regolare i suoi interessi economici.

Quindi lei si trasferisce in Francia non pensando di andare a morire ma per vari motivi, un po’ di salute, un po’ economici, ricordiamo che lei aveva una corte ma nessun introito, gli introiti arrivavano dalle sue rendite che però non le venivano corrisposte. Ormai è diventata anziana, aveva 75 anni che per l’epoca era una bella età: aveva avuto numerosi parti, aveva viaggiato dalla Francia alla Polonia dalla Polonia poi in Italia e dall’Italia alla Francia, viaggi che erano poco comodi e destabilizzanti. Maria muore nel castello di Blois ma il suo corpo riposa oggi accanto a quella dell’amato marito a Cracovia, nella Cappella reale destinata ai regnanti della Polonia.
La mostra ai Musei Capitolini, che sarà aperta e visitabile fino al 22 settembre, ha il pregio di raccontare una storia poco conosciuta e forse anche per questo così affascinante: due Regine, le loro vicende, i loro amori e i loro dolori, con l’incomparabile scenario della Roma barocca. Una serie tv ante-litteram, un racconto prezioso e ricco di dettagli che la guida di Francesca Ceci ci ha reso chiaro e appassionante».