Ossario di Oslavia, il silenzio del confine: dove la memoria diventa paesaggio

È l’anno di GO! 2025 di Gorizia e Nova Gorica che – unendo Italia e Slovenia – hanno dato vita alla prima Capitale europea transfrontaliera della cultura. Un progetto che nasce dal superamento dei confini, ma che non può dimenticare quanto quei confini abbiano inciso sul destino di queste terre. Tra i luoghi che più profondamente custodiscono la memoria delle due guerre c’è il Sacrario Militare di Oslavia, che sorge su una delle alture simboliche del Friuli Venezia Giulia, la Quota 153 del Monte Calvario.

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2020, WOP – Italia, Gorizia, The Ossuary of Oslavia © Schirra/Giraldi

Inaugurato nel 1938 su progetto dell’architetto romano Ghino Venturi, il monumento fu voluto dal regime fascista per raccogliere le spoglie dei caduti della Prima guerra mondiale nelle battaglie di Gorizia e Tolmino. L’impianto architettonico riflette l’austerità del razionalismo monumentale, ma anche la volontà di eternare il sacrificio di decine di migliaia di soldati. Tra le mura dell’ossario riposano 57.000 caduti, di cui oltre 36.000 ignoti: numeri che raccontano il disorientamento e la brutalità di un’epoca in cui la morte era spesso senza nome.

Massimo Crivellari

L’Ossario di Oslavia: memoria della Grande Guerra e architettura del silenzio

All’interno, i nomi noti sono disposti in ordine alfabetico, quasi a ricomporre un elenco infinito e paritario del dolore umano, mentre nelle torri laterali si trovano i resti senza identità, privi di nome ma non di memoria. Il complesso, dominato da una torre centrale imponente e da tre torri minori collegate da gallerie, richiama la struttura di un forte, con un equilibrio rigoroso di linee e simmetrie. Nella cripta, al livello inferiore, riposano tredici Medaglie d’Oro al Valor Militare, tra cui il generale Achille Papa, il generale Ferruccio Trombi e il generale Alceo Cattalochino.

Massimo Crivellari

Oggi l’Ossario di Oslavia non è soltanto un monumento funebre, ma anche un luogo di riflessione civile e paesaggistica. Dalle sue terrazze, lo sguardo abbraccia le colline del Collio e la vicina Slovenia, laddove un tempo correva il fronte: un panorama di pace che si sovrappone alla memoria della distruzione. In questo incontro tra passato e presente, fra architettura e natura, Oslavia racconta ancora il prezzo e il valore di ogni confine. Ricordando che la cultura, oggi come allora, nasce sempre dal desiderio di attraversarli.

Foto Preview: Massimo Crivellari