Dalla conferenza a La Valletta alla visione di Rosa Martínez: Malta Biennale 2026 intreccia arte, memoria e politica nel cuore del Mediterraneo.

Il termometro a La Valletta, in questa fine di ottobre, segna ancora trenta gradi abbondanti. In questo autunno estivo, tante mani e menti si muovono per costruire la Biennale che verrà, nel 2026. Rosa Martínez, curatrice, ha abbracciato la sfida con entusiasmo e forza contagiosi, animata da una visione insieme innovativa e resiliente.

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Siamo alle porte del Mediterraneo, su un’isola dalle mille anime che parla molte lingue. Qui l’arte, per secoli, è stata immaginata su rocce e pietra prima ancora che come pura realizzazione estetica. La Biennale di Rosa — contemporanea per vocazione — si poggerà sui Forti, sui Palazzi dell’Inquisizione, ma si immergerà anche nei siti preistorici o tra i dipinti di Mattia Preti e le sculture di Antonio Sciortino al MUŻA. Pareti ruvide che raccontano storie lontane: ed è da queste che la Biennale vuole ripartire.

Rosa Martínez in conferenza stampa

«I progetti selezionati saranno collegati alle narrazioni incarnate in ciascuna delle sedi di Heritage Malta. – ha commentato Rosa Martínez durante la conferenza stampa ufficiale – Ad esempio, per il Palazzo dell’Inquisitore sceglierò artisti che provino a portare alla luce le diverse forme di sapere che l’Inquisizione ha tentato di reprimere nei secoli. Le tematiche del crimine e della punizione, del potere di decidere sulla vita e sulla morte, saranno analizzate per riflettere su come le ideologie controllano le nostre vite».

Seguendo lo stesso principio, «nei siti preistorici – ha continuato Rosa – ci occuperemo di questioni cosmologiche, della fertilità e della cura come tratti essenziali dell’essere umano. Al Museo Marittimo, invece, ci saranno progetti che guardano agli avvenimenti nelle acque internazionali, dove la legge dei singoli Paesi è sospesa a favore delle normative internazionali».

Gozo, la Cittadella

Una Biennale come piattaforma internazionale

La conferenza – tenutasi il 23 ottobre 2025 al Gran Salon del National Museum of Archaeology di La Valletta – ha ufficializzato la seconda edizione della Malta Biennale, in programma nel 2026, annunciando partecipanti, padiglioni e programma pubblico. Dopo tre open call che hanno raccolto oltre 3.200 candidature da 122 Paesi (quasi il 30% in più rispetto al 2024), il team curatoriale ha selezionato 47 progetti per la mostra principale, cui si affiancheranno 31 padiglioni nazionali, 15 eventi satellite e 66 attività educative e di mediazione.

Il presidente della Biennale e chairman di Heritage Malta, Mario Cutajar, ha sottolineato che «la seconda edizione andrà a consolidare il futuro di questa piattaforma internazionale. La Biennale nasce con un concetto riconosciuto anche dall’UNESCO: rileggere il passato per ispirare gli artisti a interrogare il presente, favorendo il dialogo nella società e una comprensione più profonda del mondo di oggi».

Mario Cutajar in conferenza stampa

Tra mito e politica: inventare nuovi mondi

È su questi asset che Rosa Martínez ha impostato il proprio lavoro di costruzione della Biennale: nel suo intervento, non a caso, ha parlato di «un’energia meravigliosa» e di un’edizione «mossa dal desiderio di inventare un mondo». Inventare nuovi mondi è sempre un azzardo, ma per l’intero team della Biennale – Rosa Martínez in primis, ma anche le voci di Heritage Malta e gli stessi artisti – è oggi un’azione necessaria. Soprattutto in un luogo come Malta, crocevia del Mediterraneo: la culla della civiltà occidentale, come dimostrano i nostri monumenti e la nostra storia, ma anche – oggi – teatro di scenari politici su cui l’arte stessa può e deve indagare.

