Benedetta Casini, curatrice: «’Invocazioni’ sono lo spostamento necessario dell’uomo dal centro della scena»

Incontriamo alla Fabbrica del Vapore Benedetta Casini, curatrice di Invocazioni. Divenire Animale. Mostra inserita nell’ambito della quinta edizione di Bienalsur, la Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea ideata dalla Universidad Nacional de Tres de Febrero (UNTREF), università pubblica argentina.

Fabbrica del Vapore, una interessantissima collettiva che mette al centro le ibridazioni ed l rapporto uomo/ animale. Qual è la genesi del progetto?
«Invocazioni. Divenire Animale è il primo episodio di un progetto curatoriale più ampio che prende il titolo di Invocazioni. Invocazioni è un termine tratto da una conferenza di James Hillman, lo psicoanalista, in cui Hillman parla dell’invocazione come di uno spostamento necessario dell’uomo dal centro della scena. Invocare significa rivolgersi necessariamente a entità non umane.

Invocations. Becoming Animal, Bienalsur

Questo percorso prevede diversi capitoli, il primo dei quali è questo di Milano, che fa un approfondimento sul rapporto fra il corpo umano e il corpo animale. Ci saranno poi i capitoli di Roma, che inaugurano il 12 novembre, in cui si approfondirà invece il rapporto fra il corpo umano e le pietre, il paesaggio e l’elemento vegetale.

In questo caso la relazione con l’animale ha delle implicazioni molto specifiche, come per esempio il rapporto di dominazione che negli anni si è andato affermando, legato però anche al desiderio contraddittorio di entrare empaticamente in contatto con l’animale.

Benedetta Casini: «Invocazioni sono lo spostamento necessario dell’uomo dal centro della scena»

Quindi ci sono lavori, per esempio quello di Lia Chaia, in cui è sottolineata questa contraddizione, una serie fotografica in cui lei si ritrae insieme a delle sculture di animali collocate nello spazio pubblico di diverse città, in cui lei cerca di entrare in contatto accarezzando e dialogando con questi animali che in realtà sono rappresentazioni. Diventa molto chiara questa proiezione di una umanità e di una affettività che poi spesso è unidirezionale nell’elemento animale.

Un altro lavoro in questo senso è quello di Michela De Mattei, in cui l’artista lavora con il tilacino, che è una specie estinta, e mette insieme una serie di footage di persone che hanno detto di aver avvistato questo tilacino e le hanno caricate su internet.

Lei lavora poi coprendo queste immagini dietro a delle scratchcards che va a grattare, in qualche modo replicando questo desiderio di trovare un animale estinto e quindi questa impossibilità di accettare, in qualche modo, l’idea dell’estinzione, l’idea della morte. Ci sono poi altri lavori in cui invece l’ibridazione con l’animale ha dei propositi diversi, come è il caso di Callixto Ramirez, in cui lui fotografa la sua stessa mano ibridata con una pelle di serpente. La foto si chiama Muta e l’artista racconta come questa fotografia sia il risultato di sue passeggiate nel deserto del Messico, in cui si è trovato necessariamente ad osservare il terreno e a immaginare un tipo di rapporto con il terreno più epidermico, meno legato all’osservazione, quindi allo sguardo, e più legato invece proprio al contatto».

Invocations. Becoming Animal, Bienalsur

I lavori in mostra

«In questo senso – continua Benedetta Casini, curatrice della mostra – per esempio, anche il lavoro di Carla Grunauer, che è una pittura di un essere ibrido, umano, antropomorfo, ma che si piega su se stesso e va ad esplorare il terreno con un naso molto lungo, quindi si piega sul terreno e lo annusa come se fosse un animale, più che osservarlo come se fosse un uomo.

In mostra poi veniamo ricevuti dagli occhi di Bruno Esposito, che sono fotografie in primissimo piano di occhi di pesce, che l’artista fotografa sui banchi del mercato, quindi sono pesci morti, in cui lei però trova una bellezza nascosta. Questi occhi vengono effettivamente esaltati dall’artista e riprodotti a dimensioni molto diverse.

Invocations. Becoming Animal, Bienalsur

Lo spettatore che entra in mostra si trova davanti questa serie di occhi e si trova interpellato dai pesci, che sono delle soggettività a cui noi guardiamo in genere in modo predatorio, penso agli acquari, penso agli snorkeling nei mari caraibici, in questo caso sono loro ad osservare noi, ad interpellarci nella nostra condizione di spettatori».