Gli USA e la Francia discutono sulla Statua della Libertà, simbolo di progresso e libero pensiero: provocazione culturale?

Continua a imperversare la polemica tra Francia e Stati Uniti e l’oggetto del contendere sarebbe addirittura la Statua della Libertà, ormai simbolo intramontabile degli USA e – come ampiamente noto – regalata al Nuovo Continente proprio dalla Francia e inaugurata il 28 ottobre 1886.

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Neanche la placida e immobile statua può tuttavia scampare alle turbolenze politiche che ormai tengono dibattito in tutto il mondo. E così, il socialista francese Raphaël Glucksmann il 16 marzo si è espresso davanti ai militanti del partito Place Publique (di cui è co-presidente), in occasione di un congresso sulle future elezioni. «Agli americani – ha detto – che licenziano i ricercatori perché hanno dimostrato libertà scientifica, prima di tutto restituiteci la Statua della Libertà. Ve l’abbiamo regalata, ma a quanto pare la disprezzate, quindi starà meglio qui da noi».

La risposta degli USA

Una chiara provocazione a cui è seguita prontamente una risposta, da parte di Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. Alla domanda di un giornalista, avrebbe risposto: «Il mio consiglio per quel politico francese senza nome e di basso livello è ricordargli che è solo grazie agli Stati Uniti se i francesi ora non parlano tedesco». 

Una replica che ha destato sgomento tra i giornalisti presenti e che ha alimentato il dibattito politico, tra detrattori e sostenitori. È indubbio però che la provocazione di Raphaël Glucksmann fosse più che altro culturale. La Statua che si staglia al centro della baia di Manhattan è infatti simbolo per eccellenza di libertà, la stessa che in questo periodo negli Stati Uniti viene minata dalla Presidenza di Donald Trump.

La Statua della Libertà: l’idea di Édouard René de Laboulaye e l’opera di Frédéric Auguste Bartholdi

Non solo. Per capire il valore effettivo dell’opera e cosa essa rappresentasse nel momento della sua creazione, bisogna fare un salto indietro di qualche secolo. Fu Édouard René de Laboulaye – presidente della Société française pour l’abolition de l’esclavage (Società francese per l’abolizione dello schiavismo) a parlare di questa idea (siamo nel 1865) allo scultore Frédéric Auguste Bartholdi.

Le sue parole furono: «Se un monumento deve sorgere negli Stati Uniti come un ricordo della loro indipendenza, devo credere che sia naturale realizzarlo con sforzi comuni. Un lavoro comune delle nostre due nazioni: Francia e America». Siamo negli anni della Guerra Civile americana, che finì proprio nel 1865 con la vittoria dell’Unione di Abraham Lincoln. Pochi anni prima, in Francia era invece scoppiata la Rivoluzione Francese. In un mondo prevalentemente monarchico, Francia e USA apparivano in breve come gli unici fari di una libertà che prenderà poi piede nel resto d’Europa.

È questa la visione che ispirò Édouard René de Laboulaye prima e Frédéric Auguste Bartholdi – l’effettivo scultore – poi. Bartholdi – che si recò negli USA per scegliere personalmente il luogo in cui porre la statua – voleva di fatto raffigurare le virtù della libertà americana. Per fare ciò, scelse – insieme a Laboulaye – di rappresentare una figura femminile, erede della Libertas romana e già ad esempio adottata da Thomas Crawford per la sua Statua della Libertà sul vertice della cupola del Campidoglio di Washington. 

Libertà e progresso

La torcia rappresenta invece il progresso, mentre il diadema a sette raggi illumina con il proprio messaggio libertario tutto il mondo. Una catena ai piedi e – tra le mani – una tabula ansata con sopra la data della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America completano l’opera. Il messaggio di libertà e progresso della statua è evidente ed è proprio per omaggiare il libero pensiero che è nata. La provocazione di Raphaël Glucksmann – probabilmente non approfondita da Karoline Leavitt – era dunque molto più sottile di quanto si potrebbe pensare.

In termini economici, occorre poi sottolineare che Édouard René de Laboulaye si adoperò ampiamente per raccogliere fondi tra l’élite francese, che di fatto finanziò i lavori di Bartholdi. Gli USA pagarono i costi del piedistallo, e non senza polemiche. All’epoca, i cittadini americani – soprattutto gli ambienti più nazionalisti – non gradivano affatto fosse un cittadino francese e non americano a costruire il simbolo degli USA. Fu dunque l’architetto americano Richard Morris Hunt ad ottenere l’incarico di costruire il piedistallo, completato nel 1886. L’inaugurazione della statua avvenne nel pomeriggio del 28 ottobre dello stesso anno. E, a coprire l’opera ancora non rivelata, vi era – neanche a dirlo – una bandiera francese.

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Nel suo discorso, Raphaël Glucksmann ha anche citato il trattamento di Trump nei confronti dei ricercatori scientifici, proponendosi di assumerli. È chiaro dunque che la richiesta di resa della Statua della Libertà – più che note nazionaliste – contenesse un’implicita critica. Il progresso e la libertà di cui l’opera è portavoce ora non sono più appannaggio degli USA. E non è sicuramente da Manhattan che può ergersi una Libertà capace di illuminare il mondo.

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