Manoscritti medievali e AI: nasce un nuovo modo di leggere la storia

Paolo Merialdo, ingegnere e professore al Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica e delle Tecnologie Aeronautiche e Serena Mirati, paleografa e professoressa al Dipartimento Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre, si definiscono ormai una coppia di fatto: la ricerca che fa parte del progetto Changes ed in particolare dello Spoke 3 (Biblioteche digitali, archivi e filologia), è infatti l’ultimo passo di un decennio di studi in comune. Un decennio che, come sottolinea la prof. Mirati, in paleografia non è nulla ma per chi lavora con le nuove tecnologie è un’era geologica: è soltanto oggi infatti, con lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, che questo particolare progetto ha potuto vedere la luce. 

La ricerca si chiama “Chi ha scritto questo manoscritto? L’AI spiega le sue scelte” ed è un viaggio accelerato all’interno di centinaia di migliaia di pagine scritte nel passato, analizzate attraverso l’Intelligenza Artificiale, per sviluppare così sia un classificatore basato su reti neurali che un’IA dedicata al riconoscimento dell’autore di manoscritti medievali.

L’obiettivo è utilizzare intelligenza artificiale e machine learning per analizzare e classificare manoscritti antichi, riconoscendo la mano dei copisti con un’accuratezza che arriva al 90%, un risultato paragonabile a quello degli studiosi, ma con una velocità e una capacità di elaborazione enormemente superiori.

L’AI che spiega se stessa: un nuovo metodo per riconoscere i copisti medievali

Il cuore del progetto è duplice: da un lato l’efficienza dell’AI nel processare migliaia di pagine, dall’altro la volontà di rendere trasparente il suo funzionamento, superando la logica della “black box”. I ricercatori stanno infatti lavorando per capire come e perché l’intelligenza artificiale attribuisca un testo a un determinato copista, cercando di individuare gli “indizi” grafici e stilistici che guidano le sue decisioni. Ne nasce un vero e proprio dialogo fra studioso e macchina, dove la tecnologia non sostituisce l’umanista, ma amplia le sue possibilità di analisi.

La collaborazione tra Mirati e Merialdo è diventata un modello di contaminazione disciplinare: paleografia e ingegneria informatica si incontrano per costruire nuovi strumenti di ricerca e nuove competenze. Il progetto ha persino dato origine a una startup, che applica le stesse tecniche di riconoscimento a documenti moderni, come bollette o contratti, dimostrando la versatilità del metodo.

Oltre alla dimensione tecnologica, l’iniziativa ha un forte valore didattico: forma studenti e dottorandi capaci di muoversi tra cultura umanistica, programmazione e analisi critica dei dati, affrontando anche le questioni etiche legate ai bias dell’AI.
Come sintetizza Mirati, “prima ci mettiamo in sella, prima capiamo come usare questi strumenti a nostro vantaggio”. E il progetto Changes, di cui la ricerca fa parte, conferma che il futuro della conoscenza passa dal dialogo tra saperi diversi.