È facile intuirlo passeggiando insieme all’intero gruppo di Malta Biennale 2026 (oltre a Rosa, c’erano gli assistenti curatori Alexia Medici e Antoine Borg Micallef, i designer Gonzalo Pastor e Jesús de los Ojos e il team di Heritage Malta) tra i siti selezionati per ospitare le opere che saranno e verranno. Per tre giorni, ho avuto proprio questa straordinaria possibilità: non solo ascoltare da voci dirette la visione della futura manifestazione, ma assistere al processo in itinere, a idee che prendono forma toccando con mano gli strati del tempo e spesso scontrandosi anche con burocrazia o dettagli tecnici. Una Biennale è sempre molto di più di ciò che siamo abituati ad ammirare a cose fatte.

National Museum of Archaeology, Shutterstock

Un viaggio nei luoghi di Malta Biennale 2026

Siamo partiti da Gozo, ruvida isoletta a 4 km dalla più grande Malta e abitata sin dal V millennio a.C. Qui l’arte della Biennale sarà accolta dalla splendida Cittadella di Victoria, dal Mulino a vento Ta’Kola a Xagħra e, soprattutto, dal Parco Archeologico di Ġgantija. I templi della Gigantia risalgono circa al 3600-2800 a.C. e sono le più antiche strutture del genere al mondo: l’arte ritrovata in quest’area mostra una creatività e un’attenzione ai dettagli che non avevo mai visto prima e che sembra quasi celarsi agli occhi del mondo. 

Gozo, del resto, ha una storia stratificata che si riflette nelle strutture che svettano dalla sua terra: siciliani, ottomani, Cavalieri di Malta, inglesi. Templi neolitici, castelli fortificati, mulini di pietra bianca hanno resistito al tempo e alle mille funzioni dell’uomo per accogliere l’arte contemporanea della Biennale che non potrà che dialogare con un passato così prepotente e intenso. A La Valletta, c’è invece più spazio per una conversazione ad armi pari, tra i dipinti del MUŻA e l’opulenza del Palazzo del Gran Maestro. Tornano le fortezze – Forte Sant’Elmo – e l’archeologia contenuta nel Museo Nazionale, dall’epoca preistorica a quella fenicia. Infine, ho seguito il team della Biennale a Vittoriosa, per ammirare l’imponenza di Forte Sant’Angelo, il Museo Marittimo e il Palazzo dell’Inquisitore. 

Gozo, templi della Gigantia

Il Mediterraneo come lente del presente

Malta – nella sua totalità – appare come una terra che ha sempre dovuto difendersi o mostrare la propria forza per intimorire orde di infiniti avventori. Il team di Rosa Martínez prende le misure degli spazi delle prossime installazioni in cornici anguste e solide, o in terrazze enormi e bianchissime con una vista arguta sull’intero Mediterraneo. Nel frattempo, si parla di storia più che di arte: il Mare Nostrum – che su altre sponde ha ispirato poeti e pittori – qui ha imposto le sue leggi e le sue mareggiate. Proprio per questo, tuttavia, l’arte contemporanea avrà ancora più forza, in un dialogo che non è solo estetico, ma anche politico nel suo significato primordiale: relativo alla città, al cittadino. 

Open call e nuovi sguardi

L’esempio più concreto di questa visione arriva dagli artisti selezionati attraverso l’open call internazionale: 46 in totale, provenienti da 21 Paesi diversi, con una forte rappresentanza dall’area mediterranea — Italia, Grecia, Cipro, Malta, Egitto, Palestina, Spagna e Portogallo — accanto a presenze dall’America Latina, dal Giappone e dal Nord Europa. Un mosaico geografico e culturale che rispecchia il cuore del progetto curatoriale: fare del Mediterraneo non soltanto un luogo fisico, ma uno spazio di connessioni, memorie e linguaggi condivisi.

Da segnalare anche la prevalenza di artiste donne, che costituiscono oltre la metà dei partecipanti (57%). Un dato che non appare casuale, ma in linea con la lettura di Rosa Martínez, da sempre attenta a una prospettiva inclusiva e alla valorizzazione dei nuovi sguardi femminili nel panorama contemporaneo.

Per ammirare i risultati di tanti sforzi, bisognerà attendere l’11 marzo 2026 – data di inizio ufficiale di questa seconda edizione di Malta Biennale – ma la visione di Rosa Martínez è già chiara: tra arte e politica, memoria e futuro, valicare i confini imposti, di qualunque natura siano. «Siamo immersi – dice la curatrice – in un avventuroso processo di dialogo e invenzione, di fantasia e disciplina: una ricostruzione etica del modo in cui conviviamo».

Revenews