L’Alhambra di Granada e l’eredità nell’arte di Escher: storia, geometrie e illusioni

La mostra che il Mudec dedica a M.C. Escher evidenzia, con grande efficacia, l’influenza che la visita all’Alhambra di Granada ha esercitato sul maestro olandese. Dopo un primo veloce passaggio in gioventù, fu nel 1936 che il maestoso palazzo andaluso entrò nell’immaginazione dell’artista segnandone in maniera decisiva tutta la produzione successiva.

Del resto, come spiega Paolo Branca, docente di Lingua e Cultura Araba all’Università Cattolica di Milano, Escher fu sempre «attratto dall’ambiente mediterraneo. E già nelle opere giovanili emerge la sua tendenza a riempire tutto lo spazio, quasi un horror vacui». Tratto tipico proprio dell’arte aniconica proveniente da Est e di cui l’Alhambra è un esempio evidente.

Vale, dunque, la pena scoprire meglio storia, architettura e soprattutto decorazioni di un monumento meta, oggi, di turisti da tutto il mondo.

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Alhambra, storia e arte

L’Alhambra di Granada è uno dei complessi monumentali più affascinanti e visitati. Situata sulla collina della Sabika, domina la città da secoli andalusa come una cittadella sospesa tra storia, arte e leggenda. La sua vicenda affonda le radici nel IX secolo, quando già si hanno notizie di costruzioni sul sito, probabilmente precedute da insediamenti romani e visigoti.

Con la nascita del Regno di Taifa degli Ziridi (XI secolo), Granada divenne capitale e cuore pulsante di una civiltà multietnica e raffinata. Ma la vera svolta si ebbe nel 1238, quando Muhammad I ibn Nasr, detto Al-Ahmar, fondò la dinastia nasride e decise di stabilire qui la sua corte. Nacque così l’Alhambra che conosciamo: una città palatina, palazzo reale, cittadella fortificata e sede del potere politico e militare.

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L’apogeo fu raggiunto tra il XIV e XV secolo, con i regni di Yusuf I e Maometto V, quando i raffinati giochi architettonici, i giardini e le decorazioni geometriche trasformarono l’Alhambra in un capolavoro assoluto dell’arte islamica. Successivamente, con la Reconquista del 1492, l’Alhambra divenne residenza reale cristiana. Fu qui, infatti, che Carlo V fece edificare il sontuoso palazzo rinascimentale che porta il suo nome, integrando così linguaggi architettonici diversi in un unico scenario.

Dopo secoli di splendore e poi di progressivo abbandono, il complesso tornò al centro dell’attenzione nell’Ottocento, grazie anche agli scritti di Washington Irving, fino a essere dichiarato monumento nazionale nel 1870. Oggi l’Alhambra è patrimonio mondiale dell’UNESCO e simbolo del dialogo tra culture.

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Geometrie senza tempo: l’incanto dell’arte islamica

Ciò che rende l’Alhambra unica non è solo la sua storia a cavallo tra culture differenti, ma è il linguaggio estetico che custodisce. I suoi spazi raccontano una concezione del mondo basata sull’armonia matematica e sulla ripetizione modulare. Archi intrecciati, muqarnas (decorazioni a nido d’ape), arabeschi e mosaici policromi trasformano ogni parete in un universo infinito di segni.

Si tratta, infatti, di un esempio sopraffino di arte islamica, con la sua avversione per la rappresentazione figurativa e il suo amore per la geometria, che trovò qui la sua massima espressione. Il visitatore, passeggiando tra i cortili, i saloni e i giardini del Generalife, ha l’impressione di perdersi in un labirinto ottico, dove ogni linea genera un nuovo mondo.

E sì, proprio questa estetica dell’infinito catturò, secoli dopo, l’immaginazione di Maurits Cornelis Escher, la cui proposta artistica rivoluzionò il linguaggio visivo del Novecento.

Escher, Mudec – Foto di Carlotta Coppo

M.C. Escher e ‘l’illuminazione’ dell’Alhambra

Escher visitò l’Alhambra nel 1922, durante un viaggio in Spagna. All’epoca era un giovane incisore ancora legato a un linguaggio paesaggistico, attratto dall’Italia e dalla forza del Mediterraneo. Quella visita fugace lasciò in lui un seme destinato a germogliare anni dopo. Tornò infatti a Granada nel 1936, e fu allora che l’Alhambra divenne una vera e propria rivelazione.

«L’esperienza di Escher all’Alhambra è stata un’illuminazione, una vera e propria “strada di Damasco – spiega Branca – C’è un Escher prima dell’Alhambra e un Escher dopo l’Alhambra». L’artista rimase affascinato dalla complessità dei mosaici islamici, dalla precisione delle tassellazioni e dall’equilibrio tra rigore matematico ed estasi visiva. Così, cominciò a studiare quel tipo di espressività: copiò a mano alcuni motivi decorativi trasformandoli nel nucleo della propria ricerca grafica.

Escher, Mudec
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Escher, Mudec

Dopo il secondo soggiorno a Granada, Escher iniziò infatti a sviluppare sistematicamente il tema della tassellazione. Si tratta della tecnica con cui il piano viene diviso attraverso figure ripetute che si incastrano perfettamente, senza lasciare spazi vuoti. E il suo genio andò oltre la semplice replica di modelli islamici: animali, uomini e figure fantastiche iniziavano a prendere forma da quegli schemi, dando vita a mondi visionari.

La ripetizione modulare si trasformava così in metamorfosi continua. Uccelli che diventano pesci, rettili che si intrecciano in spirali infinite, mani che disegnano se stesse. «Arrivò in Italia, ne rimase incantato e vi restò dal 1922 al 1936, dedicandosi soprattutto al paesaggio – continua Branca – Ma già in quei lavori si nota un forte interesse per la geometria e per la costruzione prospettica. Dopo l’esperienza dell’Alhambra, il passaggio a una dimensione più matematica fu inevitabile».

Un ponte tra culture: dall’Andalusia all’arte contemporanea

Il legame tra l’Alhambra e l’arte di Escher ci ricorda come i luoghi non siano solo spazi, ma fonti di ispirazione che attraversano secoli e culture. La cittadella nasride, nata come simbolo del potere islamico in Europa, divenne nel Novecento la scintilla di una rivoluzione visiva.

Escher, Mudec – Foto di Carlotta Coppo

Lì dove architetti e artigiani medievali avevano celebrato l’armonia divina attraverso la geometria, Escher trovò la chiave per esplorare l’infinito, l’illusione e la relatività dello spazio. Una ricerca che continua ad affascinare non solo storici dell’arte e matematici, ma anche designer, grafici e creativi contemporanei.

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