Giulio Alvigini al The Sanctuary Roma con un nuovo intervento site-specific

In occasione della preview di Roma Arte in Nuvola, The Art Society porta al The Sanctuary Roma un nuovo intervento site-specific firmato da Giulio Alvigini, una delle voci più taglienti e auto–ironiche della giovane arte italiana. L’opera, Take me to Rome and fuck me at the Colosseum, è stata presentata giovedì 20 novembre a cura di Davide Sarchioni.

Conosciuto per la sua capacità di smontare – con sarcasmo chirurgico – pose, vanità e contraddizioni del sistema dell’arte, Alvigini porta al Sanctuary un intervento che fonde parola, spazio e percezione. L’installazione, pensata per la superficie della piscina del locale, appare come un dispositivo visivo “galleggiante”.  Un messaggio sospeso sull’acqua, tra provocazione e ritualità mondana, in uno dei luoghi più iconici della nightlife romana.

L’intervento dialoga con l’immaginario ambivalente di Roma. Da una parte, città del mito, del desiderio, della monumentalità eterna e, dall’altra, luogo in cui estetica e ironia convivono senza tregua. Il riferimento esplicito al Colosseo, poi, ribalta l’iconografia turistica trasformandola in un cortocircuito linguistico. Elegante e volgare, pop e concettuale, nella piena tradizione dell’artista.

Foto Liligutt Studio
Foto Liligutt Studio

La frase – arma estetica di Alvigini – diventa qui un gesto performativo che va oltre la provocazione per contaminare lo spazio. E rinegoziare il rapporto tra parola e luogo. Nel complesso, l’iniziativa, nata dalla collaborazione tra The Art Society e The Sanctuary Roma, rivendica una dimensione alternativa rispetto ai rituali istituzionali dell’arte. Un momento di decompressione in cui riflessione e leggerezza trovano un nuovo equilibrio.

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Giulio Alvigini: l’ironia come strumento critico

Nato nel 1995 a Tortona, Alvigini è conosciuto anche come autore della pagina Instagram @makeitalianartgreatagain, che ha rivoluzionato il modo di raccontare il mondo dell’arte contemporanea attraverso meme, sarcasmo e micro–narrazioni pungenti. Nella sua pratica, la parola diventa materia estetica: una lente attraverso cui osservare e smontare dinamiche istituzionali, santuari dell’apparenza e feticci del sistema.

Con questo intervento, l’artista continua il suo percorso di riscrittura ironica e consapevole dell’arte come spazio di libertà, disincanto e verità oblique.

Foto Liligutt Studio