Roma ha perso un frammento della sua memoria. Nella mattina del 3 novembre 2025, durante i lavori di restauro, una porzione della Torre dei Conti, imponente costruzione medievale ai margini dei Fori Imperiali, è crollata. Nell’incidente ha perso la vita Octay Stroici, operaio sessantaseienne, e altri tre lavoratori sono rimasti feriti.
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La Procura di Roma ha aperto un’indagine per omicidio colposo e disastro colposo. L’area intanto è stata posta sotto sequestro in attesa di una perizia tecnica. La notizia ha colpito profondamente la città, non solo per la tragedia umana ma per il valore simbolico del luogo. Parliamo infatti di una torre che, da oltre otto secoli, raccontava la storia stessa di Roma attraverso le sue ferite e ricostruzioni.
Dalla famiglia Conti al sogno del PNRR: otto secoli di storia
La Torre dei Conti — o Tor de’ Conti, come la chiamavano i romani — sorge nel rione Monti, all’incrocio tra via Cavour e via dei Fori Imperiali. Fu eretta per la prima volta nel IX secolo dalla potente famiglia Conti di Anagni, sopra le rovine del Tempio della Pace, uno dei complessi più grandiosi dell’antica Roma. Il suo aspetto definitivo risale però al 1203, quando papa Innocenzo III, appartenente alla stessa casata, ne ordinò l’ampliamento: una torre-fortezza alta fino a 60 metri, costruita in travertino prelevato dai Fori e capace di dominare la città.
Il Petrarca la definì Turris illa toto orbe unica, una torre unica al mondo: una sorta di grattacielo medievale, simbolo della potenza e dell’ambizione di una famiglia che univa potere religioso e politico. Nei secoli la torre subì numerosi crolli a causa dei terremoti del 1349, 1630 e 1644, venendo più volte restaurata e rinforzata con contrafforti, fino a diventare parte integrante del paesaggio dei Fori Imperiali.
Una torre tra Medioevo e modernità
Con la trasformazione urbanistica di Roma, la Torre dei Conti divenne una presenza solitaria. La costruzione di via Cavour alla fine dell’Ottocento e, più tardi, di via dei Fori Imperiali in epoca fascista, la isolò definitivamente dal contesto urbano originario.
Durante gli anni Trenta, gli imponenti lavori per l’apertura della nuova arteria e per gli scavi archeologici circostanti indebolirono le fondamenta della torre, provocando un cedimento strutturale che costrinse a un drastico intervento: la riduzione dell’altezza originaria da circa 50-60 metri a poco meno di 30, e l’aggiunta di due massicci contrafforti in muratura per stabilizzarla. Quel restauro d’emergenza, voluto in pieno regime fascista, salvò la torre ma ne mutò per sempre la fisionomia. Da grattacielo medievale a monumento mutilato, testimonianza della tensione tra la Roma antica e quella moderna.
Nel 1937, Benito Mussolini la donò alla Federazione Nazionale Arditi d’Italia, che ne fece la propria sede. L’anno successivo, l’adiacente Tempio della Pace venne trasformato in mausoleo del generale Alessandro Parisi, le cui spoglie sono tuttora conservate nel sarcofago romano custodito all’interno.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la torre ospitò uffici pubblici fino al 2006, per poi cadere in un lungo stato di abbandono. Solo nel 2022, con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), era stato avviato un progetto di restauro e riallestimento da 6,9 milioni di euro per restituirla alla città come museo e centro servizi per l’area archeologica dei Fori.
Il crollo e le domande sul patrimonio fragile
Il crollo del 3 novembre arriva nel pieno di quei lavori di recupero. Secondo le prime ricostruzioni, parte della muratura si è improvvisamente sbriciolata, travolgendo un’impalcatura esterna. Ora la magistratura indagherà sulle responsabilità, ma l’episodio apre un interrogativo più ampio: quanto è fragile il patrimonio storico di Roma?
La Torre dei Conti era già sopravvissuta a secoli di terremoti, guerre e demolizioni. Il suo restauro, annunciato come simbolo di rinascita grazie ai fondi europei, rappresentava una scommessa sulla possibilità di conciliare tutela e modernità. Il crollo di oggi non è solo una perdita architettonica: è una ferita culturale, che riporta al centro il tema della manutenzione costante dei beni storici e della sicurezza nei cantieri del patrimonio artistico.
Un simbolo di Roma che resiste
Nonostante tutto, la Torre dei Conti resta uno dei monumenti più iconici della città. Sospesa tra le rovine imperiali e le architetture moderne, tra passato e presente, continua a incarnare l’anima di Roma. Una città che cade e si rialza, che vive di stratificazioni, di perdite e di ricostruzioni.
Oggi la speranza è che la ferita diventi occasione per una riflessione collettiva — sulla cura del passato e sulla responsabilità verso chi lo custodisce. Perché la Torre dei Conti, anche crollata, resta una testimonianza viva del tempo. Una torre che, come scrisse il Petrarca, unica al mondo, continua a raccontare il destino eterno della Città.
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